Non ci si può lamentare di aver trascorso metà del mese di agosto senza una notizia capace di aumentare quel distacco crescente tra la rappresentanza parlamentare e i cittadini. Questa volta, però, si è esagerato: ci si è scandalizzati per poche migliaia di euro a vantaggio di tre deputati, uno del M5S e – sorpresa delle sorprese – due della Lega, che hanno richiesto e ottenuto il bonus di 600 euro previsto nel Decreto Cura Italia. A tal proposito, il padrone del Carroccio ha tenuto a comunicare che i due sono stati sospesi dal partito e gli altri nelle realtà locali esclusi dalle liste per la prossima competizione elettorale. Un nutrito numero di consiglieri regionali e sindaci, infatti, in maggioranza della Lega, ha anch’esso usufruito del bonus, sebbene qualcuno a sua insaputa, come Sergio Pirozzi – già espulso dalla Meloni e tornato alla casa materna come il figliol prodigo – che, a suo dire, si è trovato a beneficiarne su richiesta della moglie.
Un’operazione di personaggi usciti dal celebre romanzo di Victor Hugo che deve aver fatto comodo, se non subdolamente architettata, per un efficace spot elettorale utile a quella politica che ritiene la riduzione del numero dei parlamentari la soluzione di tutti i problemi al fine di un migliore efficientamento delle due Camere pari a un risparmio di circa 82 milioni l’anno e il passaggio da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori. In questo modo, il Parlamento passerebbe da 945 a 600 membri, più i senatori a vita: una differenza irrisoria rispetto al bilancio dello Stato ma che getta utile fumo negli occhi. Il riflesso mediatico è apparso quantomeno spropositato per vari aspetti: uno su tutti il pugno duro, almeno apparente, usato da quel Matteo Salvini della Lega della truffa a danno dei contribuenti italiani di ben 49 milioni di euro e della ridicola restituzione prevista in settantasei anni a zero interessi. Sospensione per gli altri e assoluzione per la propria forza politica, dunque, nonostante i relativi dirigenti responsabili oltre ai beneficiari diretti, tra i quali lo stesso super Matteo secondo quanto rivelato da l’Espresso.
Quelle che qualche politico ha definito elemosine, per quanti realmente hanno dovuto abbassare le saracinesche dei propri negozi, hanno garantito un minimo di sostentamento utile a superare le difficoltà del momento e ad affrontare una ripresa che si spera non sia vanificata da una recrudescenza dei contagi in gran parte dovuta all’irresponsabilità di molti. Invece, la classifica dei beneficiari dei bonus è guidata sempre da quella Lega che dovrà ricorrere a una nuova caccia all’immigrato per cancellare appropriazioni indebite e miserabili usufruitori di risorse che sarebbe stato il caso, con una più attenta normativa, destinare ai percettori di basso reddito e ai nullatenenti, magari facendo maggiore attenzione a quella platea discutibile di circa 532mila professionisti tra i quali avvocati e notai, lobby cui neanche Bersani riuscì a sfiorare se non marginalmente. C’è da chiedersi, dunque, dove sia finito quel cappio sventolato nell’aula di Montecitorio il 16 marzo del 1993 dal deputato della Lega Luca Leoni Orsenigo gridando in coro contro Roma ladrona.
Le istituzioni, a tutti i livelli, hanno necessità di competenza, responsabilità, etica e spirito di servizio e di certo non sarà il numero inferiore della rappresentanza a dotare di questi requisiti indispensabili chi è chiamato, prescelto ancora oggi dalle forze politiche e non dai cittadini, a rendere i luoghi della democrazia punti di riferimento e di elaborazione politica per portare a compimento le riforme radicali sempre sbandierate ma mai compiute. Bene i provvedimenti a favore di aiuti concreti a chi è in difficoltà, ma l’impoverimento e la sottrazione di risorse ai Comuni si traduce ormai da tempo in servizi sempre più inefficienti e complicati da tenere in piedi. A tal proposito, non ci stancheremo di ribadire la necessità di una vera e propria rivoluzione che anteponga e privilegi quelle categorie di cittadini divenuti sempre più invisibili ma tragicamente visibili agli occhi dei propri cari e per i quali non è più sufficiente intervenire attraverso organizzazioni e procedure macchinose, come nel caso dei disabili.
I Comuni non sono più in grado di provvedere in maniera compiuta e continua, le famiglie devono essere sostenute in via diretta senza intermediazioni e associazioni non sempre limpide, ma capaci di offrire un’assistenza che sia realmente di supporto a coloro che particolarmente in questo lungo periodo di pandemia hanno dovuto superare difficoltà enormi senza alcun supporto e subendo gli stratagemmi dei miserabili della politica, dei falsi beneficiari di bonus e aiuti vari. La facilità con cui chi a propria insaputa, chi attraverso richieste di mogli e segretarie ha percepito un contributo, è la prova dell’incapacità e dell’incompetenza di quanti preposti alla gestione delle risorse pubbliche, responsabili anche dei notevoli ritardi della corresponsione della cassa integrazione.
Va detto, per onestà intellettuale, che negli Stati Uniti del Presidente dei disinfettanti da ingerire per sconfiggere il COVID, gli aiuti economici sono stati corrisposti ai legittimi assegnatari dopo appena quarantotto ore dal decreto presidenziale. Elezioni in vista? A novembre negli USA, a settembre in Italia, dove in alcune regioni, in particolare dove si voterà, mentre si attendono cassa integrazione e bonus, si va avanti a suon di ordinanze il cui rispetto può comunque attendere. Meglio non dare eccessivo fastidio.
Tra le novità di metà agosto, però, merita un cenno il cambiamento delle regole interne da parte del MoVimento 5 Stelle sulla piattaforma Rousseau: sì al nuovo mandato zero e sì alle alleanze locali. Nulla di clamoroso: almeno questa volta un minimo di formalizzazione c’è stata dopo i tanti mai con nessun partito, mai in televisione e mai con la vecchia politica, per ritrovarsi, come tristemente noto, prima a braccetto con la forza di destra più eversiva in Parlamento e perennemente nei salotti televisivi poi. E in Campania? Continua il silenzio del MoVimento sulla componente napoletana, una posizione autonoma, quella della Ciarambino, destinata a schiantarsi presto.
Nulla di nuovo sotto il sole, insomma. Il COVID sarà una banale scusa per giustificare ancora le inefficienze di imprimere una svolta e dare una prospettiva al Paese che, se riuscirà a uscire dalla pandemia, rischierà di ricevere il colpo fatale per l’incapacità della politica vecchia e nuova avvitata sempre più su se stessa.