Il Ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli, in occasione della sua visita a Napoli per presentare le lettere di Giacomo Leopardi acquisite dalla Biblioteca Nazionale, ha preannunciato che dopo l’estate le domeniche gratuite nel museo saranno abolite, anche se lascerà maggiore libertà ai direttori: «Se il direttore vuole mettere una domenica gratuita non ci vedo niente di male. È quando io obbligo che non funziona fare la domenica gratuita».
Il settimo giorno della settimana gratis presso i poli museali, provvedimento introdotto dall’ex Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, era la giusta azione per spingere quella fetta di popolazione, restia a dedicare una giornata libera all’arte e alla cultura in generale, a visitare uno di questi luoghi e magari portarci anche figli e amici. Sicuramente, dunque, l’iniziativa avrebbe potuto essere considerata un’operazione di marketing geniale per massimizzare l’attrattiva dei musei nostrani, se solo le fosse stato dato un seguito altrettanto ingegnoso. Anche se i numeri raggiunti grazie a essa sono stati davvero notevoli, non si può non tenere conto delle problematiche che questa ha creato con il tempo. Non si tratta soltanto del caos nei musei o dell’impossibilità di fruire dell’arte in maniera serena per via dell’eccessiva affluenza – spesso a stento contenuta – ma anche di confusione a livello gestionale, lì dove il personale è stato spesso non sufficiente a discapito delle opere danneggiate o di piccoli “souvenir” portati a casa.
«Le domeniche gratis – ha spiegato Bonisoli – andavano bene come lancio pubblicitario ma, se continuiamo così, a mio avviso andiamo in una direzione che non piace a nessuno. Penso ad esempio a Pompei: chi ci va a novembre? Magari la prima o tutte le domeniche di quel mese si può aprire gratis perché non c’è tanta gente. Il problema è quando si viene costretti dal Ministero ad aprire la prima domenica di agosto, con migliaia di turisti stranieri che arrivano e pensano che gli italiani sono pazzi perché li fanno entrare gratis». Infine, il Ministro ha anche sottolineato che se uno pensa di pagare una cosa e improvvisamente diventa gratis sembra un po’ una fregatura: portare avanti questo progetto ben oltre il periodo per cui era stato pensato non va bene.
Dalle sue affermazioni, quindi, sembra che le preoccupazioni dell’esponente pentastellato siano rivolte all’Europa e al turista straniero che viene in Italia con il rischio di considerare i nostri musei e le nostre bellezze inferiori rispetto al proprio patrimonio. Ma in realtà il ministro, in una dichiarazione rilasciata su Facebook per via delle reazioni scatenate dalla decisione annunciata, ha voluto chiarire la sua posizione e quelle che sono le intenzioni future: «Le domeniche gratuite vanno “superate”, ma adesso ci sono delle opportunità di fare di più e meglio quello che abbiamo fatto fino adesso […]. Vuol dire che si potrà differenziare per giorni della settimana, per stagioni, tipologia, fascia di orario ecc. e adattare quelle che sono le regole alle singole realtà. La gratuità resterà e, anzi, sarà aumentata proprio per far sì che attraverso un’operazione di valorizzazione intelligente si riesca a rendere più fruibile il nostro enorme patrimonio a un grande numero di cittadini indipendentemente dalle condizioni economiche, questo è un nostro impegno e continuerà in futuro».
Con tali presupposti chiariti, allora, non si può far altro che sperare affinché la cultura possa continuare a diffondersi nel nostro Paese ed essere resa fruibile nella maniera migliore, non soltanto dai turisti, ma anche e soprattutto dagli italiani. Sicuramente non bisogna dimenticare che un numero adeguato del personale, ben formato e consapevole, aiuterebbe sicuramente ad affrontare situazioni in cui l’affluenza è decisamente importante garantendo quindi una maggiore sicurezza dei visitatori e delle opere stesse. I passi in avanti da fare per migliorare la godibilità del patrimonio storico-artistico nostrano sono ancora tanti. L’Italia soffre rispetto agli altri Paesi europei, eppure è una nazione che, nel contesto specifico, non sfigura al confronto nessun’altra. Che le parole, dunque, possano diventare azione, cominciando a creare qualcosa di nuovo in maniera utile e intelligente.