La maxi-operazione di ieri, condotta dalle forze dell’ordine dirette dalla Procura di Catanzaro del Procuratore Nicola Gratteri, che ha determinato gli arresti per 334 persone nel vibonese, in seguito all’indagine Rinascita-Scott, potrebbe aver cambiato la storia della Calabria in maniera decisiva. La straordinaria azione di contrasto alla ‘ndrangheta avviene appena nove giorni dopo la serata evento del PAN di Napoli – organizzata da questo giornale –, quando il giornalista Antonio Talia, in compagnia del Sindaco della città, Luigi de Magistris, aveva raccontato i rapporti tra la criminalità organizzata calabrese e l’economia del mondo intero, riassunti nel libro Statale 106 (minimum fax).
A finire in manette, imprenditori, professionisti, politici, persino rappresentanti dello Stato, come il comandante della polizia municipale di Pizzo e l’ex comandante del reparto operativo dei carabinieri di Catanzaro, Giorgio Naselli, a conferma del fatto che la mafia della regione continentale più a sud del Paese sia la più subdola e difficile da contrastare. Tra i nomi illustri intercettati dal PM risulta anche l’avvocato Giancarlo Pittelli, ex parlamentare della Repubblica e coordinatore regionale di Forza Italia, non nuovo a chi conosce e ha seguito le vicende legate a Luigi de Magistris, in riferimento al periodo in cui l’attuale Primo Cittadino partenopeo occupava il ruolo oggi ricoperto da Gratteri.
«Negli arresti in Calabria leggo di fatti e persone che furono anche oggetto di alcune delicatissime inchieste di cui ero titolare. […] Nell’ottobre dello stesso anno, mentre mi accingevo a scrivere le misure cautelari, mi fu avocata illecitamente anche l’inchiesta Why Not, in cui erano indagati, tra i tanti, sia Pittelli che Nicola Adamo», il Sindaco di Napoli ha affidato ai canali social il suo sfogo.
Una rivalsa già conquistata dallo sviluppo delle inchieste successive a Why Not – per qualche motivo lasciate passare sotto traccia dai principali quotidiani locali e nazionali – e avvaloratasi nella mattina di ieri. «Il Consiglio Superiore della Magistratura invece di tutelare chi indagava su corruzioni e criminalità organizzata, mi tolse le funzioni di pubblico ministero e mi trasferì per incompatibilità ambientale, con un procedimento disciplinare rapidissimo e surreale. Ero incompatibile con un ambiente mafioso che invece si è lasciato operare per dieci anni. Una vergogna di Stato con mandanti ed esecutori ai vertici delle istituzioni». (video in esclusiva Mar dei Sargassi – PAN, 10 dicembre 2019)
A distanza di oltre dieci anni, il lavoro avviato da de Magistris trova compimento e giustizia. Giancarlo Pittelli è stato tratto in arresto per associazione mafiosa e Nicola Adamo è destinatario della misura cautelare del divieto di dimora. Nessuno chiederà scusa all’ex magistrato la cui toga ancora batte orgogliosa sotto la fascia tricolore che indossa, oggi, a Palazzo San Giacomo, tuttavia il blitz del 19 dicembre permette al Sindaco un’ultima, amara considerazione che – alla luce di quanto emerso proprio in occasione dell’incontro per Statale 106 – sentiamo di condividere. «Siamo stati fermati da quelli che ci dovevano coprire le spalle. La magistratura negli anni ha accertato la correttezza del mio operato e ha verificato le attività illecite commesse ai danni miei e dei miei più stretti collaboratori. Nessuno mai ci restituirà quello che ci è stato scippato. Oggi, però, è un giorno buono. Lo dedico a quelli che con me non mollarono mai pur pagando un prezzo professionale e umano devastante».
Abbiamo, allora, raggiunto ancora una volta il giornalista e scrittore di origini calabresi Antonio Talia, autore del volume Statale 106, per farci raccontare, come nessun altro potrebbe, cosa è accaduto ieri in Calabria e che valore ha per il presente e il futuro di quella terra.
