«Vorrei uno Stato tutto per me»: se sei un’azienda, puoi. Questa la proposta di Steve Sisolak, governatore del Nevada, che per incentivare l’inserimento di aziende innovative sul territorio mette in palio il governo di uno Stato. La bozza di legge, non ancora approvata, offre alle compagnie new tech una nuova ricetta per creare un governo tutto per sé con lo stesso potere delle contee. Difficoltà media e cottura lunga. Segnatevi gli ingredienti: 50mila acri di terra non sviluppata, 250 milioni di dollari subito e un piano di investimento per un ulteriore miliardo da spendere nell’arco di dieci anni. Che la gara cominci!
A diffondere la notizia, in un articolo del 3 febbraio, è il Las Vegas Review-Journal che descrive il possibile insediamento dei nuovi coloni nella Silicon Valley. Imprenditori-dittatori potrebbe quindi diventare più che un epiteto popolare? Facciamo chiarezza. In America, il potere governativo, che fa capo al Presidente degli Stati Uniti, è ripartito tra i cinquanta Stati della federazione, singole entità politiche e amministrative suddivise a loro volta in governi locali di varia natura – contee o parrocchie civili – ognuno rispondente al proprio Stato federale.
Il Nevada, che oggi conta diciassette contee, propone di ripopolare grandi aree disabitate trasformandole in Innovative Zones, zone di progresso tecnologico – ed economico – aperte alle imprese più all’avanguardia nel campo di robotica, intelligenza artificiale, wireless, biometria e tecnologia delle risorse rinnovabili. L’espediente originale mira ad attrarre innovazione e capitale, senza il ricorso a incentivi pubblici e abbattimenti fiscali. Il problema, qui, si risolverebbe alla fonte. Stavolta, le regole le farebbero loro: i proprietari d’azienda. Concesso il diritto di emanare nuove leggi, nuove tasse, formare distretti scolastici, tribunali e fornire altri servizi: un vero e proprio governo locale ex-novo.
Esperienza simile è stata già percorsa da un altro colosso aziendale, la Blockchains LLC di Jeffrey Berns, avvocato e milionario di criptovaluta attratto nel Nevada da benefici fiscali e assenza di imposte sul reddito. Nel 2018, l’azienda tecnologica ha speso 170 milioni di dollari per l’acquisto di circa 67mila acri disabitati nella contea di Storey per la realizzazione di un Innovation Park che ruotasse proprio intorno all’impresa, pur senza lo stesso potere decisionale promesso da Sisolak agli investitori delle Innovation Zones.
E non sarebbe certo la prima volta che grandi appezzamenti di terreno pubblico finiscono nell’elenco delle proprietà di un’azienda. Il prezzo del progresso – episodio del progetto Mystery Train di Edizioni Laterza – cita una grande concessione a privati da parte del governo federale negli ultimi decenni dell’Ottocento. Una settantina di aziende ferroviarie si videro beneficiarie di circa 500 milioni di dollari e 48.9 milioni di acri di terre pubbliche: un’area più vasta di Gran Bretagna, Spagna e Belgio insieme. Da allora, la scalata dei grandi capitalisti si è fatta avanti inarrestabile. Economia e politica si sono mischiate, confuse, e promettono oggi di fondersi nella figura del proprietario d’impresa.
Che si realizzi o meno, l’idea di Sisolak evidenza il potere del denaro che si attualizza in denaro al potere. Di fatto, si compra un titolo altrimenti elettivo. Per fini alti, si dice: incrementare la competitività del territorio grazie a un forte avanzamento tecnologico, puntare alla creazione di 200mila posti di lavoro e cercare, così, di uscire da una recessione di cui la pandemia si è fatta grave complice.
D’altronde, sembra impossibile frenare l’ambizione di progresso in un mondo che accelera sempre di più la sua corsa alle nuove tecnologie. E a ragion veduta se, come dice il filosofo spagnolo del Novecento Ortega y Gasset, la missione primaria della tecnica è […] affrancare l’uomo perché possa bastare a se stesso. Siamo naufraghi che per salvarsi hanno bisogno di aggrapparsi alla zattera della cultura. E la tecnica è motore necessario all’incremento del benessere.
Eppure, resta aperto il rischio che i rapporti di subordinazione della “tecnica per l’uomo” si rovescino in “uomo per la tecnica”. Lo stesso Ortega sottolinea: L’uomo […] rovina perché non riesce a stare alla pari con il progresso della sua stessa civiltà. […] Civiltà progredita significa problemi ardui da risolvere. Quanto maggiore è il progresso, tanto maggiore è il pericolo. E non è difficile intravedere l’ombra di tale pericolo se si immagina un esperto di realtà d’impresa trasformarsi in amministratore della vita, della cultura, della giustizia, e non per meriti, capacità, formazione politica o consenso elettorale, ma per essere stato abbastanza abile da accumulare il giusto capitale e circondarsi da personale qualificato. Scusate, cittadini. Da cittadini qualificati.
Senza forzare troppo la mano, possiamo immaginare il datore di lavoro come un regista-demiurgo alla Truman Show: «Sono il creatore. […] Ho seguito ogni istante della tua vita. […] Ho seguito il tuo primo giorno di scuola», e potrebbe continuare: «Ti ho offerto un lavoro, ho dato ai tuoi figli una terra, un’istruzione, ho garantito la giustizia!». Un’altra equazione, dunque: non imprenditore-dittatore, ma imprenditore-benefattore.
Ma come difendersi dalla minaccia dello sfruttamento se la difesa cui ci si rivolge coincide con l’accusato? In questo tipo di mondo, si offre la possibilità di dettar leggi a chi per definizione ha l’obiettivo di incrementare il proprio profitto monetario. Leggi, queste, che non incidono solo sul contesto lavorativo aziendale, ma che riguardano e formano l’intera società locale. Così, in questo 2021 già stanco, disperato nel tentativo di ricostruire sulle rovine dell’anno che ha sostituito, si mette in vendita davvero tutto.
Chi aveva le tasche abbastanza piene da permettersi la domanda «quanto potrebbe costare uno Stato?» si rallegri: per adesso, l’educazione, la giustizia e i diritti dei futuri cittadini del Nevada potrebbero valere 250 milioni di dollari. Avanti il migliore offerente.