Quando si parla di storia dell’arte, di solito intendiamo quella disciplina che si occupa di studiare la nascita e l’evoluzione di un’espressione artistica, analizzando iconograficamente e stilisticamente un’opera e contestualizzandola in un determinato periodo storico. La comprensione di un’opera d’arte è dunque strettamente collegata al contesto sociale, variando in base a usi e costumi. E come nel tempo si trasforma la cultura, a trasformarsi è altresì la morale.
Arte e tabù hanno camminato a braccetto per tutto il corso dei secoli. Sebbene possa sembrare qualcosa di fortemente legato all’arte contemporanea a causa della volontà spesso provocatoria degli artisti odierni e del sempre più dilagante – nonché travisato – fenomeno del politically correct, tabù e censura esistono dai tempi dei tempi, spesso sorprendendo per la rivoluzione di allora ma l’attualità che ancora certe opere conservano.
Non è possibile parlare di arte e tabù e non pensare al pittore che ha fatto più discutere e continua a far parlare tutt’oggi: Gustave Courbet. Da sempre incompatibile con le regole accademiche, il suo Il Sonno (Le Sommeil), 1866, fu tenuto nascosto a lungo poiché rappresentava una scena di lesbismo molto esplicita. Ma l’opera che più di tutte sconvolse fu ovviamente L’Origine del mondo (L’Origine du monde), sempre 1866. Il dipinto mostra in primo piano e con incredibile realismo la zona pubica di un torso femminile. Al contrario di ciò che si pensa ancora oggi, i curatori del Musée d’Orsay di Parigi, dov’è esposto, ci tengono a precisare che non si tratta di pornografia, sebbene a lungo sia stato esposto con un panno sulla zona più intima (praticamente tre quarti del dipinto).
L’opera è resa secondo uno studio accurato dell’anatomia e del tonalismo dell’incarnato umano, rendendola quindi un potente esempio di abilità tecnica. Courbet è ricordato come il fondatore del Realismo, definito da lui stesso come una conclusione umana che risvegliava le forze proprie dell’uomo contro il Paganesimo, l’arte greco-romana, il Rinascimento, il Cattolicesimo, gli dèi e i semidei; insomma, contro l’ideale convenzionale. Inoltre, cosa non da poco, negli anni in cui dipinse L’Origine del mondo, iniziavano a diffondersi le prime immagini fotografiche erotiche. Si tratta perciò di una provocazione che risulta efficace ancora oggi, fulcro di incessanti diatribe su quale sia il limite perché qualcosa possa essere definito arte. Basti pensare che gli algoritmi di svariati social, ad esempio Facebook, continuano a riconoscerla come immagine pornografica.
Oggi è noto come il padre spirituale dell’Impressionismo, ma Édouard Manet ha rappresentato un personaggio assolutamente scomodo per la società borghese del tempo, censurato e ostracizzato come pochi. La sua Colazione sull’erba (Le Déjeuner sur l’herbe), dipinto del 1863, fu accolta da pesanti critiche ed espulsa dal Salon dell’epoca.
Mostrava, infatti, un paesaggio al cui interno erano presenti una donna nuda seduta, due uomini borghesi accanto e un’altra donna in secondo piano nell’atto di bagnarsi. Sebbene la storia dell’arte sia praticamente straripante di nudi, a suscitare scandalo fu proprio la nudità della donna in primo piano e il motivo era uno solo: l’attualizzazione del tema. Non erano divinità o figure mitologiche ma persone borghesi, abbigliate secondo la moda del tempo. Ognuno che osservava quel quadro, dunque, poteva riconoscersi o riconoscere la propria compagna. Era un affronto alla morale sotto ogni punto di vista. Nemmeno la tecnica scelta da Manet si salvava: fu contestata l’assenza di prospettiva – la donna in secondo piano è troppo più grande rispetto agli altri personaggi –, di linea di contorno e l’uso inappropriato dei colori.
Un altro dei grandi tabù nell’arte è senza dubbio quello della disabilità. Marc Quinn è un artista britannico contemporaneo che ha spesso trattato di disabilità all’interno delle sue sculture. In particolare, la sua celebre Alison Lapper Pregnant (2005) mostra una nota modella e artista nata con una deformazione congenita, la focomelia, che la priva di braccia e gambe. Quinn la rappresenta incinta, nuda e in marmo bianco, conferendole quella dignità tipica delle sculture greco-romane e ponendo un’interessante riflessione sui concetti di bellezza e perfezione, spesso attribuiti a sculture oggi ritrovate mutile dal tempo. Inutile dire che l’opera, come molte altre di Quinn, non è stata del tutto apprezzata, ritenuta eccessiva e accusata di spettacolarizzazione della disabilità.
