Anna è il nome che avevo scelto e, per il rispetto della privacy della mia famiglia, resterò “Anna”. Ho amato con tutta me stessa la vita, i miei cari e con la stessa intensità ho resistito in un corpo non più mio. Ho però deciso di porre fine alle sofferenze che provo perché oramai sono davvero intollerabili. Voglio ringraziare chi mi ha aiutata a fare rispettare la mia volontà, la mia famiglia che mi è stata vicina fino all’ultimo. Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere.
Anna, affetta da sclerosi multipla progressiva, muore lo scorso 28 novembre a casa sua, a Trieste, a seguito dell’auto-somministrazione di un farmaco letale. Il farmaco e la strumentazione sono stati forniti dal servizio sanitario nazionale. Un medico individuato dall’ASL, su base volontaria, ha provveduto a supportare l’azione richiesta nell’ambito e con i limiti previsti dall’ordinanza cautelare pronunciata dal Tribunale di Trieste, quindi senza intervenire direttamente nella somministrazione del medicinale, azione che è rimasta di esclusiva spettanza di Anna.
La forma progressiva di sclerosi multipla è caratterizzata da una graduale ma irreversibile perdita delle capacità funzionali, in particolare della possibilità di deambulare autonomamente, a causa di degenerazione e successiva distruzione delle fibre nervose. Nella fase tardiva o avanzata, è possibile che compaiano simultaneamente sintomi multipli di SM e si verifichi una significativa compromissione fisica.
I sintomi della SM in fase avanzata includono: difficoltà respiratorie; aumento della predisposizione alle infezioni toraciche (respiratorie); gravi disturbi alla vescica e all’intestino; difficoltà di deglutizione; rischio di formazione di coaguli pericolosi; piaghe da decubito dovute alla mancanza di mobilità; stato confusionale e disorientamento aggravati; aumento dei livelli di dolore; paralisi e spasmi muscolari; mancanza di coordinamento (atassia).
Molti di questi sintomi sono gli stessi di altre forme di sclerosi multipla. Tuttavia, la differenza è che nella SM in fase avanzata è possibile che alcuni compaiano simultaneamente, risultando difficili da trattare per i dottori.
Anna è la prima persona malata che ha visto riconoscere, da parte del personale medico incaricato di effettuare le verifiche sulle condizioni, che l’assistenza continua alla persona è assistenza vitale, così come la dipendenza meccanica non esclusiva garantita attraverso l’impiego di supporto ventilatorio (CPAP) nelle ore di sonno notturno.
Dopo aver atteso un anno dalla sua richiesta, dunque, Anna è la prima italiana ad aver completato la procedura prevista dalla Consulta con la sentenza Cappato-Antoniani con l’assistenza diretta del SSN, a seguito dell’ordine del Tribunale di Trieste. Nonostante la possibilità di ottenere questo tipo di aiuto, il servizio sanitario non garantisce tempi certi per effettuare le verifiche e rispondere alle persone malate che hanno diritto di porre fine alla propria vita.
L’accesso alla morte volontaria assistita in Italia, in assenza di una legge nazionale che regolamenti l’aiuto alla morte, è regolamentata dalla sentenza numero 242 del 2019 della Corte Costituzionale sul caso Cappato-Antoniani. La sentenza ha legalizzato l’accesso alla procedura ma solo a precise condizioni di salute delle persone. Questi requisiti, insieme alle modalità per procedere, devono essere verificati dal servizio sanitario nazionale, come previsto dalla legge sulle DAT agli articoli 1 e 2 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, 219/17), previo parere del comitato etico territorialmente competente.
I requisisti includono persone maggiorenni affette da patologie irreversibili con gravi sofferenze fisiche o psicologiche. Persone pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli, tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale.
Coloro che intendono interrompere la propria vita rimangono, tuttavia, in attesa di ASL e Comitati Etici. Questi organi territoriali per svolgere le loro funzioni di verifica delle condizioni, possono impiegare molti mesi. È un tempo che tanti, bisognosi di essere aiutati a morire, non hanno. Pensiamo al diniego ricevuto in Regione Lazio da Sibilla Barbieri, dipendente da trattamenti vitali ma costretta a morire in Svizzera.
L’Associazione Luca Coscioni sta raccogliendo firme per delle proposte di legge regionali che garantiscano il percorso di richiesta di “suicidio” medicalmente assistito e i controlli necessari in tempi certi, adeguati e definiti. Dopotutto, un recente sondaggio, Osservatorio sul Nord Est, pubblicato dal Gazzettino dice che otto persone su dieci (82%) si dichiarano d’accordo con l’idea che quando una persona ha una malattia incurabile, e vive con gravi sofferenze fisiche, è giusto che i medici possano aiutarla a morire se il paziente lo richiede. Il dato è confermato su tutto il territorio nazionale anche da una seconda rilevazione curata dal Censis. Anche in questo caso i favorevoli sono la maggioranza: il 74% degli intervistati (80% degli elettori di FdI, 79% della Lega, 86% di Forza Italia, 83% del M5S, 88% del PD).
Sosteniamo l’Associazione Luca Coscioni che sta promuovendo su tutto il territorio nazionale la campagna regionale Liberi subito affinché le regioni approvino una legge che introduca tempi e procedure certi per accedere al suicidio medicalmente assistito. Dopotutto, ognuno di noi dovrebbe essere davvero libero di scegliere come andarsene.