Ogni tre giorni, in Italia, una donna muore per mano di un uomo. Nelle stesse ore, nei silenzi delle cronache, molte altre subiscono una qualche forma di violenza. Gli episodi, soprattutto di carattere sessuale, sono così frequenti che, in particolare negli ultimi mesi, con l’avvicinarsi delle prossime Elezioni Europee, si è parlato spesso di emergenza stupri. Un fenomeno, se così può definirsi, che il Ministro dell’Interno, addetto alla sicurezza dei cittadini, vorrebbe risolvere con la castrazione chimica.
È così che è nata la proposta di una raccolta firme, prevista per il weekend appena trascorso, a sostegno di un decreto legge che introduca la misura per curare pedofili e stupratori perché, stando alle parole di Matteo Salvini, il carcere non basta. A pensarla come lui, secondo un sondaggio SWG commissionato dal Carroccio, sarebbe circa il 58% degli italiani. Il 28% degli intervistati, invece, parrebbe dichiararsi contrario all’introduzione del provvedimento, mentre il 14% non saprebbe come rispondere. Per ovvi motivi, l’inasprimento delle pene in materia di reati sessuali risulterebbe fortemente sostenuto dagli elettori di centrodestra, in particolare leghisti, ma anche da pentastellati non in linea con il pensiero espresso dal MoVimento. Più dubbiosi o totalmente avversi, invece, i sostenitori del centrosinistra.
Quello sulla castrazione chimica è l’ennesimo argomento che divide la maggioranza di governo. In seguito alla vicenda di Viterbo, infatti, dove due esponenti del nostalgico partito della tartaruga hanno abusato di una 36enne dopo che l’alcol e un pugno l’hanno resa inerme – costretta poi anche alla gogna mediatica a causa della diffusione di materiale registrato nel corso della violenza –, il dibattito sul tema si è acceso nuovamente, con i due Vicepremier schieratisi, tanto per cambiare, su fronti opposti.
Il primo, lo dicevamo in apertura, invocando una norma che preveda la somministrazione di farmaci inibitori della libido, il secondo bocciando aspramente la mozione dell’altro: «Nessuna tolleranza per pedofili e stupratori: la galera non basta, ci vuole anche una cura. Chiamatela castrazione chimica o blocco androgenico, la sostanza è che chiederemo l’immediata discussione alla Camera della nostra proposta di legge, ferma da troppo tempo, per intervenire su questi soggetti. Chiunque essi siano, bianchi o neri, giovani o anziani, vanno puniti e curati», ha tuonato Salvini. «Io non ci sto a prendere in giro i cittadini e le donne che hanno paura della violenza con il tema della castrazione chimica: per come è scritta si applicherebbe solo a casi meno gravi e sarebbe volontaria. Io e il M5s andremo avanti a raccontare la verità: non si possono fare facili slogan […]. Basta con questa storia. È una presa in giro alle donne, lo abbiamo già spiegato, e tra l’altro non è nel contratto di governo. Serve la certezza della pena», ha risposto Di Maio.
La discussione sull’argomento, tuttavia, non nasce negli ultimi giorni, anzi, come ricorda anche Daniela Santanché, oggi in forza Fratelli d’Italia, che accusa il Ministro dell’Interno di fare soltanto chiacchiere buone per la campagna elettorale. In passato, infatti, la Lega ha ripetutamente bocciato gli emendamenti al decreto sicurezza avanzati dal partito di Giorgia Meloni. Il leader del Carroccio, però, sembra adesso fare sul serio, forte delle oltre 50mila firme raccolte nella sola prima giornata di sottoscrizione nelle piazze di tutta Italia: «È una cura democratica e pacifica», ha ripetuto Salvini sbraitando. «Ci vuole la castrazione chimica per stupratori e pedofili. Con una pillola, non con le forbici. E hai finito di mettere le mani addosso a donne e bambini per il resto dei tuoi giorni. Questo accade in un Paese normale e civile».
Il riferimento è, infatti, ad alcuni Stati europei e USA, dove l’ordinamento giuridico prevede suddetto tipo di misura, seppur in via limitata e subordinata al volere dell’incriminato, necessariamente informato delle conseguenze della cura. Al contrario, in Polonia e in Russia essa è obbligatoria per i violentatori di minorenni.