Antonio Talia, partiamo dal principio, dalla tua indagine Statale 106 pubblicata per minimum fax. Di cosa si tratta?
«Statale 106 è un reportage narrativo sulla ‘ndrangheta. Ho pensato che il modello del reportage narrativo, che si prende i suoi tempi e indaga a fondo su fatti, cause e personaggi, fosse la chiave migliore per raccontare il fenomeno ‘ndrangheta in tutta la sua complessità, dato che parliamo di un’organizzazione criminale con una lunga storia alle spalle e una struttura molto articolata. Volevo risalire alla sorgente del fenomeno, che va rintracciata appunto sulla Statale 106, e poi raccontare come dalla Calabria la ‘ndrangheta si è diffusa nel mondo».
In che modo gli arresti della giornata di ieri sono collegati a Statale 106?
«I Mancuso di Limbadi, la cosca colpita dagli arresti dell’operazione Rinascita-Scott di ieri, sono localizzati sulla costa tirrenica, quindi sul lato opposto della Calabria rispetto alla Statale 106. Eppure i legami ci sono, sia direttamente che indirettamente: uno degli arrestati, ad esempio, è Orazio De Stefano, un boss di Reggio Calabria che intratteneva forti rapporti sia con la Jonica che con la Tirrenica. Inoltre, tutti questi affiliati seguono un’unica legge criminale, ossia quella del cosiddetto Crimine di Polsi: proprio in questa indagine sono stati trovati i cerimoniali per la promozione al grado di trequartino, uno dei più importanti».
Tra i coinvolti risultano imprenditori, colletti bianchi, politici, persino rappresentanti dello Stato, come il comandante dei vigili urbani di Pizzo. Quando hai presentato il tuo libro qui a Napoli, il Sindaco Luigi de Magistris, ex magistrato a Catanzaro, ha detto che la pericolosità del sistema criminale calabrese sta proprio nelle infiltrazioni tra funzionari, forze dell’ordine, persino giudici e magistratura. Qual è la tua esperienza in merito?
«La mia esperienza deriva soprattutto dallo studio di indagini precedenti e poi dalle percezioni personali di un calabrese che è cresciuto in Calabria e riesce a decifrare certi sottintesi del contesto. Quello che emerge è un problema di classe dirigente: le classi dirigenti calabresi – tranne ovviamente molte eccezioni – hanno deciso di consegnarsi coscientemente mani e piedi alla mentalità ‘ndranghetista, e la ‘ndrangheta le ripaga mantenendo una situazione di stasi nella quale si cooptano solo i peggiori e chiunque è fuori da certe reti di influenza è destinato a sparire».
A riprova di ciò, il PM Nicola Gratteri ha dichiarato di aver dovuto anticipare il blitz di 24 ore a causa della fuga di notizie.
«Appunto, parliamo di collusioni e sovrapposizioni tra società e criminalità».
Gli arresti sono avvenuti non solo in Calabria, ma in diverse regioni italiane, e persino in Germania, Svizzera e Bulgaria. In Statale 106, parli proprio di questo, di come la ‘ndrangheta sia una metastasi estesa ormai ovunque nel mondo.
«Noi calabresi siamo un popolo di emigranti e, purtroppo, tra tanti lavoratori trapiantati in Canada, o in Australia o in Germania, si sono nascosti elementi affiliati alla ‘ndrangheta. In alcune nazioni come Canada o Australia queste persone sono già alla quarta generazione, eppure mantengono sempre rapporti stretti con la Calabria e con le sue centrali criminali».
Il maxi-blitz di ieri ha davvero indebolito la ‘ndrangheta? Quale può essere un prossimo passo in questa direzione?
«Questo possono dirlo solo gli inquirenti, ma di sicuro 300 arresti sono un brutto colpo. Secondo me, però, oltre alla prevenzione è fondamentale l’istruzione: far comprendere che chi si affilia alla ‘ndrangheta fa una vita difficilissima e priva di soddisfazioni, affetti e amicizie, può essere una prima chiave capace di portare alcuni a una nuova consapevolezza».