Domenica 13 maggio è stata inaugurata a Roma la mostra Bin/Art. L’esposizione, che rimarrà al CSOA di Forte Prenestino in via Federico Delpino per la durata dell’intero mese, ripercorre la storia dell’arte digitale a partire dai primi esperimenti del 1961, arrivando alla rivoluzione dell’home computing degli anni Ottanta, per poi approdare ai nostri tempi. Le opere esposte sono tutte funzionanti e a disposizione dei visitatori su sistemi e supporti d’epoca, una vera e propria occasione per scoprire come è nata la tecnologia.
La mostra è curata dal MIAI, il Museo Interattivo di Archeologia Informatica di Cosenza, e dal MusIF, il Museo dell’Informatica Funzionante. La collaborazione tra i due istituti nasce negli anni 2000 e la loro collezione consiste in migliaia di reperti di sistemi informatici, periferiche hardware di ogni genere e una nutrita biblioteca comprendente documentazione tecnica, manuali e letteratura scientifica. Lo scopo di questi due musei, infatti, è quello di preservare la storia dell’era dell’informazione per le generazioni future: L’elaboratore elettronico – dai vecchi, enormi mainframe fino ai recenti smartphone – è la protesi definitiva del cervello umano. Una straordinaria chiave di lettura del nostro tempo, particolarmente adatta per ripercorrere la storia della vertiginosa evoluzione tecnico-scientifica dell’ultimo secolo e a raccontare le vicende umane. Se è vero che il computer è lo strumento creativo predominante nella cultura moderna, è nelle memorie dei computer che occorre scavare per raccontare la storia recente dell’uomo. Una visione decisamente aberrante ma al tempo stesso reale, perché i dispositivi elettronici sono diventati parte integrante e, in alcuni casi, anche la scatola nera delle nostre vite.
Nato per risolvere problemi numerici, il calcolatore elettronico ha fedelmente servito e progressivamente alimentato l’ideologia di una società in cui tutto è quantificabile. Rapporti sociali, economici – si potrebbe dire le nostre stesse vite – vengono importati da una fitta rete di sensori, digitalizzati, organizzati, analizzati, elaborati da sofisticati software, trasformati in nuovi oggetti numerici che vengono trasferiti, importati e riprocessati in una continua, muta dialettica di ingressi e uscite.
Alcune delle opere esposte sono interattive: tra queste, il 10 PRINT, un programma di ricostruzione che permette allo spettatore di generare un labirinto infinito. Modificando le funzionalità, inoltre, è possibile creare innumerevoli varianti del codice e stratagemmi più complessi. Per gli amanti della Apple, compagnia che ha totalmente rivoluzionato la tecnologia, invece, l’opera Macintosh Icons permetterà di esplorare il primo ambiente operativo del Macintosh e vedere anche le firme del Macintosh Team incise all’interno del case dei primi modelli.
L’opera più affascinante, tuttavia, è SCHOTTER, la ricostruzione software di un sistema che veniva usato nei vecchi Siemens 4004. Il sistema Schotter, che letteralmente significa ghiaia, genera numerosi disegni che portano progressivamente dall’ordine al caos. I visitatori potranno azionare il sistema, generare un nuovo plot ed estrarre il foglio, portando via con sé un pezzo di storia della computer art. L’esposizione, dunque, non è solo per gli amanti dell’informatica e della tecnologia ma anche per coloro che sono interessati a scoprire come è nato tutto ciò che per noi oggi è normale.
La mostra, che è a ingresso libero, durante il periodo di permanenza offre anche un calendario di serate a tema e dibattiti giornalieri consultabili sul calendario eventi del sito: www.binart.eu