Luigi de Magistris porterà il mandato conferitogli dai napoletani nel giugno 2016, alla guida della città partenopea, fino a naturale scadenza, nella primavera del prossimo anno. È una notizia tutt’altro che scontata quella venuta fuori dal voto in Consiglio Comunale sul rendiconto del bilancio, una maggioranza guadagnata non senza difficoltà e gli ormai soliti voltafaccia di chi – probabilmente – sente il tempo del movimento arancione volgere al termine e si propone, dunque, al miglior offerente.
Napoli avrà l’ex magistrato al timone ancora per dieci mesi, scongiurando elezioni anticipate o, addirittura, il controllo di un commissario che, in tempi incerti e drammatici come quelli successivi alla crisi coronavirus, si sarebbe tradotto in un rallentamento delle misure previste per la ripresa che, invece, Palazzo San Giacomo ha già messo in atto per tentare di convertire le restrizioni governative in opportunità di rilancio.
Finisce così – forse! – la corsa alla poltrona di de Magistris partita già all’indomani della sua rielezione, una gara fatta di scorrettezze e mine disseminate lungo il tracciato da avversari e alleati in egual misura, una sfida alla sopravvivenza cominciata con il primo sgambetto tesogli in occasione dell’approvazione del progetto per la riqualificazione di Bagnoli, passata poi per la conta dei numeri resasi necessaria ogni volta che l’argomento bilancio è stato iscritto all’ordine del giorno, senza scordare gli audio divulgati dal quotidiano la Repubblica che hanno portato al più recente rimpasto della Giunta.
Una prova di resistenza, quella vinta da de Magistris, che ha reso l’esatta misura di quanto possa valere la ribellione di una città, tanto nell’equilibrio nazionale – essendo Napoli l’unico grande centro non amministrato da alcuno dei principali partiti della scena italiana –, quanto nel fastidio portato allo stato di cose vigente, un esperimento andato inviso a politica e malaffare, non a caso trovatisi tante volte d’accordo nel tentativo di rovesciarne la leadership.
Così – nel corso del suo intervento al termine della votazione di martedì scorso (video in basso) – il Sindaco non ha dimenticato nessuno di questi, anzi, gli ha promesso battaglia – «farò i nomi di chi ha dimostrato di non volere il bene della città» –, conscio che, ancora una volta, soltanto grazie ai singoli esponenti delle opposizioni, «le più dure, ma sempre corrette», è stato concesso alla città di Napoli di continuare la corsa iniziata quasi un decennio fa e consegnarsi al prossimo amministratore con la migliore eredità possibile.
Un discorso coriaceo e appassionato, una prova spontanea di coraggio che va – finalmente! – a spezzare il silenzio che anche questo giornale aveva criticato per quanto concerne la scelta di non presentarsi alle prossime Regionali di settembre, l’ennesima prova di coerenza e onestà nei confronti del popolo napoletano condita dal mea culpa rispetto a quanto, purtroppo, resterà ancora in sospeso. Quella tra Luigi de Magistris e Napoli è una storia che – a prescindere dalle critiche e dalle domande sul futuro tanto del Sindaco quanto del progetto demA – meritava un ultimo ballo, un ultimo giro di pista con l’ex magistrato a condurre l’uscita dall’emergenza COVID, salutando Palazzo San Giacomo tra gli onori conquistati con il lavoro di riscetamento culturale che ha portato tanti cittadini a riscoprirsi difensori della propria identità e territorialità.
Ed è anche a loro che il Sindaco ha rivolto un ringraziamento e un pensiero, rimarcando, a chi fino all’ultimo ha cercato di svilirne l’impegno, come turismo e crescita culturale non fossero soltanto titoli da offrire alla stampa, ma dati che si traducevano in un indotto fondamentale per i servizi della città, un capitale di milioni di euro che il virus ha spazzato via e di cui solo ora che è venuto a mancare se ne avverte l’effetto. La crisi post lockdown, infatti, non ha fatto altro che mettere in evidenza quanto soltanto il lavoro della Giunta arancione abbia permesso alla linea di demarcazione che lo Stato ha sempre tracciato tra Roma e la capitale del Mezzogiorno di non segnare un solco di differenze economiche e sociali non più rimarginabili.
Luigi de Magistris porterà il mandato conferitogli dai napoletani, alla guida della città partenopea, fino a naturale scadenza. In un’estate giunta al termine di un semestre tanto drammatico e complesso, per la città del Vesuvio non poteva esserci notizia migliore. La continuità del progetto iniziato da oltre nove anni dovrà fare da garanzia al passaggio di consegne che avverrà tra circa dieci mesi. Per il Sindaco e i suoi comincia, invece, un periodo di (ri)costruzione, una ricerca di quelle certezze che – come già scritto – non possono e non devono essere riconducibili alla sola presenza dell’ex magistrato per presentarsi all’appuntamento della prossima primavera con una proposta di continuità credibile a cui gli abitanti partenopei possano affidare, ancora una volta, il proprio desiderio di sentirsi protagonisti, di essere parte in causa della vita della propria città e a difesa di essa. Proprio come de Magistris, noi non scappiamo.