L’adozione va al di là del desiderio di avere un figlio. C’è un minore che aspetta, ma ci sono anche due adulti che vivono nel mondo. Le decisioni personali hanno una loro valenza a livello pubblico e sociale. Encomiabile la disponibilità ad accogliere un bambino solo, ma quando facciamo le nostre scelte dovremmo interrogarci sugli effetti, sul depauperamento del Paese di origine di quel bambino, solo per fare un esempio. È stato uno dei primi insegnamenti che ho appreso avvicinandomi al mondo dell’adozione tanti anni fa. Questi temi li trattavano genitori che si confrontavano sui social. Forse il livello di confronto era più alto?
È molto difficile parlare di adozione in questo momento storico: blocchi delle adozioni nei Paesi in guerra; stop degli arrivi in Italia per motivi sanitari causa Covid; cambio delle normative dell’iter adottivo internazionale in Paesi in cui stanno imparando a tutelare i loro bambini, il bene più prezioso per una nazione; calo demografico in alcune aree del mondo penalizzato ulteriormente dall’uscita dei più piccoli, la componente più importante della comunità; traffico di minori…
Quello che i gruppi di figli adulti adottati denunciano per gli anni Quaranta/Cinquanta/Sessanta, mi riferisco ai bambini italiani di famiglie in difficoltà nel periodo post-bellico adottati in Italia da famiglie benestanti o addirittura esportati in Paesi diversi, adesso sta succedendo in altre parti del mondo. Non tutte le mamme che lasciano sono cattive. Ad alcune mancano i mezzi o sono relegate in uno stato di analfabetismo della vita che le ha rese incapaci di seguire i loro molteplici figli. Per fortuna la normativa italiana sull’adozione è severa, potremmo affermare che è una delle più serie al mondo e integra forme di sussidiarietà importanti per tutelare i minori nel loro Paese. Possiamo incavolarci per le lungaggini burocratiche in certi casi davvero esasperanti, dall’altro, però, si presume (quantomeno si spera) una maggiore attenzione al minore. Non sempre le due cose vanno in parallelo, purtroppo.
Quello che intendo è che l’adozione non è solo accogliere un bambino in famiglia; l’adozione si innesta in un processo mondiale complesso in cui, ancora una volta, i Paesi ricchi hanno la meglio su quelli poveri. Si rischia di cadere in una sorta di colonialismo indiretto. Di recente una neo mamma mi ha parlato orgogliosa della sua lungimiranza: «Ho studiato bene il Paese di mio figlio, l’ente e i nostri diritti». Lodevole. Peccato che se si fosse recata in un altro continente (o in un altro ente) a due cinquantenni avrebbero abbinato un ragazzino di almeno dieci anni e non uno di cinque. Quindi, si tratta di uno studio a tavolino pro genitori o pro bambino? È andata in quella nazione perché sente un legame con quel Paese o solo perché sono meno severi con gli abbinamenti? Il dubbio mi pare lecito.
Me lo sono chiesta tante volte: parlo così perché ho già una figlia? Perché poco mi importa delle coppie in attesa? La risposta onesta è che in realtà, ancora ignari degli scogli da superare nell’iter adottivo, grazie a queste sollecitazioni sui social che considero tutt’oggi preziose, mio marito e io ci siamo da subito interrogati sull’impatto che avrebbe avuto quel bambino sulla nostra vita, sulla sua ma anche sul suo Paese.
Non è un caso che nel libro Cara adozione 2, appena edito da ItaliaAdozioni, associazione di promozione sociale che cerca di diffondere la cultura dell’adozione e dell’affido in Italia, ci sia un capitolo intitolato Nuove forme di accoglienza per una nuova società. Oltre all’adozione, infatti, ci sono altre modalità quali l’affido e il tutoraggio di minori non accompagnati che possono dare altrettante gratificazioni e allargare la nostra esperienza di vita come adulti. Di questi tempi si sta facendo chiarezza anche sull’ospitalità temporanea dei minori ucraini che non possono essere adottati e che una volta finita la guerra verranno riaffidati alle loro famiglie di origine. Ancora diversa è l’ospitalità dei bambini bielorussi, i noti soggiorni di risanamento al momento bloccati: per un periodo limitato la famiglia ospita minori che potrebbero aver bisogno di accertamenti diagnostici. Mentre nel caso dei bimbi ucraini è necessaria la mediazione del Tribunale dei minorenni, nel secondo caso ci sono associazioni costituite a questo fine, senza mediazione del Tribunale, che non richiedono una preparazione ad hoc per la famiglia, come invece per ospitare i minori ucraini che hanno subito traumi importanti.
Come accennavo, in quanto adulta devo essere consapevole che le mie decisioni non sono staccate dal mondo circostante e che il mondo circostante mi trasmette messaggi che vanno integrati con la mia e le altre esperienze di famiglia. In questo senso, Cara adozione 2 mette al centro la triade adottiva (genitori adottivi, figli e genitori biologici) che viene supportata dal contesto sociale esterno (famiglia allargata, operatori, scuola e società), in un rapporto osmotico continuo e alla pari. Nessuno può evolvere senza l’altro. Il noi prima dell’io.
Il volume raccoglie quarantacinque lettere partecipanti alle diverse edizioni dei Festival delle Lettere tra il 2013 e il 2020 e scritte da genitori e figli adottivi, nonni e zii, giudici, assistenti sociali, psicologi, fino alle madri che hanno dato in adozione il proprio bambino. Danno struttura al testo i pareri degli esperti, la psicologa, la mediatrice familiare, l’assistente sociale, l’avvocato, la docente, l’educatrice e lo studioso dei media che intervengono ognuno a cogliere uno dei tanti aspetti della complessità dell’adozione, quello di loro competenza, per formare un quadro completo.
Il libro è anche corredato da fumetti che alla fine dei sette capitoli sdrammatizzano situazioni che talvolta le famiglie adottive si trovano ad affrontare nella vita di tutti i giorni. Un altro modo per interrogarsi e crescere.
Cara adozione 2 è disponibile solo sul sito di ItaliaAdozioni: è una raccolta fondi a sostegno di progetti che sollecitano l’inclusione di tutti i bambini, italiani e non, a scuola e nella società.
Quello che spero rimanga alla fine di tale lettura sono tre domande rivolte a tutti gli adulti: che cosa faccio io per i minori? Sono un adulto che si prede cura delle nuove generazioni? Mi muovo nel mondo con rispetto?
Contributo a cura di Roberta Cellore