Napoli, 2022: Via al piano anti-degrado, sgomberati i clochard. Salviamo il monumento. Il blitz di Trapanese. Galleria Umberto I: la svolta è possibile. Mi sveglio la mattina mezza tramortita e subito i social mi sbattono in faccia questa accozzaglia di titoloni. Immagino la nuova Giunta Comunale planare con degli elicotteri in Piazza del Plebiscito sulle note della Cavalcata delle Valchirie, buttare napalm nella Galleria, stanare i nemici e riconquistare il proprio avamposto perduto. Mi faccio un tè, tiro un sospiro e mi immergo negli articoli: nonostante il linguaggio degno del colonnello Kilgore, in realtà si sta parlando del nuovo piano anti-freddo del Comune di Napoli. Un’operazione non proprio nuova: da sempre i Comuni nei mesi più gelidi cercano di trovare dei ripari per i senza fissa dimora.
Recentemente, con l’apertura della Casa delle Genti, si sono aggiunti 32 nuovi posti letto così, in tutto, quelli disponibili a Napoli sono 400: pochi, rispetto ai 1800 senzatetto che si trovano in città. L’Assessore alle Politiche Sociali, Luca Trapanese, ha ammesso la situazione critica ed espresso la sua volontà di creare non più solo dormitori affollati, ma abitazioni e co-housing, situazioni più piccole che possano lasciare indipendenza e dignità. Eppure, nonostante le sue dichiarazioni, resto perplessa appena guardo i video del famoso blitz: Trapanese, assieme all’Assessore alla Sicurezza De Iesu, si reca in Galleria scortato da quindici poliziotti, lanciandosi in un’operazione di pulizia e rimozione di cartoni e coperte. Apparentemente, l’atto è necessario per un convincimento determinato dei clochard a seguire gli operatori nei dormitori predisposti.
Seguono discorsi sul decoro urbano, sulla vocazione storica della Galleria e sul suo status di area pubblica. Entro tre settimane via i senzatetto tuona un altro simpatico giornale. Dopotutto, il blitz è stato seguito attentamente da fotografi e telecamere e sbandierato immediatamente ai quattro venti. Sono confusa: parole e azioni non mi sembrano consequenziali. Prima, l’ammissione che i posti nei dormitori non sono abbastanza e che gli stessi dormitori non sono soluzioni adeguate. Poi, i quindici poliziotti che scortano l’Assessore, le telecamere puntate sui clochard, l’atto violento di buttare le coperte per convincerli a lasciare la Galleria. Perché la proprietà privata non vale quando si tratta di senzatetto? Non sono cose loro? Poi perché questi riflettori puntati solo sui – quanti, dieci? – clochard della Galleria, quando ce ne sono altri 1790 sparsi per la città? Quasi mi sembra di sentire la voce di mia nonna che strilla: «Non nel mio salotto buono!».
Passano i giorni, passo io per la Galleria e noto la presenza insistente di pattuglie. L’Amministrazione è realmente convinta che riuscirà nello sgombero dei senzatetto e non molla la zona per un attimo. Nemmeno i senzatetto, però. La situazione non sembra cambiata di una virgola. Arriva così la nuova inaspettata mossa di Trapanese: chiedere alle associazioni di non distribuire più pasti caldi in Galleria. Cibo solo nei dormitori. Un po’ come se fossero topolini, l’Assessore ha deciso di mettere il formaggio come esca, sperando così di poterli catturare. E dire che siamo a gennaio, di notte si scende sotto i cinque gradi e non dovrebbe essere così difficile convincere delle persone a stare al riparo. Forse, qualche domanda sul perché dobbiamo farcela.
Inutile dire che le associazioni stanno disobbedendo. Forse perché si rendono conto di non avere a che fare con topolini, ma con persone. Persone alle quali si devono offrire tutto l’aiuto e i servizi possibili, ma che non possono essere costrette a spostarsi con ricatti e violenze. La realtà dei clochard è complessa, articolata, non può essere risolta in tre nottate. Ogni tentativo di semplificazione è destinato al fallimento. Povertà, abbandono, fragilità, dipendenze: si è cercato di farle sparire così, di colpo, come in un trucchetto di magia. Sotto gli occhi di tutti, nel posto più centrale di Napoli, grandi applausi e fiori per il mago. Ma la realtà è che – anche se l’operazione fosse andata in porto – sarebbe stato curato un sintomo, non la malattia. Ci si focalizza sui relitti in bella vista, ma non su quelli più nascosti, né sulle maree che li hanno portati lì.
