Fino al 10 aprile 2023, le Scuderie del Quirinale di Roma, luogo storico e sede di importanti eventi culturali, ospiteranno la mostra Arte Liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, dedicata alle opere d’arte messe in salvo settanta anni fa, agli esordi del secondo conflitto mondiale.
Questa storia ha infatti inizio nel 1939, con quella che oggi definiamo operazione salvataggio e che prevedeva di spostare le opere d’arte mobili al di fuori dei centri urbani e la protezione in loco dei beni che non potevano essere mossi. L’allora Ministro dell’Educazione Giuseppe Bottai stilò dunque tre liste: una riguardava i capolavori, un’altra le opere di serie b e un’altra ancora quelle ritenute sacrificabili. Poiché era chiaro che non tutto potesse essere salvato, il dilemma stava proprio in cosa scegliere.
Parliamo di un numero considerevole di opere tra sculture e dipinti che sarebbero andate incontro a distruzione certa se non fosse stato per la passione, l’amore e la lungimiranza dei cosiddetti Monuments Men (e Women). Vari responsabili di musei e funzionari dell’amministrazione delle Belle Arti, donne e uomini, i quali scelsero di difendere un pezzo del patrimonio artistico-culturale italiano, contro la barbarie e le violenze della guerra.
Fra questi, ricordiamo con orgoglio, ad esempio, Giulio Carlo Argan, noto intellettuale, critico d’arte e politico italiano, o Palma Bucarelli, critica e storica dell’arte e museologa. O ancora Emilio Lavagnino, che elaborò una proposta per musealizzare il palazzo del Quirinale, Vincenzo Moschini, Pasquale Rotondi, Fernanda Wittgens – prima donna direttrice della Pinacoteca di Brera e oggi riconosciuta come Giusta tra le Nazioni –, Noemi Gabrielli, Aldo de Rinaldis, Bruno Molajoli, Francesco Arcangeli, Jole Bovio e Rodolfo Siviero. Tutte personalità che scesero in prima linea ma con le armi della cultura, che furono allontanate dai propri impieghi a causa del loro rifiuto di aderire alla Repubblica di Salò, che lottarono per un interesse comune, rendendosi fiere portavoci di un’incredibile impresa di salvaguardia.
Curata da Luigi Gallo e Raffaella Morselli e in collaborazione con la Galleria Nazionale delle Marche, l’ICCD (Istituto centrale per il catalogo e la documentazione) e l’Archivio Luce – Cinecittà, l’esposizione prevede oltre cento capolavori riuniti grazie alla collaborazione di quaranta musei e istituti, assieme a un ampio panorama documentario, fotografico e sonoro che fanno da cornice perfetta per questa insolita galleria. «È una mostra di storie», ha detto il presidente delle Scuderie del Quirinale Mario De Simoni introducendo Arte Liberata, «Storie di donne, di uomini, di opere d’arte protette, salvate, perse e recuperate. Il racconto della tutela in tempo di guerra resta un monito sui rischi che corre il patrimonio artistico, messo in salvo dagli interpreti di una vera e propria epopea».
Arte liberata si sviluppa su tre filoni narrativi ben precisi: Le esportazioni forzate e il mercato dell’arte, Spostamenti e ricoveri, La fine del conflitto e le restituzioni. Una delle celeberrime opere presenti nel percorso espositivo e che apre lo stesso è il Discobolo Lancellotti (così chiamato per aver fatto a lungo parte della collezione privata della famiglia Lancellotti) del II sec. d. C., conservato nel Museo Nazionale Romano. Si tratta della replica romana più fedele e meglio conservata di uno dei più grandi e stimati capolavori dell’antichità: il Discobolo in bronzo dello scultore greco Mirone (450 a.C. circa), che raffigura un atleta in tensione, nell’attimo precedente il lancio del disco.
Facente parte del filone Le esportazioni forzate e il mercato dell’arte, questa splendida scultura fu ceduta da Benito Mussolini e dall’allora Ministro degli Esteri Galeazzo Ciano per compiacere la pomposa bramosia di Adolf Hitler, affiancato dal suo principale luogotenente Hermann Göring. Pare che il duce la ritenesse un esempio canonico di perfezione, necessario per la propria narrazione propagandistica. Nonostante il veto della soprintendenza italiana, dopo la stipulazione dell’Asse Roma-Berlino del 1936, l’opera dovette lasciare obbligatoriamente il territorio italiano, finendo nella Gipsoteca di Monaco di Baviera fino al 1948. Grazie alla scaltrezza di Rodolfo Siviero, incaricato dall’Italia di trattare con il Governo Militare Alleato in Germania il rientro delle opere d’arte, il Discobolo tornò sano e salvo in patria, dando la possibilità ai visitatori di ammirarlo ancora oggi.
L’esposizione prosegue con opere del calibro della Santa Palazia di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino, i ritratti di Alessandro Manzoni, la Madonna con bambino e angeli detta Madonna di Senigallia (1474 circa) di Piero della Francesca, varie opere custodite nella Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, quali la Crocefissione di Luca Signorelli o l’Immacolata Concezione di Federico Barocci (1575 circa).
A Siviero si deve anche il rientro della splendida Danae di Tiziano Vecellio (1544-1545), attualmente ubicata a Napoli, al Museo e Real Bosco di Capodimonte, che chiude l’emozionante mostra. Nel dipinto è narrato il mito di Danae, figlia di Acrisio. Poiché un oracolo gli aveva predetto che sarebbe stato ucciso da un suo nipote, Acrisio rinchiuse la figlia in una torre di bronzo, così da impedirle di procreare. Ma Giove, trasformatosi in una pioggia d’oro, si congiunse alla donna, dando alla luce il mitico Perseo. Tiziano sceglie di rappresentare Danae con estrema sensualità, con le sembianze, forse, di Angela, amante del cardinale Alessandro Farnese, suo committente. Spicca l’uso delicato e naturale del colore che attualizzava in maniera sconveniente la donna. Ovviamente la censura arrivò rapida e l’opera finì al cosiddetto Gabinetto dei quadri osceni del Real Museo Borbonico. In seguito fu razziata dalle truppe tedesche a Capodimonte e donata a Göring che la volle nella propria camera da letto, in un palazzo poi distrutto.
Assieme al percorso museale, Arte Liberata prevede anche una serie di eventi collaterali, svolti sempre alle Scuderie del Quirinale, come un ciclo di conferenze per approfondire le tematiche della mostra. Un team di esperti, storici dell’arte, archeologi, documentaristi e protagonisti del recupero delle opere trafugate fa da portavoce nel racconto delle vicende dei soprintendenti, attraverso varie testimonianze degli eredi e di chi continua tutt’oggi a prodigarsi per il recupero e il restauro del patrimonio artistico e archeologico nostrano. Sono inoltre previsti dei laboratori per scuole e famiglie al fine di sensibilizzare i più giovani riguardo le tecniche e i metodi migliori per la salvaguardia delle opere d’arte.
Arte Liberata è una mostra necessaria e altresì attuale, che porta alla luce le assurde dinamiche e i meccanismi del mercato dell’arte durante la dittatura fascista e nazista, un momento drammatico ma fondamentale per la creazione di una nuova coscienza civica, specialmente in riferimento agli attuali sforzi in atto per salvaguardare il patrimonio ucraino. Un invito a riscoprire un pezzo del tesoro artistico e culturale italiano, fortunatamente sopravvissuto e che merita di essere ricordato. Ma soprattutto un omaggio a persone che non si sono arrese, coscienti del valore educativo e comunitario dell’arte.