Il decreto sicurezza fortemente voluto dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini è legge. Martedì, infatti, con la fiducia alla Camera, il provvedimento – già discusso in Senato – ha celebrato la sua approvazione. A nulla è valso, dunque, il coraggioso tentativo di alcuni esponenti del MoVimento di ribellarsi alle indicazioni del proprio partito che – manco a dirlo – ha in coro appoggiato il Carroccio nella sua più grande battaglia: la lotta spietata all’immigrazione. Il soldato Fico, anche stavolta, ha espresso le proprie perplessità in merito alle azioni del suo partito d’appartenenza, tuttavia, tarda ad abbandonarne una volta per tutte la nave e questa pantomima dal retrogusto di silenziosa complicità comincia a farsi stucchevole.
Cambiano le regole, quindi, per ciò che riguarda la pubblica sicurezza in Italia. A farne le spese, però, non saranno i soli migranti – come sottolineato da diversi giornali –, ma chiunque di noi. Basti pensare – così da seguire le indicazioni del Viminale sul prima gli italiani – alla reintroduzione del reato di blocco stradale che, in teoria, potrebbe interessare chiunque si trovi in fila a un teatro o in attesa del nuovo iPhone. Certo, la precedente è una provocazione, ma non si discosta troppo dalla realtà. La norma, infatti, prevede un procedimento di natura penale per qualunque assembramento di persone non autorizzato. È chiaro che l’intento di Salvini non sia scoraggiare all’acquisto del prossimo cellulare della mela che non paga milioni di tasse al nostro Paese, ma minacciare i manifestanti. Al termine di un corteo, infatti, è consuetudine assistere al defluire degli scioperanti ovviamente ancora uniti in processione, non fosse altro che per la difficoltà di disperdersi di centinaia, spesso migliaia di uomini e donne. In tal caso, quindi, le forze dell’ordine sarebbero autorizzate, anzi, chiamate a fermare i pericolosi pedoni e denunciarli.
Altra allarmante deriva riguarda la legittima difesa, con il reato di eccesso depennato dall’ordinamento giuridico. Pertanto, a chiunque in possesso di un’arma sarà concesso usarla, senza paura di uccidere, verso qualsiasi persona faccia irruzione nella sua proprietà o ne mini la sicurezza. Quale sarà, però, il confine tra una lecita salvaguardia di sé e dei propri beni e l’autorizzazione al far west? E che impatto avrà, tale normativa, sulla futura vendita e circolazione delle armi?
A questo, va aggiunto l’ampliamento del cosiddetto DASPO urbano, con sindaci, prefetti e questori attrezzati di poteri ampliati per quanto concerne l’allontanamento da alcune zone delle città di persone che mettono a rischio la salute dei cittadini o il decoro urbano. Ha fatto notizia, recentemente, il caso di Pisa, dove la nuova giunta – anch’essa di verde vestita – ha vietato a chiunque di sedersi lungo i marciapiedi o i gradini di chiese ed edifici, persino di stendersi sulle panchine.
Arriviamo, dunque, alla più controversa delle parti del decreto Sicurezza – Salvini: l’immigrazione. Il primo articolo prevede l’abolizione della protezione umanitaria, quindi, tanti permessi di soggiorno dovuti a seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano, oppure alla fuga da emergenze come conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in paesi non appartenenti all’Unione Europea, non saranno più accordati dall’Italia. Al contrario, raddoppieranno i tempi di detenzione presso i centri d’accoglienza, da 90 a 180 giorni, al fine di accertare l’identità dei rifugiati senza alcuna distinzione neppure per i minori. Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute e private della libertà personale ha espresso forte preoccupazione per la previsione di tali nuovi luoghi di trattenimento sotto il profilo della loro inadeguatezza strutturale o della loro completa indeterminatezza con conseguente, oggettiva impossibilità del Garante nazionale di esercitare il proprio potere e dovere di accesso, visita e controllo. Inoltre, è facilmente ipotizzabile che misure così restrittive porteranno, forse, alla diminuzione degli sbarchi in Italia, ma, certamente, a un aumento della clandestinità dei soggetti che approderanno sulle coste nostrane.
E mentre i fondi per gli sportelli informativi vengono praticamente azzerati, i soldi messi a disposizione delle attività di rimpatrio aumenteranno di 500mila euro nel 2018, di un milione e mezzo nel 2019 e di un altro milione e mezzo nel 2020. Si renderanno più facili anche i processi di revoca per la cittadinanza, così come qualunque denuncia a carico di un rifugiato lo riporterà allo status di clandestino, pertanto, in pericolo di espulsione. Persino superfluo aggiungere che i modelli Riace non saranno previsti, anzi, come dimostrato dalle recenti vicende che hanno coinvolto – e spopolato – la cittadina calabrese, tali iniziative saranno osteggiate dal governo del cambiamento.
Infine – perché è sempre bello tornare a casa – per quanto concerne la lotta alle mafie, non poteva certo mancare il regalino natalizio da far seguire all’anticipo già consegnato con i condoni. Le proprietà confiscate, infatti, oltre a essere date in affitto sociale alle famiglie in condizioni di disagio, potranno essere messe all’asta e acquistate da soggetti privati, ossia, le stesse persone a cui queste sono state sottratte. Certo, non è un’associazione scontata, ma immaginate voi stessi di acquistare una casa appartenente a un gruppo mafioso e, qualora foste tanto coraggiosi da rischiare lo stesso l’affare, di poter competere con la potenza economica dei clan. Tale pratica non solo svilisce l’azione di uno Stato, ma consente alla criminalità organizzata di dimostrare ai propri territori di poterla vincere sempre e comunque, anche contro il diritto.
Trovato, dunque, il capro espiatorio, lo specchietto per le allodole che tutti rende felici, che tutti manda a letto più sicuri, ognuno con la propria pistola sotto il cuscino. Il vicino è messo alla porta in nome della propria affermazione, e poco importa se alcuni degli articoli del Decreto Sicurezza verranno dichiarati incostituzionali, la Lega avrà mostrato, ancora una volta, la forza del proprio fuoco. Italiani brava gente, titolava nel 1965 il film bellico di Giuseppe De Santis. La guerra al dissenso, in effetti, è cominciata e ne pagheremo presto, tutti, il caro prezzo.