Il bullismo, soprattutto in ambito scolastico, è sempre esistito e da sempre miete le sue vittime. Le persone che nella fase adolescenziale hanno subito, in maniera seriale, violenze e vessazioni da gruppi di compagni non sono poche e tutte raccontano di conseguenze legate non solo al periodo di diretto abuso, ma anche di disagi che si protraggono nel futuro, incidendo sui comportamenti e sull’interazione con gli altri, persino in età adulta. Inoltre, non pochi, purtroppo, sono pure quanti non sono riusciti a reggere il peso e hanno deciso di ricorrere alla soluzione più drastica, quella del suicidio.
Per certi versi, oggi, il fenomeno è divenuto più aggressivo e, oltre alle solite violenze fisiche e verbali, si è arricchito di nuovi aspetti legati all’evoluzione del nostro vivere quotidiano. Alla parola bullismo può infatti anteporsi il prefisso cyber, utile per definire tutte quelle situazioni di molestie esercitate attraverso il mezzo internet e i social network. La tecnologia che avrebbe dovuto aiutarci a fare passi in avanti, spesso, al contrario, si sta rivelando veicolo per la propagazione dell’odio.
Il cyber-bullismo, come dicevamo, pare contraddistinguersi per una maggiore incisività e malvagità. Gli insulti, difatti, risultano maggiormente pressanti nel momento in cui vengono espressi su piattaforme virtuali a elevata visibilità, simili a una pubblica piazza dove, però, ognuno pare sentirsi autorizzato, vigliaccamente celato da uno schermo, a esprimere ingiurie e diffamazioni senza freni inibitori. Le parole taglienti, scritte su una bacheca pubblica, scavano di più nella carne. Del resto, le cronache quotidiane ci aggiornano sui tanti casi di adolescenti che, a seguito di queste situazioni, si tolgono la vita. Come ad esempio, il giovane conosciuto come ragazzo dai pantaloni rosa che su Facebook veniva deriso per il suo modo di vestirsi ed esprimersi. Ma possiamo far riferimento anche alle tante ragazze riprese in video in situazioni intime ed esposte al pubblico ludibrio.
Per tali motivi, si è reso allora necessario da parte del legislatore iniziare a prendere in considerazione la problematica, in modo da cercare di porle un freno. A tal proposito, è stata pubblicata, di recente, sulla Gazzetta Ufficiale una legge ad hoc per il contrasto alle nuove frontiere della violenza, approvata in via definitiva alla Camera con 413 voti favorevoli. La relatrice del testo è Elena Ferrara, senatrice del Partito Democratico nonché docente di Carolina Picchio, la quattordicenne di Novara che nel 2013 si suicidò in seguito alla condivisione di un video hot che la vedeva protagonista. Per quanto attiene questa nuova previsione, la questione lungamente dibattuta in Aula, attraverso un iter alquanto ostico, è stata quella del se limitare gli effetti della disposizione ai soli minori o prevederli anche per i maggiorenni. Il testo originario, in realtà, era concepito per i soli minorenni ma, alla fine, è prevalsa la volontà di estenderlo anche ai soggetti di età superiore ai diciotto anni. A ogni modo, il dato realmente significativo è che, per la prima volta, è stata sancita una misura legislativa in merito alla questione.
Nel seno della legge, il fenomeno è definito come: ogni forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, manipolazione, acquisizione o trattamento illecito di dati personali realizzata per via telematica in danno di minori. È inclusa, poi, anche la diffusione di contenuti online allo scopo di emarginare il minore tramite abusi e sbeffeggiamenti.
Fatta questa premessa, gli strumenti proposti per tentare di affrontare il problema sono molteplici. Proviamo ad esaminarli nelle loro caratteristiche essenziali. Innanzitutto, ogni soggetto che abbia compiuto quattordici anni e sia vittima di bullismo virtuale – ma anche il genitore o chiunque abbia la responsabilità sul minorenne – potrà rivolgere istanza al gestore del social per ottenere la rimozione di qualsiasi dato personale diffuso in rete. La rimozione dovrà avvenire entro quarantotto ore, altrimenti interverrà il Garante per la privacy.
In seconda analisi, il Ministero dell’Istruzione, insieme al Ministero della Giustizia, dovrà preoccuparsi dell’adozione di specifiche linee di orientamento e prevenzione per il contrasto nelle scuole. Nel dettaglio, suddette linee dovranno contribuire a una specifica formazione del corpo docenti e al coinvolgimento degli studenti in attività dedicate alla tematica, oltre che a modalità di sostegno ed educazione per gli alunni direttamente interessati. In tutti gli istituti scolastici, poi, dovrà essere assicurata la presenza di un insegnante con l’incarico della promozione di programmi idonei, in connessione con la Polizia, ma anche altre associazioni attive sul territorio.
Proseguendo su altro fronte, in caso di bullismo telematico, il questore potrà ammonire l’autore con un provvedimento uguale a quello previsto per lo stalking – quindi ai sensi dell’articolo 612 bis del Codice Penale – e, prima di una querela ufficiale, potrà richiamare verbalmente all’ordine il trasgressore.
Questo è l’impianto generale della norma, la quale però, a detta anche di alcuni genitori di giovani vittime, pare non essere pienamente esaustiva. Di sicuro, al tempo stesso, è molto importante che la definizione di cyber-bullismo sia finalmente entrata nel nostro ordinamento in maniera ufficiale, di modo che, oltre a uno specifico trattamento incriminante, si possa favorire una maggiore ricezione anche su un piano culturale.
Oggi, volendo fare un esempio, vedere una persona che fuma in un esercizio pubblico desta un certo fastidio, mentre solo qualche anno fa era consentito e ampiamente tollerato. Magari, tra un po’ di tempo, tra i giovani e i meno giovani potrà maturarsi la convinzione che comportarsi da bulli sia semplicemente da – mi si passi il termine – imbecilli.