Del fenomeno dei transfughi abbiamo già scritto diverse volte, ma quello biblico di Napoli necessita di più di un approfondimento perché, al cospetto, i Razzi e gli Scilipoti meriterebbero persino un plauso. Se il loro potrebbe rientrare in un normale mercato delle vacche, infatti, quello in atto nella città partenopea, invece, è davvero la rappresentazione della degenerazione della politica di questi anni.
«Non chiamateci transfughi», ha riferito uno dei consiglieri in fuga, ma se il dizionario italiano ha ancora un suo fondamento le parole vanno dette nel senso giusto. Transfuga: chi rinnega le proprie idee o un posto di responsabilità e passa alla parte opposta. Il termine, dunque, risulta il più appropriato.
Dopo dieci anni a dirne di cotte e di crude, e in maniera più che giustificata, a quel PD che ha amministrato la città a lungo portandola al disastro amministrativo e sputtanandola nel mondo intero, in particolare per la penosa gestione dei rifiuti che, con i commissariati straordinari, ha sperperato risorse pubbliche lasciando una mostruosa eredità debitoria – tanto che il candidato Sindaco espresso dal Partito Democratico ha condizionato la sua discesa in campo a una significativa riduzione dello stesso da parte dello Stato (che lo ha sempre negato all’Amministrazione, ma si è affrettato ad assicurarlo pur di rimettere la mani sulla città) – gli stessi che aderirono alla rivoluzione arancione uscita vittoriosa per ben due volte dalle urne oggi si offrono al decennale nemico, adducendo motivazioni che nemmeno i Razzi e gli Scilipoti si sono mai spinti ad affermare.
L’aspetto più singolare è che a migrare dall’altra parte della barricata non sono soltanto consiglieri comunali o di municipalità, ma anche assessori che, fino a pochi giorni fa, si suppone abbiano condiviso programmi e amministrato con questa Giunta e ora si affrettano a salire sul carro del candidato Sindaco Manfredi, ex Rettore di quella università che ha un debito milionario con il Comune per la Tari non pagata da tempo.
L’accusa rivolta per la maggiore al movimento del Sindaco è quella di non aver consultato la base per la scelta del suo successore, ma di aver deciso unilateralmente di candidare l’Assessora Alessandra Clemente. Vista la grande fuga verso il tanto odiato Partito Democratico e anche in minima parte verso il centrodestra, però, va dato atto a Luigi de Magistris di averci visto più che bene e di aver tirato le somme sulla qualità e onestà intellettuale della sua squadra. Un’amara conclusione, certo, ma la politica è fatta da uomini, giusti e meno giusti, coerenti e per niente coerenti, di uomini e piccoli uomini, di ideali e di interessi e di altro che il buon Sciascia etichettò in maniera egregia.
Ho accennato, poi, alla fuga verso il candidato Sindaco Catello Maresca appoggiato con forza anche da Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, fughe maggiormente deprecabili per motivi ideologici e di decenza, se ancora contano qualcosa quei valori continuamente calpestati dal leader leghista. Ma, evidentemente, non è proprio così e il movimento pentastellato ne è stato l’antesignano.
La confusione è ancora tanta per la formazione delle numerose liste preannunciate a sostegno dei candidati: da una parte una bella ammucchiata con larga partecipazione di scappati di casa, transfughi, sopravvissuti renziani, il partito di De Luca e quello ufficiale, il compiacente partito del Presidente Conte e non ultimo il solito Mastella; dall’altra, i due principali attori di cui andare fieri, nonostante il magistrato in aspettativa cerchi di fare l’indifferente parlando di una lista civica.
C’è da chiedersi, dunque, quali possano essere le reazioni dell’elettorato, e dei giovani in particolare, rispetto a un tale panorama politico se non disgusto e disinteresse, un motivo in più per aumentare quei numeri dell’astensionismo e del distacco dei cittadini dalla classe politica, a meno che non riconoscano nella giovane candidata Clemente quell’elemento di novità e di continuità di un progetto che con tutte le sue pecche ha scassato un sistema clientelare e di favoritismi per i soliti noti della borghesia napoletana.
Tra poco più di un mese sapremo se la forza vincente sarà quella degli astensionisti o Palazzo San Giacomo vedrà il ritorno di un modus operandi duro a morire: nessun candidato apparentemente nuovo o, come nel caso del centrosinistra, espresso e fortemente voluto da una parte del Partito Democratico, infatti, potrà godere di quella autonomia necessaria per operare scelte giuste nell’interesse della città, tenuto conto del momento in cui risorse importanti arriveranno nelle casse comunali e l’attenzione sarà al settimo cielo da parte di quanti intenderanno metterci le mani.
È ancora troppo presto per fare previsioni. Nei prossimi giorni, a rientro completo dalle vacanze, si moltiplicheranno gli appelli a sostegno di candidature di qualsiasi tipo, comincerà la caccia agli elettori, ma difficilmente riusciremo a capire quale il modello di città e quali le differenze tra le singole proposte. Nel frattempo, sarebbe consigliabile dare uno sguardo ai trascorsi dei vari candidati e al lavoro fatto per la città, sia come maggioranza che come opposizione, con un occhio particolare ai Razzi e agli Scilipoti di casa nostra, valutandone soprattutto la coerenza.