Improvvisamente, come un’epifania agli occhi dell’attentissima classe politica, i partiti in campagna elettorale si sono finalmente ricordati dei giovani. Quella piccola macchia non meglio definita dei loro grafici a torta che sballa sempre i bilanci, quel gruppo eterogeneo di persone dai 35 anni in giù che hanno poco eppure tantissimo in comune, è finalmente stato riconosciuto come gruppo di cittadini votanti. Se ne sono accorti tutti insieme, contemporaneamente, e hanno deciso di puntare, a meno di un mese dalle elezioni, a conquistare quella fetta di elettorato a lungo ignorata.
Avere le attenzioni di qualcuno, però, non è sempre positivo. A volte, non si tratta delle attenzioni che vorremmo, altre volte le attenzioni diventano moleste e, proprio come in un corteggiamento a senso unico che sfocia in dinamiche tossiche, i politici in campagna elettorale di tutti i partiti hanno iniziato a perseguitarli, i giovani, che se li ritrovano ovunque, nei luoghi che frequentano abitualmente, anche se appaiono terribilmente fuori posto. Ma la cosa peggiore si realizza quando sopraggiunge la consapevolezza che chi compie quel maldestro e, talvolta, terrificante tentativo di approccio non ha reale stima di chi rincorre senza sosta, e il risultato finisce per prendere pieghe tutt’altro che romantiche.
Senza guardare neanche uno di quei video discutibili che hanno prepotentemente occupato TikTok e senza imbattersi in tutto il materiale da meme che la disastrosa comunicazione politica digitale di questa campagna elettorale ci ha fornito, che ai politici dei ragazzi importi ben poco lo si può tranquillamente dedurre dal fatto che abbiano tutti o quasi aspettato i primi di settembre, con il voto il 25, per ricordarsi dell’esistenza dell’elettorato giovane. Anzi, c’è da dire che, sebbene troppo maldestri per avere qualche risultato, l’idea di provare ad avvicinarsi ai giovani parlando attraverso i loro media non è completamente da imputare. Certo, farlo all’ultimo minuto chiarisce l’importanza che quell’elettorato ha per loro. Ma sono altri i problemi di quei balletti mancati.
Nella narrazione comune, quella che finisce per costruire la realtà, i giovani sono un branco di scansafatiche, passano le giornate a ridacchiare dietro cose strane e insensate come i meme e non hanno voglia di lavorare. Più si ripete questa narrazione, più diventa reale, costruendo ambienti in cui per i giovani non c’è spazio, non c’è lavoro, non c’è futuro. Se ai politici in campagna elettorale non è mai venuto in mente di smentire questa convinzione, o di attuare politiche per modificarne le condizioni, è probabile che abbiano loro stessi questa opinione. E se è questa la considerazione che i nostri politici hanno dei giovani, la sottostima non può che rivelarsi evidente anche dai video promozionali sui social media.
Non sono i video il problema, non sono i sondaggi su Twitter sulla carbonara con pancetta o guanciale, non è il modo, non è il linguaggio, non è il mezzo il problema. Il problema è che i giovani non sono bambini da intrattenere e da convincere a votare per il più divertente. Sono elettori senzienti, hanno delle preoccupazioni, hanno a cuore dei temi. E, dunque, per rivolgersi a loro non serve parlare la loro lingua, ma parlare di ciò che li preoccupa. Serve includere nei propri programmi elettorali soluzioni concrete ai problemi reali che gli under 35 affrontano ogni giorno, serve parlare del loro presente e del loro futuro.
Tutte le preoccupazioni, tutto ciò di cui i giovani vogliono sentir parlare è riassumibile così, nel presente e nel futuro. Un sondaggio del Sole 24 Ore condotto su oltre 20mila under 30 ha infatti rivelato che le preoccupazioni più grandi dei giovani sono due: ambiente e lavoro. Quegli eterni bambini, quegli irresponsabili senza voglia di spaccarsi la schiena, che se non hanno un lavoro è perché sono pigri non certamente perché non lo trovano, quelli che esigono l’aria condizionata per normalissime temperature estive dovute a un cambiamento climatico che non si sono visti imporre dall’alto del benessere delle generazioni precedenti, proprio loro, guarda un po’, hanno a cuore il lavoro e l’ambiente, quei presente e futuro di cui nessun altro si preoccupa.