Qualcuno dirà che la Galleria è importante. I clochard non danno una bella immagine della città, soprattutto in un luogo così centrale e prestigioso. È indecoroso questo spettacolo in un monumento storico. È indecoroso che diventi un pisciatoio. Perché poi tra tutte le strade limitrofe scelgono di andare proprio lì?. Mi rendo conto che i social sono pieni di commenti del genere, e mi va di traverso il tè. Dio, liberaci dal concetto di decoro urbano. Se c’è un qualcosa che non sopporto è il tentativo di utilizzare questa scusa per nascondere un cambio di soggetto. Non fraintendetemi, mi trovo d’accordo sulla prima parte del discorso: quello in Galleria è sicuramente uno spettacolo indecoroso. Ma a essere indecoroso è il fatto che degli esseri umani siano costretti a pisciare negli angoli delle strade, non il loro piscio. Ed è indecoroso che non abbiano una casa, non che cerchino riparo in Galleria.
Ed eccolo qua, il cambio di soggetto in tutto il suo splendore, spudoratamente lanciato nei titoli dei giornali: Salviamo il monumento. Non salviamo i clochard, ma il monumento. Il che dice tutto sulle nostre priorità: prima le cose, poi le persone. Ed è un attimo che non è più indecoroso possedere interi palazzi del centro storico e affittarli a prezzi indecenti, ma le coperte, le bottiglie, i cartoni. Non è più indecoroso l’accumulo, lo sfarzo, lo spreco. Non i capi firmati, le catene di fastfood e fast fashion che hanno invaso ogni angolo di Napoli. Anzi, quelli vengono invocati a gran voce da Ciro Fiola, Presidente della Camera di Commercio, che in questi giorni tanto si è sprecato a parlare della necessità di far aprire nuovi ristoranti di lusso, catene d’alta moda e brand internazionali in Galleria. Il che mi fa anche fare due conti sulla fretta di questa Giunta di aiutare (o allontanare?) i bisognosi, quando è chiaro che forti interessi privati sono scesi in campo.
Certo, le sciarpette di cashmere Gucci non possono essere acquistate in tranquillità coi clochard stesi lì affianco. Ci si sente in colpa. Poi il risottino al tartufo rischia di andare di traverso. Rischiamo di ricordare che, solo nel primo anno di pandemia, in Italia i poveri assoluti sono aumentati di un milione: da 4.6 milioni nel 2019 a oltre 5.6. Questo, mentre i ricchi sono diventati sempre più ricchi. E ad avere il diritto di occupare il centro della città sembrano legittimati solo loro, pronti a riempire le vetrine della Galleria di beni di lusso. Ma è inutile prenderci in giro: la povertà non toglierà gentilmente il disturbo per fargli spazio. A poco servirà trovare nuovi posti letto, cercare di sistemare i senza fissa dimora nei dormitori: ne spunteranno altri, ovunque. In centro a Milano, sotto i portici di Bologna, nel colonnato di Piazza del Plebiscito.
E la risposta non potrà essere così estemporanea, superficiale. Bisogna pensare davvero a un piano sociale, elaborato con serietà. Nel frattempo, se proprio devo scegliere un gesto simbolico che comunichi decoro, preferisco quello del compianto David Sassoli. Il 25 gennaio 2019, in una delle notti più gelide dell’inverno belga, scrisse di suo pugno una lettera all’allora Presidente Antonio Tajani. Chiedeva di aprire di notte le porte della sede del Parlamento Europeo ai senzatetto perché era doloroso vedere tante persone cercare riparo dal freddo intenso agli angoli dell’edificio che ci ospita a Bruxelles. I poveri non possono aspettare – continuava Sassoli – e non possiamo restare indifferenti rispetto alle persone in grave difficoltà che tutte le notti dormono all’aperto cercando riparo all’esterno del Parlamento. Basta una passeggiata la sera per rendersi conto di quante persone hanno bisogno di aiuto e assistenza. Poco dopo, una volta eletto, aprì le mense dell’Eurocamera alle donne in difficoltà e a i clochard, in piena pandemia. Al decoro urbano, continuo a preferire quello umano.
A proposito, sabato 29 gennaio dalle 16 alle 19, presso l’Ex OPG – Je so’ pazzo verranno raccolte coperte, maglioni, giubbini e scarpe da distribuire ai senza fissa dimora.