Abbiamo poi già parlato del pittore austriaco del primo Novecento Egon Schiele, uno degli artisti ritenuti più scandalosi e immorali della storia dell’arte. Il talentuoso pupillo di Klimt aveva uno stile assolutamente fuori dagli schemi, ritraendo perlopiù giovanissime ragazze nude e in pose ammiccanti, nella ricerca costante dell’erotismo più onesto del corpo umano – non solo quello femminile – nell’arte. La sua pittura era ritenuta orribile pornografia, indecente e disturbante e nel 1912 fu addirittura arrestato con l’accusa di rapimento e violenza su una quattordicenne, accuse poi rivelatesi infondate. Il problema era la cosiddetta pornografia, l’elevato erotismo che schiaffeggiava i puritani dell’epoca.
E qui, direte voi, erano pur sempre i primi del Novecento, oggi è diverso. Sbagliato. Sembrerà assurdo ma, nel 2018, appena cinque anni fa, alcuni manifesti realizzati dall’Ente del turismo di Vienna per promuovere in Europa alcune mostre di Schiele sono stati rifiutati o pixelati nei genitali dei soggetti. Mostravano due sue note opere, Ragazza con calze arancioni e Nudo maschile seduto. La città di Vienna ha così deciso di proseguire la campagna utilizzando la censura come provocazione, distribuendo i manifesti con un banner centrale – andava a coprire dunque proprio le zone intime – e la scritta Sorry, 100 years old but still daring today, cioè Scusate, risalgono a cento anni fa ma sono troppo audaci ancora oggi. #ToArtItsFreedom.
Artista sovversiva ed esponente del Nouveau Réalisme, Niki de Saint Phalle realizzò nel 1966, per il Moderna Museet di Stoccolma, un’opera che fu oggetto di pesanti controversie. Hon/Elle è una gigantesca scultura a forma di donna incinta, una Nana, come le chiama lei, di circa sei metri di altezza, ventotto di lunghezza e nove di larghezza. È possibile entrarvi all’interno, dove si trovano una galleria d’arte fittizia, un bar e un planetario ma ciò che scandalizzò fu che l’accesso e l’uscita avvenivano attraverso la vagina, come una fecondazione e una rinascita continue. L’opera fu costruita in segreto – solo Pontus Hulten, direttore del museo, ne era a conoscenza – per restare esposta tre mesi, fino alla sua distruzione. Poiché accolse più di centomila visitatori, fu definita la più grande puttana del mondo. L’artista però ha sempre avuto l’obiettivo di celebrare la Dea Madre e la femminilità, soprattutto visto il periodo storico in cui si diffondevano i vari movimenti femministi.
L’epico scontro tra moralmente accettabile e libertà di espressione, forse, non avrà mai fine e mentre i DNA vengono modificati e i test di gravidanza ti dicono non solo se sei incinta ma anche di chi, l’arte è ancora costretta a umiliazioni e ostracismi. Il vero scandalo è leggere nel 2023, dal mio smartphone di ultima generazione, della professoressa Hope Carrasquilla, insegnante alla Tallahassee Classical School in Florida, licenziata dopo aver mostrato la statua del David di Michelangelo durante una lezione sull’arte rinascimentale. Alcuni genitori credevano fosse pornografico, ha detto in un’intervista.
Ci si domanda spesso quale sia la correlazione tra arte e tabù. La verità è forse riconducibile alla percezione. Se un argomento è percepito come scomodo, magari non per forza la cosa va vista come qualcosa di negativo. Magari è l’occasione per affrontare tale scomodità e vederla come uno scorcio apertosi per osservare la realtà senza filtri o da altri punti di vista.
L’arte ha purtroppo subito più censure di qualsiasi altro settore, per argomenti quali sesso, diversità e femminilità in generale. Tra i motivi vi è senz’altro la capacità dell’arte di tradurre ogni cosa in un linguaggio universale, facilmente accessibile alle masse e questo fa paura. Perché, la storia ce lo insegna, rendere tante persone consapevoli, aperte, libere, scettiche, significa solo una cosa per alcuni: renderle pericolose.