Avviene in Giordania ed è la storia di Dina Khalil quella che vi racconterò questo sabato. Dina ha 22 anni e studia infermieristica ad Amman. Mentre sistema le luci di Natale, cade da diciotto metri: Dina viene portata in ospedale dove l’assistenza e le cure vengono procrastinate fino all’esito fatale. Dina Khalil muore.
La denuncia del padre è straziante: afferma che la figlia non sia stata curata poiché non in grado di sostenere le ingenti spese mediche necessarie. Nemmeno la campagna di raccolta fondi organizzata dagli amici della ragazza è stata abbastanza celere per salvarle la vita.
Tutte le strutture di Amman, sia pubbliche che private, richiedono il pagamento delle prestazioni fornite e di eventuali ricoveri. Funziona così il sistema sanitario giordano e questa tragica storia ci dovrebbe far riflettere, in maniera importante, su quello che non vorremmo mai, per noi o per i nostri figli in futuro. Dina Khalil avremmo potuto essere noi, se fossimo nati in un Paese senza un SSN equo, universale e accessibile a tutti, un SSN che guarda il reddito senza prendere in carico, indistintamente, le persone.
Questa storia dovrebbe far riflettere tutti gli italiani su quanto siano preziosi i principi del nostro servizio sanitario nazionale e, pertanto, il diritto alle cure mediche non dovrebbe mai essere negoziabile. Ogni volta che si scende a un compromesso, in sanità, la reazione dell’opinione pubblica dovrebbe alzarsi forte e compatta. Nel decennio 2010-2020 siamo arrivati alle porte del Covid con 37 miliardi in meno, tra tagli e definanziamenti.
A oggi, nemmeno una pandemia su scala mondiale è riuscita a far riorganizzare le giuste priorità. Si continua, infatti, a sottovalutare la tenuta del SSN ma non dobbiamo, invece, mai dimenticare che abbiamo bisogno di una sanità pubblica, gratuita e di alta qualità. La direzione, nemmeno troppo nascosta, che emerge dall’agenda politica, è quella di allontanare dal SSN fasce crescenti di utenza (anche a causa delle sempre più lunghe liste di attesa) per trasferire l’offerta del settore pubblico a quello privato e creare le condizioni per un ampio ricorso alle assicurazioni sanitarie.
Tutto questo comporterà un peggioramento delle risposte ai bisogni di salute della popolazione e un deterioramento delle condizioni di lavoro degli operatori. Un deterioramento che, ogni giorno che passa, è sempre più tangibile e reale. Alla domanda “qual è la vostra paura più grande?”, tutti dovrebbero rispondere “che io, o un mio caro, non riceveremo assistenza per un problema di salute.”