In diretta dagli studi di Cinecittà di Roma, la 67esima edizione dei David di Donatello, andata in onda su Rai 1 ieri, 3 maggio, si conferma una serata unica ed emozionante, non soltanto per la varietà di artisti e produzioni in concorso ma anche e soprattutto perché finalmente, dopo due anni, si torna tutti in platea. Per l’edizione scorsa, infatti, i candidati erano divisi in due luoghi diversi a causa delle restrizioni dovute alla pandemia. Nel 2020, invece, erano collegati direttamente da remoto. Una serata quindi che, oltre a celebrare il cinema nostrano in tutte le sue forme, ci ha ricordato l’importanza della presenza fisica, degli abbracci, degli applausi, in diretto rapporto con l’importanza della sala cinematografica, più volte ribadito durante i discorsi. Alla conduzione vediamo nuovamente Carlo Conti, stavolta affiancato da Drusilla Foer, la quale si è già distinta a Sanremo di questo stesso anno e ha fatto il tutto esaurito con il suo spettacolo Eleganzissima.
Ma veniamo a noi. Ultima premiazione e, come sappiamo, la più attesa, a lui, Paolo Sorrentino. È infatti È stata la mano di Dio ad aggiudicarsi il David per miglior film, il suo suggestivo e commovente lungometraggio sulla propria infanzia a Napoli, che abbiamo già recensito. Su ben sedici candidature si porta a casa cinque premi, trionfando anche per miglior regia, miglior attrice non protagonista a Teresa Saponangelo, miglior fotografia a Daria D’Antonio e David Giovani. Si tratta della prima vittoria ai David di Donatello per una pellicola italiana distribuita da Netflix. Sorrentino ha raccontato la tragedia che colpì la sua famiglia e che di certo lo ha reso l’uomo e il regista che è oggi.
Nel film è presente anche il regista Antonio Capuano (interpretato da Ciro Capano) che ha fatto la sua comparsa sul palco per ritirare il premio David speciale, mostrando l’incredibile rapporto che lega lui e Sorrentino, quando in passato gli ripeteva la frase ormai celebre non ti disunire. Altri due David speciali sono stati consegnati a Giovanna Ralli (alla carriera) e a Sabrina Ferilli.
Miglior attore protagonista va a Silvio Orlando per il film Ariaferma, regia di Leonardo Di Costanzo, il quale ha ritirato il meritatissimo premio in preda alla commozione. Miglior attrice protagonista è invece la diciassettenne Swamy Rotolo per il film drammatico A Chiara (Jonas Carpignano). Nonostante la sua giovanissima età e la poca esperienza, è riuscita a primeggiare su artiste del calibro di Maria Nazionale o Miriam Leone.
Ma il titolo che ha trionfato in questa edizione dei David di Donatello, ottenendo il maggior numero di statuette, è Freaks Out, diretto e scritto da Gabriele Mainetti e Nicola Guaglianone con protagonisti Claudio Santamaria, Pietro Castellitto, Giorgio Tirabassi, Aurora Giovinazzo, Giancarlo Martini e Franz Rogowski. Un fantasy all’italiana di tutto rispetto che, su sedici candidature ha guadagnato miglior produzione, miglior scenografia, miglior fotografia (ex aequo con È stata la mano di Dio), miglior trucco, migliori acconciature e (ovviamente) migliori effetti visivi.
Qui rido io, di Mario Martone, con protagonista Toni Servillo nel ruolo del commediografo e attore napoletano Eduardo Scarpetta, si aggiudica migliori costumi e miglior attore non protagonista. Quest’ultimo premio è stato consegnato a un emozionatissimo, omonimo, Eduardo Scarpetta, discendente del noto artista e che nel film interpreta Vincenzo. A quanto pare, quest’anno vanno alla grande le trame sulla famiglia De Filippo poiché in concorso vi era anche il film I fratelli De Filippo, regia di Sergio Rubini, stavolta con focus sul celebre trio formato da Eduardo, Peppino e Titina. E la statuetta va senza alcun dubbio a Nicola Piovani come miglior compositore.
Un po’ di delusione (giustamente) per Diabolik dei Manetti Bros, che su undici candidature ha vinto solo miglior canzone originale per La profondità degli abissi di Manuel Agnelli. C’era un po’ da aspettarselo: il film non ha soddisfatto le aspettative di pubblico e critica e non reggeva il confronto con le altre pellicole in gara. Si spera nel sequel già confermato, dove Luca Marinelli, nel panni del noto criminale, sarà sostituito da Giacomo Gianniotti.
La statuetta a miglior documentario non poteva che andare a Ennio, del grande Giuseppe Tornatore, vincitore altresì di miglior suono e miglior montaggio. Un docufilm omaggio alla carriera artistica di uno dei maggiori compositori e direttori d’orchestra di tutti i tempi, Ennio Morricone, scomparso il 6 luglio 2020. Attraverso interviste di artisti, critici e amici, viene sviscerata la figura del re delle colonne sonore cinematografiche più suggestive di sempre, come quelle per Sergio Leone e lo stesso Tornatore o per capolavori internazionali come The Hateful Eight di Tarantino.
Migliore sceneggiatura originale e adattata vanno rispettivamente ad Ariaferma e L’Arminuta (Giuseppe Bonito). Il miglior film internazionale è invece Belfast, regia di Kenneth Branagh, vincendo su titoli quali Don’t Look Up (Adam McKay), Il potere del cane (Jane Campion), Drive My Car (Ryūsuke Hamaguchi) e Dune (Denis Villeneuve).
La migliore regista esordiente è Laura Samani con Piccolo corpo, mentre miglior cortometraggio se l’è aggiudicato Maestrale di Nico Bonomolo. Una menzione anche per il David dello spettatore andato a Me contro Te – Il film: Il mistero della scuola incantata, regia di Gianluca Leuzzi, con un totale di 805559 spettatori.
Sono stati tanti anche gli ospiti e i momenti più emozionanti della serata. Fra questi, il medley di Umberto Tozzi che ha fatto ballare e cantare l’intera platea, ricordando le varie pellicole internazionali con all’interno i suoi celebri brani come Gloria o Ti amo. Molto toccante l’omaggio ai cento anni dalla nascita di grandi artisti italiani come Pier Paolo Pasolini, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Carlo Lizzani, Francesco Rosi, in un connubio di riflessioni e pensieri di questi ultimi sul mondo cinematografico. E poi, come ogni anno, non poteva mancare il ricordo agli artisti recentemente scomparsi. Sono stati ad esempio ricordati Monica Vitti, Raffaella Carrà, Franco Battiato, Lina Wertmüller e Gianni Cavina.
C’è stata, però una performance estremamente significativa: il Discorso all’umanità pronunciato da Charlie Chaplin ne Il grande Dittatore, del 1940 e qui recitato da Drusilla Foer. Parole sempre attuali ma che in questo momento storico sentiamo particolarmente. La guerra Russia-Ucraina è stata infatti presente per l’intera cerimonia, senza mai essere realmente nominata, forse per concentrarsi sulla magia del cinema. E ricordando che il cinema, così come l’arte tutta, è solo amore e continuerà a nutrire gli animi di ognuno di noi.