Conclusa da circa sei mesi la campagna elettorale, focalizzata prevalentemente sull’abolizione del reddito di cittadinanza, il partito della Presidente del Consiglio mostra ora il volto buono cercando di camuffare il sussidio come provvidenza da riconoscere realmente ai soli bisognosi. E, quindi, via la vecchia sigla Rdc ed ecco Mia, Misura di inclusione attiva, che trasforma l’originario impegno elettorale dell’abolizione in riduzione degli importi e fissa maggiori restrizioni per l’ottenimento. Un’operazione che il ragionier Fantozzi commenterebbe con il suo Com’è buona Lei. Una forma per recuperare i favori degli aventi diritto convincendoli che alla fine è meglio poco che niente.
L’alibi delle truffe da parte dei non aventi diritto non giustifica di certo un provvedimento così riduttivo e punitivo nei confronti della maggioranza dei percettori che si troveranno a fare i conti con bollette, fitto di casa e spesa alimentare. Gli assegni, infatti, saranno ridotti di oltre il 25% così come ridotto sarà l’ISEE necessario per accedere al sussidio. Una buona notizia per quella parte di imprenditori che lamenta difficoltà nel reperire forza lavoro a causa del Rdc e non di stipendi da 500 euro a nero o magari anche con uno statino paga regolare solo sulla carta, complice la cronica mancanza di controlli dovuta al numero esiguo di ispettori del lavoro. Una situazione ideale per i datori senza scrupolo.
Prevale l’intento punitivo verso i poveri e persistono elementi controversi o inspiegabili. Il criterio degli occupabili è una classificazione che non esiste in nessun altro Paese europeo ed è in contrasto con la recente proposta di raccomandazione UE, firmata anche dall’Italia, che non fa distinzione tra occupabili e non. A parlare così è la sociologa Chiara Saraceno che durante il governo Draghi ha presieduto il comitato scientifico per la riforma del Rdc e ora definisce la manovra “pasticciata”, un compromesso tra quello che avrebbero voluto fare, ovvero l’abolizione del sussidio agli occupabili, e la realtà che impone di tenerlo.
Una riduzione degli importi tesa a recuperare risorse occorrenti per la riforma fiscale annunciata dal Ministro leghista Giorgetti e, non ultimo (nonostante le smentite di Giorgia Meloni), per far fronte alla valanga di danaro occorrente al finanziamento di una guerra nella quale siamo dentro fino al collo? Anche questo provvedimento, come l’improvviso allarmismo sui conti dello Stato, colpa unicamente del Superbonus?
Le domande, e i sospetti, lanciate come frecce infuocate in direzione della forza politica che, seppur con tutte le storture del caso, ha fortemente voluto i due provvedimenti che il precedente governo era in procinto di modificare o, forse, per nascondere la voragine che sempre più sta creando problemi per il sostegno a una guerra che, in mancanza di una svolta, potrebbe far registrare tempi molto lunghi con ulteriori ingenti risorse da impiegare.
Le nostre sono soltanto ipotesi, certamente non troppo fantasiose, le cui verità difficilmente verranno a galla e, quanto accaduto in queste settimane relativamente a comportamenti, azioni e dichiarazioni censurabili di esponenti di governo è la prova evidente di una mutua difesa dell’indifendibile tra i partiti della maggioranza, con l’avallo della responsabile dell’esecutivo che non ha voluto far mancare anche la sua orrida dichiarazione resa a Cutro in occasione della farsa del Consiglio dei Ministri nel luogo della tragedia: Dare il messaggio per cui non conviene entrare illegalmente in Italia, pagare gli scafisti e rischiare di morire.
Una guerra ai fragili per la quale il quotidiano la Repubblica, in un riquadro esplicativo dei nuovi criteri di attribuzione della carta Mia, ha scritto: Per ottenere la carta Mia e l‘accredito dei soldi, il povero deve sottoscrivere online. Non c’è che dire: il giornale del direttore Molinari si è adeguato al linguaggio del clima politico che stiamo vivendo.
Il provvedimento aumenterà le povertà mettendo in ulteriore difficoltà famiglie già provate dalla mancanza di lavoro regolarmente retribuito, mentre in questi giorni un altro rapporto fotografa la situazione di aggravamento della precarietà in Europa. Garantire il Futuro dei Bambini, diffuso da Save the Children, indica infatti l’aumento di quanti vivono in condizioni di povertà, con poco meno di 20 milioni i bambini a rischio povertà ed esclusione sociale con l’Italia che risulta il quinto peggior Paese. Rapporto europeo dopo quelli recenti dell’ISTAT, che ha indicato per il 2021 una condizione di povertà assoluta per poco più di 1,9 milioni di famiglie, e quello della Caritas che ha registrato un aumento esponenziale delle richieste di aiuto e di accoglienza alle mense.
Intanto, la rivista Money ha indicato in oltre 190 miliardi di euro i costi generati dalla guerra tra inflazione, caro bollette, crollo del PIL, decreti vari, aiuti all’Ucraina e maggiori spese militari. Risorse facilmente reperibili per sostenere un conflitto armato contro la volontà della maggioranza degli italiani, ma impossibili da trovare per eliminare o quantomeno ridurre sensibilmente i dati vergognosi pubblicati annualmente e purtroppo sempre in crescita.
Il protrarsi del conflitto a spese dei poveri, di un ceto medio che fa fatica a tirare avanti, di pensionati ridotti sulla soglia della povertà, non può e non deve essere più sostenuto per continuare a fare il gioco delle grandi potenze favorendo il mercato della morte, mandando al massacro giovani vite e riducendo alla fame popoli interi.