È l’ambiente a essere al primo posto, più di ogni altra cosa. La minacciosa ombra del cambiamento climatico li terrorizza, consapevoli del fatto che nessuno, di quelli che fanno le leggi, ne vivrà le conseguenze come faranno loro. Sul tema, programmi politici di destra e sinistra si spendono in piani astratti privi di idee per l’applicazione, o svendono soluzioni impraticabili come fossero realizzabili dall’oggi al domani. Le vane promesse di rispettare gli accordi europei e mondiali si infrangono, come accade da anni, contro le invisibili mura dell’astratto, che distruggono qualunque speranza sul nascere. C’è da chiedersi, dunque, come si possa pensare di parlare ai giovani, se si fanno promesse sul futuro di tutti ma non sul loro, quello più a rischio. Forse è proprio l’inesistenza di quel futuro a far desistere i partiti e i loro leader dal parlarne, ma alla fine non sarà certamente per simpatia che ne otterranno il voto.
Del loro presente, invece, del lavoro che non c’è o che c’è solo se disposti a farsi sfruttare, se ne parla eccome, ovviamente senza soluzioni utili. Secondo il PD la soluzione è l’eliminazione degli stage extracurriculari, sicuramente un passo importante ma che da solo non basta. Non risolve tutti i contratti a collaborazione e le finte partite IVA a cui i giovani sono spesso costretti, nella vana ricerca di un contratto che assicuri un futuro meno incerto. Proposta che fanno invece Verdi e Sinistra Italiana, che però promettono di cancellare queste realtà senza esattamente spiegare in che modo. L’altra soluzione poco funzionale della sinistra è la famosa dote ai diciottenni, soldi che se fossero investiti più sapientemente potrebbero creare lavoro. Tutto il sostegno economico per l’indipendenza, dai contributi per gli affitti al fondo per il mutuo della prima casa, in realtà non fanno altro che prolungare una condizione di instabilità dovuta alla mancanza di lavoro. Basterebbe quello per pagare i mutui e gli affitti senza incintivi di alcun tipo.
Ancora più vaga la proposta del Terzo Polo, che promette di contrastare la precarietà e promuovere la flessibilità regolare. La risposta alle esigenze dei giovani, per loro, sembra però abbassare o azzerare le tasse, quel deus ex machina che la politica tira fuori come soluzione suprema a qualunque problema. Di incentivi per i mutui e all’imprenditoria giovanile parla anche il MoVimento 5 Stelle, che poi si concentra sulla possibilità di creare un programma pensionistico che garantisca la pensione anche a chi fa lavori saltuari. Infine la coalizione di destra si pone obiettivi estremamente vaghi su incentivi all’imprenditoria e diminuzione delle tasse.
Se questo è il quadro della campagna elettorale che si presenta agli occhi dei giovani, un dipinto fatto di vane promesse e soluzioni difficilmente attuabili, se non si ascoltano i loro bisogni né si comprendono i loro problemi, non serve a nulla la comunicazione sagace dei video di trenta secondi fatti per attirare la loro attenzione e nient’altro. Attirarla in questo modo tanto criticato non è il vero problema, anzi potrebbe addirittura funzionare, se solo l’interlocutore di quella comunicazione fosse rispettato, se fosse considerato degno, se fosse ascoltato. Poteva venir fuori qualcosa di realmente utile e interessante. Invece ne è risultato un disastro comunicativo e un maggiore allontanamento dei giovani dalla politica, che non si sono sentiti al centro dell’attenzione, ma solo inevitabilmente presi in giro.