Adesso basta con gli attacchi che sfociano in offese e anche di peggio. Sono stato paziente per settimane ma adesso si è passato il limite, sono stanco di leggere sui quotidiani Il Mattino o Il Messaggero frasi tipo lo “spacca Italia del ministro Calderoli” riferito al ddl sull’autonomia differenziata o lo “strappo di Calderoli”: così ha dichiarato un irritato Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie in un’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera. Un messaggio chiaro all’indirizzo dei giornalisti dei due quotidiani tacciati di diffamazione.
Marco Esposito, capo servizio de Il Mattino, giornalista e saggista, apprezzato esperto di economia e autore di Zero al Sud, gli ha risposto in un post sulla sua pagina FB: Il Ministro Roberto Calderoli minaccia di querelare me e chiunque critichi il suo disegno di legge per l’autonomia differenziata. Lo aspetto. Con la sua consueta disponibilità ha accettato di rispondere ad alcune domande del nostro giornale.
Il Ministro Calderoli ha minacciato di querela chi continuerà a definire il suo disegno di legge sull’autonomia differenziata spacca Italia e non ci sono dubbi che la minaccia sia rivolta, tra gli altri, anche a te, che in un recente articolo hai avuto parole nette sul rischio concreto di dividere il Paese…
«Minacciare di querela per una critica nel merito a un progetto di legge è uno scivolone che non mi aspettavo da un politico d’esperienza come Roberto Calderoli, in Parlamento dal 1992. Calderoli sostiene che ha giurato sulla Costituzione e quindi non spaccherebbe mai l’Italia. La prima volta che ha giurato da ministro, nel 2008, era iscritto a un partito che si chiamava Lega Nord per l’Indipendenza della Padania, eppure non ha avvertito la contraddizione. Ma il punto di cui si dovrebbe discutere è la critica a un disegno di legge, da lui presentato, che traccia un percorso per assegnare più poteri e più risorse a Regioni oggi maggiormente dotate di servizi pubblici a causa di storiche sperequazioni nella spesa pubblica. L’Italia vive già una situazione di “unità differenziata”, per cui tutto quello che aumenta le distanze tra territori è contrario all’interesse generale: spacca ancora di più il Paese in due».
L’autonomia differenziata è truccata e ne ho le prove, affermi nel tuo libro Zero al Sud. Ma è proprio così?
«Le prove sono nei documenti ufficiali, citati nelle mie inchieste e mai smentite. Un esempio per tutti: quando nel 2015 per i Comuni si doveva far partire la perequazione, che la Costituzione vuole a integrale copertura delle funzioni pubbliche assegnate agli enti locali, un accordo tra Governo e Anci stabilì che essa non sarebbe stata garantita “integralmente” ma in base al target perequativo scelto, che per quell’anno fu il 45,8%. Ovvero si dava il 45,8% invece del 100% di quanto spettasse. Fu il Presidente della Bicamerale sull’attuazione del federalismo fiscale, Giancarlo Giorgetti, a chiedere al Governo i dati sulla perequazione al 100%. E disse: “Magari ce li fate avere in modo riservato o facciamo una seduta segreta come avviene in Commissione antimafia”».
Hai parlato di perversa attuazione del federalismo fiscale e dell’autonomia bulimica delle regioni del Nord, cosa vuol dire?
«La perversione è nell’utilizzare un principio sano per fare il suo contrario. Ho fatto l’esempio della perequazione, si può dire altrettanto dell’assistenza sociale, che nel 2017 ha visto attivare delle varianti per ridurre i diritti riconosciuti nei territori con meno servizi sociali, cioè l’opposto di quanto sarebbe logico attendersi da un servizio, appunto, destinato ai più deboli. In tale situazione già molto critica tre Regioni – Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna – nel 2018 hanno firmato con il Governo Gentiloni, in scadenza, delle preintese per chiedere maggiori risorse, in base a fabbisogni misurati tenendo conto del gettito fiscale del territorio. Cioè in base al principio che i cittadini hanno più diritti se sono più ricchi. E se un ricco chiede ancora di più, la sua è bulimia».
Il candidato Stefano Bonaccini, che sembra essere il favorito alla segreteria del Partito Democratico – lo hai appena ricordato – ha firmato una preintesa con il Governo il 28 febbraio del 2018 sul tema dell’autonomia. In tal caso, anche il PD si accoderebbe alla maggioranza, seppur con qualche inevitabile distinguo, rappresentando una sola parte del Paese?
«Il testo firmato da Bonaccini quattro giorni prima del voto del 2018 è identico nella parte normativa a quelli firmati da Maroni e da Zaia. Non c’era una riga sui Lep e comprendeva, tra le materie, la scuola. Del resto, quando ho citato l’accordo Governo-Anci per dimezzare la perequazione, il Presidente del Consiglio era Renzi, all’epoca del PD, e il numero uno dell’Anci era Fassino, Sindaco di Torino e storico esponente della medesima parte politica. Quindi il PD è parte del problema, cioè di una lettura distorta dei dati ufficiali, in base alla quale il Sud è un territorio inondato di risorse spese male. Le inefficienze invece sono trasversali ai territori; quanto alla spesa pubblica procapite, in Campania è di 13.700 euro e in Lombardia di 19.000. E la differenza si vede».
Ritieni che l’autonomia differenziata andrà in porto o sarà una delle cause che potrebbero mettere il Governo in pericolo?
«Credo che il Governo strada facendo troverà una forma di compromesso sensata, grazie forse anche alle critiche che irritano il Ministro Calderoli. Prima di pensare ai poteri regionali differenziati, va rivista l’architettura dei poteri, per esempio valorizzando le Città metropolitane ridisegnandole rispetto alle ex province. Le materie vanno analizzate una a una perché è assurdo che alcune, oggi, siano regionali, come le grandi reti di trasporto dell’energia. Per fare tutto ciò, però, serve una riforma della Costituzione e visto che gli ultimi due interventi realizzati a colpi di maggioranza, nel 2006 e nel 2016, sono stati sonoramente bocciati nelle urne dagli italiani, mi aspetto un recupero di saggezza collettiva. O, almeno, lo spero».
Al collega Marco Esposito la piena solidarietà della nostra Redazione.