Quando tutti gli addii sono stati pronunciati, voglio essere colui che se ne va e sarà bello essere andati.
Ci si potrebbe chiedere in che modo un libro possa essere definito sbagliato.
Se significasse trovare qua e là dei refusi ortografici, Crum potrebbe essere un libro sbagliato. Se significasse essere accusato di diffamazione e contenuti osceni, Crum potrebbe essere un libro sbagliato. Se significasse offrire una vista impietosa sulla miseria umana e concedere al pubblico la possibilità di affezionarvisi, Crum potrebbe essere, senza dubbio, un libro sbagliato.
Assodato questo, non resta che raccontare come sia possibile che reperire un testo semisconosciuto di una piccola casa editrice e dalle parole crude e taglienti sia una scelta giusta. Potremmo iniziare dicendovi che Crum, in realtà, è un romanzo scritto per tutti coloro che da sempre hanno saputo di non poter restare. E forse non vi è cosa più certa.
Poco importa, quindi, che il protagonista sia un orfano di nome Jesse Stone, che viva in una minuscola cittadina del West Virginia (Crum, appunto) e che ami passeggiare nei boschi o commettere azioni ai limiti del buonsenso. Quello che, invece, conta è che, non appena si chiudono gli occhi, ci si ritrova per un attimo stesi in un pagliaio accanto a lui. L’odore secco di sudore e sporcizia, l’idea di non sapere dove andare, ma di non poter rimanere, la consapevolezza di doversi buttare nel nulla pur di essere qualcosa in più del mero, ineluttabile ripetersi di un destino vuoto.
Poiché sa che ogni uomo merita il privilegio della possibilità e l’onere della responsabilità nella propria vita, il lettore desidera intensamente che Jesse scappi. Contemporaneamente, però, qualcosa di straordinario accade.
Lee Maynard non si accontenta di mostrarci l’ennesima parabola eroica di un ragazzo dalle umili origini. Lee Maynard ci fa innamorare di quello che l’eroe sta per perdere.
In un intenso, accattivante e onesto omaggio a ciò che non può essere trattenuto, Crum mostra come sia spontaneo passare un’intera giovinezza a biasimare il luogo in cui si abita, ma quanto sia altrettanto difficile abbandonarlo. Cosa potrebbe mai esserci di conveniente in un luogo ricco di figure che hanno rinunciato alla bellezza e alla felicità? Perché aver paura di non riuscire a lasciare quella lunga sfilata di anime spezzate e abbruttite?
Jesse non ha motivi per restare, eppure prima di andarsene trova Crum incredibilmente bella. Così scappa in modo frettoloso, indecoroso, vigliacco. Come Orfeo sa di non potersi voltare, perché la morte che corrode l’anima della cittadina potrebbe incatenare anche lui. E perché qualcosa, qualsiasi cosa potrebbe trattenerlo.
I volti miserabili degli adulti, la noia, i boschi che hanno tenuto compagnia alla sua solitudine, gli zii, il seno di Yvonne, le mani sempre nei pantaloni di Benny, il fiume, la capanna in cui progettava la fuga, gli amici di una vita. Qualsiasi cosa.
È il canto delle sirene, prima di ogni addio. Ma è questo il segreto del libro: lo sentirete anche voi.
Tutto quello che sapevo era che avevo appena tagliato un cordone ombelicale e avevo usato un coltello arrugginito per farlo.