Come ogni 14 febbraio che si rispetti, San Valentino, la festa degli innamorati, giungerà a concludere le ricorrenze invernali in vista di una speranzosa primavera. Mai come quest’anno, il progetto migliore per la serata non può che prevedere una cenetta delivery dinanzi a un buon film. È questo, infatti, il periodo delle commedie romantiche, le quali non godono purtroppo di buona fama poiché considerate spesso filmetti di poco conto. In nome del buon cinema, ci teniamo perciò a sfatare tale mito, offrendovi alcuni spunti – affrontando il tema amore anche oltre la classica commedia – in grado non solo di intrattenere e sciogliere i cuori più cinici ma anche di sorprendere, emozionare e far riflettere.
Un cult che senza dubbio non può mancare è Harry, ti presento Sally…, per la regia di Rob Reiner e la scrittura di Nora Ephron. Pellicola del 1989, racconta le vicende di Harry (Billy Crystal), cinico e un po’ immaturo, e Sally (Meg Ryan), precisa e sicura di sé. Il destino li farà incontrare più volte nel tempo e i due, non avendo granché in comune, decidono di diventare buoni amici. Ma è così davvero? Inserito dall’American Film Institute nella lista delle migliori commedie statunitensi, migliori film sentimentali e migliori commedie romantiche, riesce a evitare i classici cliché del genere, confermandosi sempre attuale. È irriverente, mai stucchevole, dai dialoghi ironici e perfetti tempi comici. Nessun sottotesto, nessuna particolare complicazione, un film semplice eppure semplicemente memorabile. Come memorabile è ormai la scena dell’orgasmo simulato di Sally, che ha reso celebre persino il locale in cui fu girata nel quale ancora oggi è esposta la scritta Dove Harry incontrò Sally… speriamo che abbiate preso quello che ha preso la signorina.
Tra commedia e dramma, Eternal sunshine of the spotless mind è una perla. Diretto da Michel Gondry nel 2004, è ricordato, purtroppo, per l’orripilante e fuorviante titolo italiano Se mi lasci ti cancello, cosa che, per fortuna, non ne ha intaccato la fama nel tempo. Joel e Clementine si incontrano per caso e iniziano una travolgente storia d’amore. A causa delle loro diversità, la storia termina in malo modo, tanto che entrambi decidono di rivolgersi a una nota quanto controversa clinica in grado di cancellare ricordi specifici dalla mente delle persone. Tuttavia, durante il trattamento, Joel si rende conto che, nonostante il dolore, non vuole dimenticare Clementine e fa di tutto per salvarne dei frammenti, nella speranza di ricordarsi ancora di lei al suo risveglio. Nel cast, due fantastici Kate Winslet e Jim Carrey – quest’ultimo a sottolineare le sue doti attoriali non solo in ruoli comici e macchiettistici – assieme ad altri noti nomi come Mark Ruffalo, Elijah Wood e Kirsten Dunst. La sceneggiatura di Charlie Kaufman , vincitrice dell’Oscar, è pura poesia e trascinerà lo spettatore in un vortice di emozioni contrastanti. Un film onirico, dal significato profondo ed esistenziale, che ci ricorda che amare implica anche sofferenza ma non possiamo comunque farne a meno. È la memoria la cosa più potente che possediamo e sono le esperienze, positive e negative, che fanno di noi ciò che siamo.
