Tra i tanti effetti che ha avuto la pubblicazione della famosa telefonata intercorsa tra Fedez e la vicedirettrice di RAI 3 che ha finalmente svelato a quei pochi che lo ignoravano che nella tv pubblica esiste un principio di censura e, ad altri, che l’informazione è condizionata dalla politica che sceglie chi deve informare, c’è anche l’indignazione dei leghisti che hanno scovato vecchie canzoni del rapper in cui questi pronuncerebbe parole omofobe e offese nei confronti degli omosessuali. Pur non comprendendo se sia stato un tentativo per cercare di ingaggiarlo o per sentirsi simili a lui, quel che sappiamo – ma non sorprende – è che la miglior difesa degli uomini del Carroccio è stata far passare anche Fedez per omofobo, come se questo potesse assolverli dalle loro posizioni sul tema.
Ovviamente, non siamo qui per assurgerci a difensori dell’artista né ci interessa farlo. Fedez stesso si è già spiegato associando ogni frase imputatagli al contesto di riferimento, precisando anche che il linguaggio che usa oggi non è quello tramite cui si esprimeva dieci anni fa: quello, infatti, era molto più duro e volgare, il che adesso, probabilmente, rischierebbe di scontentare parte del suo pubblico. Ciò che, invece, ci preme sottolineare è che ogni volta che si verificano situazioni simili, ci viene da pensare se sia o meno il caso di parlare di diritto all’oblio: si tratta, infatti, del principio secondo cui ogni soggetto ha diritto a non essere più ricordato per fatti, in particolare di natura giudiziaria, che in passato sono stati oggetto di cronaca. Tale diritto si basa sull’assunto che l’interesse collettivo alla conoscenza di una vicenda sia limitato in un preciso periodo storico, dunque con il passare del tempo viene meno, da parte della pubblica opinione, la volontà di conoscere quel fatto.
Naturalmente nel caso citato in apertura non si ha a che vedere con nessun procedimento giudiziario, tuttavia il concetto in questione può essere applicato nei confronti di coloro che sono personaggi pubblici, le cui affermazioni sono facilmente rintracciabili. Questo potrebbe riguardare anche quanto scritto e detto da ognuno di noi che, seppur oggi ignoto, potrebbe un domani trovarsi in una situazione di notorietà: è giusto cristallizzare il giudizio su una persona in base a fatti o azioni del passato, “condannandola” a godere per un periodo illimitato di quella reputazione, come se fosse la sua unica versione?
Posto che è più che legittimo cambiare posizione, mentalità e indole nel corso della vita, è chiaro che il diritto all’oblio non possa diventare una giustificazione per qualunque fatto del passato, altrimenti diventerebbe plausibile qualsiasi azione perché ci penserebbe il tempo ad archiviarla nel dimenticatoio: pensate, se fosse in vigore un principio di questo tipo, quante giravolte i politici si sentirebbero legittimati a fare, più di quante già non ne facciano. Il caso più banale, ma anche più emblematico, riguarda proprio la persona presa di mira da Fedez, Matteo Salvini, che è passato da nette e convinte posizioni anti-meridionaliste a idee patriottiche.
È chiaro che in un caso del genere – e questo vale per qualunque politico – non si possono non prendere in considerazione determinate affermazioni solo perché è trascorso del tempo: quanto detto faceva comunque parte della sua attività e del suo pensiero, che sono gli stessi di oggi ma da posizioni totalmente diverse ed è giusto chiedere conto a chi intende governare quale sia stato il processo logico che lo ha portato da una posizione all’altra. Stesso dicasi, ovviamente, anche per il MoVimento 5 Stelle, che è passato dal dire che mai avrebbe governato con il partito di Bibbiano a cercare di rendere quella con il PD un’alleanza strutturale. E viceversa.
Un caso simile, seppur in contesto e questioni diverse, riguarda, poi, la nota influencer Rock’n’Fiocc: pubblicati sul suo blog sono stati trovati diverse esternazioni – per le quali si è scusata – in cui sosteneva di non voler vedere sulle riviste corpi non magri e persino un video in cui insultava un bambino sovrappeso. Considerando che scrive ancora su quel blog e che il suo mestiere è proprio quello di pubblicare anche ciò che pensa, non c’è cosa migliore che vergognarsi per quanto scritto, cancellarlo e mostrare un vero pentimento.
Ecco, infatti, che vale la pena riportare quanto affermato dalla Corte di Cassazione nel 2019, secondo cui, relativamente al diritto all’oblio, va valutato l’interesse pubblico, concreto ed attuale alla menzione degli elementi identificativi delle persone che di quei fatti e di quelle vicende furono protagonisti. Per questo, pur sapendo che è ammissibile qualunque cambiamento di idea, è sempre bene che i personaggi pubblici sappiano che ciò che dicono resta nella memoria collettiva: è anche un bell’esercizio di auto-responsabilità.