Lo scoccare della mezzanotte del 1 gennaio non è coinciso soltanto con il passaggio nel nuovo anno, con il trenino in diretta su Rai Uno di Amadeus e compagni o con il consueto scoppio di fuochi d’artificio nei cieli italiani. Sin dalle ore 00:00 del 2023, i distributori di carburante hanno adeguato i prezzi di benzina e gasolio alle nuove disposizioni di legge, ovvero hanno aumentato il costo di un litro di combustibile di circa 30 centesimi di euro, ripristinando le famose accise calmierate nel marzo 2022 da un provvedimento del Governo Draghi.
Il tema accise è forse il più delicato che i vari esecutivi, avvicendatisi nel corso dell’ultimo decennio, hanno dovuto fronteggiare. Già, perché da Matteo Renzi, passando per il leader della Lega Matteo Salvini, fino all’attuale Premier Giorgia Meloni, chiunque ambisse alla poltrona di Palazzo Chigi ha giurato la guerra ai contribuiti statali che – di fatto – incidono sul costo del carburante per quasi la metà del valore di un litro di benzina senza, però, riuscire nell’intento di eliminarle.
Complice un video del 2019 in cui Giorgia Meloni – di ritorno dal benzinaio – lamentava l’elevato prezzo del carburante a causa delle accise, da due settimane non si parla d’altro. I banchi dell’opposizione, la stampa e l’opinione pubblica hanno immediatamente fatto fronte comune contro il Governo, reo di aver reintrodotto le tasse tanto discusse a svantaggio dei consumatori. «Pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite» urlava a suo modo la Segretaria di Fratelli d’Italia. Una volta al governo, però, le cose cambiano. Per tutti.
«Paghiamo l’aumento sulla benzina per la guerra di Etiopia, oh!». Il guappo – per dirla alla napoletana – che in seconda serata, nel maggio 2014, annunciava «qui lo prendo l’impegno, andiamo a eliminare tutte queste voci ridicole» risponde al nome di Matteo Renzi. Evidentemente, se siamo qui a scrivere ancora di Etiopia e Vajont, la missione del senatore fiorentino è fallita nonostante due anni, nove mesi e venti giorni di legislatura.
Più tardi, a ridosso delle elezioni del 2018 (precisamente nel mese di marzo) toccava all’altro Matteo – Salvini – mostrarsi ai suoi elettori come un professore di scuole serali con tanto di lavagna e pennarello e denunciare la vergogna delle accise: «Cancelleremo sette accise sulla benzina» diceva. «Impegno concreto, realizzabile, fattibile. Lo sapete quante tasse si porta via lo Stato italiano su ogni litro di benzina? Più della metà» e il suo calcolo arrivava addirittura a 72 centesimi. «Impegno concreto, realizzabile, fattibile» assicurava. Talmente concreto, realizzabile e fattibile che neanche due anni in veste di Vicepremier e Ministro dell’Interno sono bastati per portare a termine l’operazione.
Ed eccoci, dunque, all’attuale Primo Ministro. In un nuovo contributo video, stavolta affidato alla propria pagina Facebook, anziché ai canali ufficiali di Palazzo Chigi – chissà forse fa strano non solo a noi che sia davvero seduta lì – Io sono Giorgia si arrampica sugli specchi nel tentativo di spiegare quanto la situazione attuale sia dissimile da quella del 2019: «Infatti, stavolta, in campagna elettorale non ho promesso il taglio delle accise».
Campionessa di coerenza sbandierata ovunque ma mai sostenuta con i fatti, Meloni omette di dire che al punto 17 del programma elettorale presentato con le forze in coalizione, Lega e Forza Italia, e consultabile ancora online, assicurava, invece, proprio il taglio delle tanto attenzionate tasse sul carburante. Che abbia sostenuto, poi, la cosa durante le dirette dal salotto buono di Bruno Vespa è altra storia. Facile raccontare fesserie quando si è certi di non vincere, mentre stavolta che, per qualunque sondaggio Fratelli d’Italia risultava il partito favorito alla corsa delle elezioni politiche, Giorgia è stata attenta a limitare le promesse che non avrebbe potuto sostenere con l’azione di governo.
Così, attraverso un maldestro tentativo di redenzione camuffato da senso di responsabilità, Meloni ha svelato al suo pubblico social persino la strategia su cui è decisa a puntare: servono più entrate. Non si trattasse di una questione serissima, si dovrebbe prenderla a ridere. Il problema sollevato dalla Premier sta proprio nel dove intenda trovare queste fantomatiche entrate. La sua Legge di Bilancio, infatti, non prevede un singolo provvedimento che investa sul lavoro giovanile, anzi con la promulgazione della Flat Tax non si produrrà altro effetto che ridurre il gettito proveniente dalle partite Iva e dalle imprese. Di una seria lotta all’evasione fiscale manco a parlarne e figuriamoci tassare i grandi patrimoni o le speculazioni come quelle di ENI. La leader di FdI chiede di vedere in faccia chi imbroglia. Ha ragione Renzi, che quando non è responsabile del governo è bravissimo ad argomentare le incongruenze altrui: si faccia un selfie!
E, allora, gli unici ad avere diritto a parlare di accise siamo noi che mettiamo benzina ogni giorno per recarci a lavoro, per portare i figli a scuola, che paghiamo rincari sui prodotti nei supermercati a causa dell’elevato costo dei trasporti. Ma a modo nostro, alla napoletana, dando l’unica accezione che merita l’intera classe politica italiana: c’avite accise!