Più recente (2017) ma già iconico, Chiamami col tuo nome vede una produzione italo-americana e la regia di Luca Guadagnino. La sceneggiatura, scritta da James Ivory, gli è valsa nientemeno che la vittoria agli Oscar. Durante una calda estate italiana del 1983, il diciassettenne Elio Perlman fa la conoscenza di Oliver, studente americano ospite nella villa dei genitori del ragazzo per lavorare al dottorato con il padre di Elio, suo docente. La tensione che immediatamente si respira tra i due è destinata a diventare qualcosa di molto più potente. Guadagnino stupisce tutti con un’ambientazione suggestiva e idilliaca, dove il tempo sembra essersi congelato, e con una raffinata regia italiana. Poesia, musica e arte classica si intrecciano alle grandiose interpretazioni di Armie Hammer e Timothée Chalamet, consacrato al grande schermo e terzo attore più giovane nella storia a essere candidato agli Oscar. Ma ciò che maggiormente spicca nel film è il modo in cui tratta l’amore, a prescindere dall’orientamento sessuale. Non sono presenti, infatti, quelle tematiche che, spesso, costellano le pellicole che raccontano l’omosessualità, i dubbi, la non accettazione, le difficoltà. Poco importa che si tratti di due uomini, il fulcro è quella violenta passione che ti investe all’improvviso, durante una parentesi estiva di gioventù. Il tutto accompagnato dalle ammalianti note di Mistery of love di Sufjan Stevens. Due menzioni onorevoli: la prima al monologo del padre di Elio (Michael Stuhlbarg) che lascia letteralmente senza fiato, la seconda ai titoli di coda, forse scena che, anche da sola, sarebbe bastata per la candidatura del giovane Chalamet.
E se al posto di due persone la storia d’amore fosse tra un uomo e… un computer? Parliamo di Her, regia di Spike Jonze. Joaquin Phoenix veste i panni di Theodore, uomo solo e introverso, che di professione scrive lettere per conto di altri. Un giorno acquista un nuovo sistema operativo basato su un’intelligenza artificiale in grado di evolvere che si autonomina Samantha. Tra i due crescerà un legame sempre più forte, fino a sfociare nell’amore. Cinque nomination agli Oscar 2014 per un film profondamente intimo, delicato e commovente, che mostra lo spaventoso quanto affascinante sopravvento della tecnologia nella quotidianità, compresi i rapporti umani. Mascherandosi da innocuo ausilio, attua invece un processo irreversibile, fino a sfociare nell’obiettivo iniziale opposto: un’assoluta incomunicabilità. Lo dimostra il protagonista, completamente perso nella voce di una donna che non esiste ma che a lui sembra più viva del resto del mondo. La loro dolcezza, la sintonia, le percepiamo tutte, tanto che finiscono quasi per ingannare anche noi. La dura verità, però, sta nell’incapacità e nella paura di rapportarsi all’altro, nel non accettare i rischi di una relazione vera, autentica. Carte vincenti della pellicola, i dialoghi, le atmosfere notturne e malinconiche da metropoli sulle note di The Moon Song di Karen O e la voce calda e sensuale di Samantha. Ma, a dirla tutta, se a doppiarla in originale è Scarlett Johansson, magari Theodore possiamo anche comprenderlo.
Notting Hill è un altro cult che non può fare a meno di essere (ri)visto. Pluripremiato, divenne nel 1999 il film britannico con maggiori incassi nella storia del cinema. Roger Michell dirige una trama ormai evergreen, con protagonisti due giovani Julia Roberts e Hugh Grant, nei panni di Anna, star del cinema internazionale, e William, goffo libraio inglese. Uno dei quartieri più noti di Londra fa da sfondo a questa storia d’amore non così convenzionale come può apparire in superficie. Anna è cordiale, intraprendente, ma anche desiderosa di trovare quella normalità nella vita quotidiana che le manca e che vede proprio nell’umiltà di Wlliam. La pellicola contiene al suo interno alcuni tra i personaggi e le sequenze più peculiari del genere. Come dimenticare l’eccentrico coinquilino Spike (Rhys Ifans) o la scena del giardino privato con When You Say Nothing at All cantata da Ronan Keating. Un classico intramontabile della commedia romantica, che regala quel tono di spensieratezza e, allo stesso tempo, evidenzia la semplicità dell’essere umano, insegnando che in amore ognuno è vulnerabile allo stesso modo.