Seduti al tavolino di un bar, striminziti su sedili troppo stretti per ospitarli, otto amici si dividono sei posti a sedere e in qualche modo ci stanno, perché in fondo sono abituati a stare stretti in un mondo che non è fatto per loro. Hanno appena votato, ognuno nel suo seggio, ognuno nel suo Comune, e ridono e scherzano, ma nello sguardo di ciascuno di loro manca qualcosa. Hanno la sensazione che quello che stanno vivendo sia l’ultimo giorno di libertà, ma provano a resistere. Hanno idee politiche diverse, hanno fatto scelte differenti, hanno sensibilità e anche preparazioni diverse, ma temono tutti la stessa cosa, allo stesso modo.
Analisi lucide e meno emotive delle loro, delle mie, diranno che non cambierà poi così tanto dopo queste elezioni. Diranno che la destra al potere in Italia c’è stata per anni, e non sarà tanto diverso, più terribile, di quello. Diranno che a consegnarci nelle mani avide di potere di un’estrema destra senza mezze misure è stato proprio quello che noi chiamiamo centrosinistra, quello che ha più l’aspetto di una destra moderata e liberale, quello che i guai peggiori li ha fatti da solo. Diranno che questo governo non sarà diverso dagli altri, e cadrà nel giro di pochi mesi per qualche dissapore interno non troppo difficile da immaginare, e allora ci saremo disperati per nulla, perché tanto a nulla sarà arrivato. Diranno cose lucide e sensate, diranno cose probabilmente vere, diranno cose ciniche ma in qualche modo ottimiste, ma io, almeno per adesso, non riesco a vederla come loro.
Vedo solo i diritti che ci saranno negati. Quelli delle donne, di cui la Legge 194 si fa dolorosa portavoce, ma è solo una delle tante battaglie vinte per poi essere perdute. I bastoni messi tra le ruote al diritto all’aborto libero e sicuro sono soltanto l’inizio di un mondo in cui alle donne non è concesso altro ruolo se non quello di moglie, di madre, di proprietà di qualcun altro, in cui non è concesso loro di possedere un’identità, negata anche a queste elezioni sin dal momento del voto con l’attribuzione del cognome del marito sulle tessere elettorali delle donne sposate. Un mondo in cui qualcun altro decide per i loro corpi, che siano la sessualità o la gravidanza, che sia una violenza o la pubblicazione mediatica di una violenza.
Vedo solo i diritti che sono ancora vergognosamente negati e che si allontaneranno ancora di più dalla loro realizzazione. Quelli della comunità LGBTQ+ che no, non può fare quello che vuole, perché l’unione civile non è proprio come il matrimonio e non ha proprio gli stessi diritti. Perché alle coppie non conformi alla famiglia tradizionale non è permesso essere definite famiglia, e non è permesso neanche avere figli – sì, quelli dell’allarmante calo di natalità – perché non c’è adozione, gestazione per altri o stepchild adoption per chi ama le persone sbagliate.
Vedo solo il fallimento della sinistra. Quella che si professa paladina dell’avanguardia e dell’uguaglianza e poi si fa battere dalla destra – dall’estrema destra – nell’elezione della prima Presidentessa del Consiglio. Se una Premier donna pare una cosa dell’altro mondo, la vera sconfitta è che sia proprio lei a negare tutti i diritti di autodeterminazione delle donne, a contrastarli facendo appello a tutta la sua forza comunicativa, quella che le ha permesso di vincere le elezioni di un’Italia distrutta.
Vedo solo il fallimento della democrazia, la sua distruzione totale, perché si è potuti arrivare a votare, a scegliere, a eleggere un partito fascista come il primo d’Italia. È la più grande contraddizione, il più inaccettabile degli aspetti, quello di vedere la democrazia scegliere chi, invece, alla democrazia non lascia spazio. È il fallimento della Costituzione, quella nata dalle ceneri di uno Stato distrutto dal fascismo, che l’ha rinnegato, respinto e vietato e comunque, in qualche modo, ritorna. È il fallimento di un popolo che ha perso la memoria, che non ricorda il terrore tramandato, che non rabbrividisce al ripetersi incessante e irrimediabile della storia dalla quale mai impara.
Forse è vero che non cambierà nulla. Forse è vero che i diritti, in realtà, non li avevamo neanche prima. Che alle donne il modo per negare l’aborto lo si era già inventato. Che alle persone un modo per impedire di amare lo si era già trovato. Che ai profughi i porti si erano già chiusi. Che agli italiani di colori diversi la cittadinanza era già stata negata. Che ai poveri i privilegi erano già stati sottratti. Che ai giovani il lavoro era già stato negato. E che in fondo al fascismo avevamo già Resistito, e sappiamo ancora Resistere.
Ho letto che la Resistenza è tutto ciò che ci resta, tutto ciò a cui possiamo appigliarci adesso che tutto andrà male, ma non è vero. Resistere è tutto ciò che abbiamo sempre fatto, anche prima, fino a ora. Abbiamo lottato per diritti non ottenuti, abbiamo perso diritti già avuti. Abbiamo imparato dalle storie spaventose e abbiamo dimenticato di averlo fatto, ma possiamo impararlo ancora.