Ciò che il Vicepremier leghista ignora, tuttavia – e questa non è una novità –, è la Costituzione italiana. L’articolo 27, infatti, afferma che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. La legge proposta, invece, modificherebbe l’articolo 165 del codice penale che valuta la possibilità di una sospensione condizionale della pena, in questo caso a patto che il detenuto si sottoponga a trattamenti farmacologici che ne inibiscano l’impulso sessuale, limitando la produzione di testosterone. Una terapia che genera ancora molteplici dubbi sulla sua reversibilità e che non è affatto esente da effetti collaterali, causando impossibilità di procreazione, cambiamenti fisici e psicologici – dovuti all’alterazione di equilibrio ormonale –, e aumentando il rischio di malattie cardiovascolari e diabete. Il che, a suo modo, suonerebbe come l’istituzionalizzazione di una pena di morte. La somministrazione dei farmaci non sarebbe obbligatoria ma volontaria tramite consenso informato. In ogni caso, una chiara contraddizione della Carta Costituzionale che, ripetiamolo, vieta una qualsiasi forma di violazione di diritti dell’uomo.
Il cavallo di battaglia del Carroccio si conferma, dunque, l’ennesima coltre di fumo sollevata da Salvini che, incaricato di assicurare la sicurezza non dei suoi elettori ma di tutti i cittadini italiani, si dimostra incapace di garantire l’efficienza del ruolo che gli spetterebbe ricoprire. Ma anche questa non è una novità. Sembra, infatti, che il Ministro non riesca a trovare soluzioni concrete a quella che è, innegabilmente, una delle maggiori piaghe di uno Stato inabile nel tutelare chi lo abita, le donne in primis, ormai sempre più vittime tanto degli uomini quanto di una politica che non le difende e, anzi, sempre più le danneggia.
Stando al biennio 2015-2016, l’ISTAT stima che il 4.1% delle ragazze che oggi hanno meno di 30 anni ha subito una violenza quando era minorenne. È in aumento, inoltre, la percentuale dei figli che hanno assistito a episodi di abuso sulla propria madre – dal 60.3% al 64.8% tra il 2006 e il 2014 – e di quelli che sono stati direttamente coinvolti, dal 15.9% al 23.7%. Nel complesso, dunque, quasi una donna su tre, il 31.5% delle 16-70enni (6 milioni e 788mila) ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Di questi reati, più dell’80% è stato commesso da un italiano. Gli stupratori stranieri, invece, sono il 15.1%. Un’altra bufala leghista abbondantemente sgonfiata dai numeri.
Quello di Salvini si conferma un qualunquismo piuttosto spicciolo e – permettetecelo – anche ridicolo. La castrazione chimica è un’arma di distrazione di massa, sostiene Di Maio, un gioco volto alla presa in giro di chi questi atti li subisce ogni giorno nel silenzio della propria umiliazione. La sessualità, spiegano i medici, non è solo questione di ormoni. Ridurre il livello di testosterone, infatti, non è sufficiente a inibire il comportamento patologico deviante. Di conseguenza, la violenza – che non risponde solo alla soddisfazione di un bisogno fisiologico ma, anche, dall’esercizio del potere, di un controllo nei confronti dell’altro – o il rischio di essa non è risolvibile con una legge pari a quella proposta dalle forze di destra del nostro Paese. La soluzione, dunque, va cercata innanzitutto nell’inasprimento delle pene esistenti – nel rispetto dei diritti dell’uomo, ovviamente – e nell’introduzione di altrettante norme che definiscano in modo inequivocabile ciò che è o non è uno stupro.
Una recente relazione di Amnesty International ha ribadito che nella maggior parte degli Stati europei – tra cui l’Italia – il rapporto sessuale privo di consenso non è ritenuto un abuso e che nel numero più alto di casi esso è riconosciuto come tale solo in presenza di minaccia e costrizione di violenza fisica. Il problema, dunque, è chiaro, è certamente di natura culturale, soprattutto quando, stando all’opinione pubblica, la vittima viene additata come colpevole perché ubriaca, impossibilitata o incapace a una ribellione decisa, o abbigliata in modo provocante per i carnefici. Ciò che, invece, la società civile prima e la legislazione poi non accettano è che un rapporto di natura sessuale privo di consenso, di un sì che sia veramente tale, non abbozzato o fraintendibile, dall’inizio alla fine del rapporto stesso, è, senza ombra di dubbio alcuno, uno stupro e in quanto tale va punito.
Un sex offender, un individuo incline all’abuso dell’altro, è, in termini di testosterone, al pari di un qualsiasi soggetto dalla normale sessualità. Pericoloso, quindi, è aizzare la folla fomentandone l’ignoranza e convincendola che una pillola smorza-appetito possa rappresentare la sola soluzione possibile. Errore grossolano e tipico di una politica dai manifesti facili e dalla concretezza nulla, quella di cui la Lega è certamente maestra. Ricominciare dalle basi, invece, potrebbe rivelarsi la primissima controffensiva a una vera e propria devianza della psiche, sfatando il tabù sesso ed educando all’amore, anche fisico, sin da piccoli. Perché nulla è più naturale del donarsi reciprocamente quando reciprocamente desiderato.