«Ricordo, come mi hanno detto tanti siciliani, che il 90% delle ferrovie in Sicilia è a binario unico e la metà dei treni viaggia a gasolio, quindi io non vorrei spendere qualche miliardo di euro per un ponte in mezzo al mare quando poi i treni non ci sono. Ci sono parecchi ingegneri che dicono che non sta in piedi»: a parlare così era Matteo Salvini prima della metamorfosi da uomo no-ponte a uomo del ponte appena sei anni dopo, una delle tante mutazioni del Vicepresidente del Consiglio e Ministro dei Trasporti, del caos ferroviario e dei treni che non viaggiano in orario come quando c’era lui. Un leader della Lega che forse non vedremo più baciare rosari e ostentare madonne e crocifissi dopo gli attacchi al governo dei vescovi italiani per l’autonomia differenziata.
Certamente non il solo, Salvini, ad affermare il contrario di quanto dichiarato appena qualche tempo prima, in buona compagnia, ad esempio, della Presidente del Consiglio anti-europeista dieci anni or sono – «Noi vogliamo uscire dall’euro: e se pensate che questo sia un problema per l’euro, allora convinceteci a rimanere» – poi convertitasi appena giunta a Palazzo Chigi. Entrambi bravi allievi del maestro delle smentite del giorno dopo, quell’ex Cavaliere degli anni dell’allegra compagnia, dei Family Day capaci di richiamare in Piazza San Giovanni mogli, mariti, compagni e compagne, amanti, tutti uniti in un unico motto – difendere la famiglia tradizionale – a cui ancora oggi gli eredi di quella stagione dovrebbero tenere fede. Non siamo tra i seguaci di Adinolfi e Pillon né, tantomeno, interessati alle vite private dei componenti dell’esecutivo, ma un minimo di coerenza da chi ha la responsabilità del Paese riteniamo sia lecito pretenderlo.
Questa torrida estate, comunque, non ha offerto soltanto l’ennesimo teatrino della famiglia allargata al governo, delle vacanze e dei rientri annunciati con video di dubbia sobrietà istituzionale, smorfie e macchiette, ma anche l’ormai consueta parata di alte cariche dello Stato e dell’economia che si ripete ogni anno, organizzata da quella che don Gallo definiva Comunione e Lottizzazione. Quella, per intenderci, che ha avuto tra i suoi elementi di spicco Roberto Formigoni per diciotto anni alla presidenza della Regione Lombardia, parlamentare ed ex vicepresidente di Forza Italia condannato a cinque anni e dieci mesi per corruzione.
Un’estate affatto divertente per gran parte degli italiani, alla ricerca di spiagge libere sui circa ottomila chilometri di coste occupate in prevalenza da concessionari padroni del mare a costi irrisori per loro ma proibitivi per le famiglie, sempre più lobby tutelata dalla politica che ignora i termini fissati dall’Europa per le scadenze delle concessioni attuali e le relative gare da espletare. In perfetto stile italiano, il governo sembra stia studiando una proroga fino a cinque anni per poi mandarle a gara con un indennizzo in base al valore aziendale. E, così, la categoria dei balneari è servita.
Estate calda, caldissima, anche in casa PD e 5 Stelle. E non poteva non surriscaldare il clima dem lui, l’irrequieto signore 2% capace di far pesare l’esigua percentuale scatenando in quel Partito Democratico, attaccato sistematicamente, una nuova frattura, favorita anche dai lunghi silenzi della segretaria Schlein che contrappone i sostenitori di un’alleanza con l’ex Matteo Renzi a chi non intende neanche aprire un dibattito su tale ipotesi. Ipotesi sciagurata, questa, che metterebbe in crisi l’eventuale accordo con i pentastellati, anch’essi impegnati a individuare un percorso che non favorisca un’eventuale rottura con il padre padrone del MoVimento.
Immancabile il colpo di scena con l’improvvisa apparizione dell’ex capo politico e leader del suo nuovo partito fallito sul nascere che, dall’alto della sua prestigiosa carica, lancia segnali contro l’ex Premier oggi alla guida del MoVimento. Un misero tentativo di ingraziarsi quella parte propriamente grillina che potrebbe tentare una scissione assistita o, meglio, pilotata.
Un campo largo, dunque, in crisi ancor prima di tentare di uscire allo scoperto. Una crisi di identità dei rispettivi partiti e la mancanza di quel decisionismo politico necessario che l’ha fatta sempre da padrona in particolare nel Partito Democratico e che anche l’attuale segreteria non sembra aver abbandonato.
Ad agitarsi nella politica italiana, però, non è la sola mina vagante renziana, ma anche quelle oltre 500mila firme per il referendum abrogativo per l’autonomia differenziata che potrebbe sconvolgere la tranquillità dell’esecutivo nonostante l’aria incurante della Presidente e del Ministro Calderoli, probabilmente dimentichi della fine ingloriosa dell’ex Premier in analoga esperienza. Questa volta, contrariamente al altre simili iniziative, quella contro la legge del leghista e soci è molto sentita e partecipata per la pericolosa deriva a cui potrebbe portare in un’Italia già troppo divisa tra mille contraddizioni e ingiustizie territoriali.
Un’estate caldissima che non credo si esaurirà con una breve rinfrescata della sola natura, una lunga stagione che potrebbe riservare molte sorprese durante la quale ciascuno dovrà fare la propria parte per salvare il salvabile di questo martoriato Paese.