Nei Campi Flegrei si trema ogni notte, poi ogni giorno, a volte non per forza in quest’ordine. Si trema a letto o a tavola, sotto la doccia o quando nemmeno te ne accorgi più. Sembra tutta un’attesa, un intervallo di respiri e pensieri, l’ansia del tremolio e la consapevolezza di non poterne sapere in tempo. È una lotta di nervi e muscoli, pazienza e timore, vita che scorre e movimenti intestini.
Nelle ultime settimane, niente è più come prima. Eppure, a guardare le pagine ufficiali delle amministrazioni locali, è tutto un L’Osservatorio Vesuviano ha provveduto a comunicare che…: sciame sismico in corso, sciame sismico concluso, nessun danno, questo il numero della Protezione Civile. Mai nessuno, però, che dica concretamente cosa fare, quando o perché. E, allora, cresce il panico, si rincorrono teorie, fake news, video e foto che non raccontano la verità ma la versione più utile a chi necessita di qualche click in più per monetizzare sulla preoccupazione altrui.
In teoria, ma solo in teoria, dei piani di evacuazione ci sarebbero, lo apprendiamo adesso. Ma chi li conosce? Chi provvede a comunicare che… alle tante persone che abitano la zona? Perché sono fermi al 2019, nonostante l’intensificarsi dei movimenti tellurici in termini di entità e frequenza? Perché non sono costantemente aggiornati in una zona caratterizzata da fumarole e ripetuti episodi di lenta deformazione del suolo (bradisismo) accompagnati da terremoti più o meno lievi?
In questa regione, la Campania, un milione di cittadini vive tra il Vesuvio e la Solfatara, forse anche di più, ma nessuno, tra loro, ha la benché minima idea di quali siano le prime mosse da fare in caso di. Nessuno parla. Nessuno informa. Nessuno istruisce. Solo sterili comunicati che non comunicano proprio niente. Mai un controllo, un accertamento, un fammi vedere se la tua casa ha subito il colpo e ti cadrà in testa. Però, a guardarle bene, le pagine ufficiali delle amministrazioni locali dicono che provvederanno. Mica in che tempi.
Dicono, in particolare negli ultimi giorni che la crisi ha toccato picchi di magnitudo inediti, che andranno fatte delle prove di evacuazione, di gestione del panico e delle vie di fuga. Si rimandano a data da stabilirsi, tra il 9 e il 15 ottobre forse, magari anche con l’ausilio di IT-Alert, il nuovo sistema nazionale di allarme pubblico. Il problema è che, nel frattempo, l’ansia cresce, la terra trema, non si dorme più.
La sveglia, più di una volta, è suonata all’alba o nel cuore della notte, tra pareti scricchiolanti, pavimenti instabili e treni, quelli chi se li scorda, che hanno fischiato senza regole, insistenti, l’uno dopo l’altro: svegliatevi. E i flegrei si sono svegliati. Vestitevi. Lo zaino pronto. La vicina persino con la macchinetta del caffè – che, per quanto sembri stereotipato, a chi scrive è successo davvero. Non è cambiato niente. Anzi, se possibile, la comunicazione – complice la stampa, locale e nazionale, che, di colpo, si è accorta che in tantissimi vivono su una caldera attiva, in piena zona rossa – ha fatto persino peggio, con i tecnici che hanno cominciato a rilasciare dichiarazioni addirittura contrastanti.
Eruzione sì. Eruzione no. Bisogna scappare. È tutto sotto controllo. Un terremoto spazzerà via ogni cosa. È soltanto bradisismo. Nemmeno De Luca fa la voce grossa quando si tratta di madre natura. La fanno solo quelli che non abitano questa meravigliosa e dannata terra, che danno consigli e ammonimenti: perché è colpa nostra, è colpa di chi vive qua, è colpa di chi non se ne va. E dove?
Tutti, da queste parti, si rendono conto di cosa sta accadendo. O, peggio, che qualcosa potrebbe stare per accadere. Ma non restano per eroismo o per fare i piangina. Restano perché è qui che vivono, che sono nati o cresciuti, che hanno investito i loro risparmi, che hanno dato alla luce dei figli che oggi qui vanno a scuola, hanno gli amici, fanno sport. Vivono una quotidianità normale. Come si può soltanto pensare che di colpo, senza alcuna garanzia, notizia certa, conforto o sussidio, impacchettino le loro vite e vadano via? Per fare cosa?
Chi lascerebbe la propria casa incustodita, alla mercé di possibili sciacalli, chiuderebbe un’attività o si licenzierebbe per cercare fortuna altrove? Quanto costa traslocare, abbandonare i sacrifici di sempre, ricominciare? Quale possibilità c’è per chi niente è tutto ciò che ha? E non parlo soltanto di economia. Parlo di famiglia, di stabilità emotiva, parlo di traumi collaterali che, al momento, sembrano non interessare nessuno. Non gli addetti ai lavori – di cui non riporteremo i pareri, visto che non siamo esperti e che ci ritroveremmo a scegliere tra opinioni avverse –, non la politica, non i soliti giudici da tastiera.
Non importa a chi ha pensato che in pieno sciame sismico potessero chiudersi le strade per un giorno intero e radunare più di cinquantamila persone per un concerto, com’è successo lo scorso weekend in occasione del Marrageddon, il festival rap organizzato da Marracash nell’ippodromo di Agnano, al confine tra Napoli e Pozzuoli, a due passi dalla Solfatara. Non importa al Sindaco del capoluogo campano – che, pure, è interessato dal fenomeno, facente parte della stessa zona rossa che si estende da Monte di Procida a Posillipo e comprende anche una parte sottomarina nel Golfo di Pozzuoli. Non importa al Sindaco della Città Metropolitana, lo stesso tra l’altro, che, di certo, ha – avrebbe, pensando a Gaetano Manfredi – più voce in capitolo degli amministratori locali.
Sembra importare, piuttosto, soltanto a pagine e gruppi social, giornali e telegiornali, opinionisti da strapazzo che non fanno che parlarne senza, tuttavia, ragguagliare la popolazione. Squali che sentono l’odore del sangue. Intanto, la gente ha paura. La gente trema. E trema pure la terra nel Paese de L’Aquila, di Amatrice, di Ischia, di abusivi e sciacalli, di chi ride tra le macerie aspettando la ricostruzione. Trema senza preavviso e speriamo che smetta.
Nei Campi Flegrei si rischia la vita in apnea. Non si tratta di allarmismo o sensazionalismo, si tratta di una legittima domanda di prevenzione. O, siccome questa parolina in Italia ancora non la conosciamo, di onestà: di sapere cosa fare. Come stanno le cose. Di conoscere il piano. Se c’è davvero. Scappare o restare. A quali condizioni. Ché, almeno, questa guerra di nervi e muscoli si combatta armati… In teoria.