Al medico che lo stava visitando, pochi attimi prima di arrendersi, Vincenzo aveva detto di voler tornare a scrivere, «perché lo sa, dottore? Collaboro con un giornale di ragazzi, Mar dei Sargassi». Vincenzo Villarosa era speciale, un amico sincero, leale, un uomo capace di praticare la bellezza in ogni sua forma. Mar dei Sargassi è stato uno dei suoi ultimi pensieri, il suo sorriso sarà il primo delle nostre giornate. Per sempre.
Non vi era mattino che il buongiorno di Vincenzo non svegliasse la redazione. Commentava l’articolo del giorno con il redattore che se n’era fatto carico, aggiungendo il suo tocco gentile. Era capace di far sentire la sua vicinanza in ogni momento, al progetto come a ognuno che ne facesse parte, spinto da un istinto paterno che regalava carezze a dispetto dei momenti difficili. Non che non ne soffrisse, ma dava tutto se stesso perché non succedesse anche a noi.
Per i suoi amici, le Anguille – come ci chiamava –, aveva creato un mondo ideale, una sorta di set de La vita è bella allestito ad hoc su ciascuno dei componenti, in cui il gioco dell’esistenza si componeva solo di sorrisi, gesti affettuosi, incoraggiamenti e presenza. E la vita, con Vincenzo, era bella per davvero.
Vincenzo Villarosa era un giornalista. A sessantasei anni, aveva svolto in Mar dei Sargassi i due anni di praticantato che gli avevano regalato la gioia dell’iscrizione all’Ordine. Una soddisfazione personale e professionale che aveva raggiunto con l’entusiasmo di un ragazzino, un orgoglio che aveva voluto conquistare grazie alla sua mai doma curiosità, il suo volersi mettere in gioco, di stare tra i giovani.
I giovani. Aveva lavorato al fianco dei ragazzi del carcere minorile di Nisida per diversi anni. Le loro storie lo accompagnavano di continuo, così come quelle delle tantissime iniziative a cui prendeva parte, dalle mostre di pittura alla galleria WeSpace alle serate di letteratura e poesia con Veduta Leopardi, i cineforum.
Non era mai banale. Per quanto discreto, lo spessore dell’uomo e del professionista che era veniva fuori a ogni intervento o domanda con cui impreziosiva le manifestazioni a cui partecipava. Vincenzo Villarosa era un sociologo appassionato di storia, cinema e filosofia. Amava i libri di saggistica e la musica.
Amava Anna, sua moglie. L’amava con la gentilezza di chi sa prendersi cura dell’altro e la fragilità di chi in quella presenza trova forza e sicurezza. Vincenzo era tenero e fragile, un’anima buona.
Ieri, alla notizia della sua improvvisa scomparsa, un mare d’amore si è riversato su Mar dei Sargassi e ciascuno dei componenti. Di tanto affetto, Vincenzo sarebbe forse sorpreso, ma certamente felice.
Ciao Vincenzo. Ci mancherai immensamente.
I messaggi della redazione:
Antonio
Conobbi Vincenzo nel corso della prima edizione di Veduta Leopardi, manifestazione annuale ideata e organizzata dal poeta Costanzo Ioni che si svolge sulle scale San Pasquale, al Corso Vittorio Emanuele, che scendono fin giù ai Quartier Spagnoli, di fronte Palazzo Cammarota, dove il Poeta visse circa due anni e dove numerosi napoletani si incontrano per declamare le loro opere. Mi colpì una riflessione su Leopardi che Vincenzo lesse davanti a un pubblico attento che lo conosceva e che lo seguiva con particolare interesse, quell’attenzione rispettosa riservata sempre a chi comunica con semplicità e con una capacità di sintesi temi che presuppongono approfondita conoscenza.
Ci ritrovammo nel corso di varie manifestazioni e, con la generosità che gli apparteneva, mi fu vicino anche in occasione della lunga lotta per la riapertura di una chiesa seicentesca. Aveva sempre le idee appropriate e al momento giusto.
Quando cominciò l’avventura di Mar dei Sargassi con Alessandro, Flavia e Francesca non ebbi dubbi sul coinvolgimento di Vincenzo, che entrò immediatamente in sintonia con il gruppo composto da giovani. Con quel sottile umorismo sempre garbato, definiva noi due i giurassici della redazione. Un rapporto con gli altri che divenne sin da subito amicizia, un affetto paterno autentico per i ragazzi, che amava e stimava. Flavia e Alessandro gli erano entrati nel cuore e a ogni occasione lo esternava con quel sorriso dolce.
Una perdita immensa sul piano personale e per il giornale che ha contribuito a far crescere con i suoi dotti approfondimenti. Ci mancherà davvero tanto. Un uomo preziosissimo per tutti. Non leggeremo più le sue parole, come ha commentato lo scrittore e attore Mirko Revoyera.
Alessandro
Ho scritto tanto, non riesco a far altro da ieri. Chissà, forse perché commentavi ogni mio articolo con il tuo direttò, e che t’ho dico ’a fa? e aspetto che mi scriva anche stavolta. A proposito di ciò, voglio raccontare un piccolo aneddoto che conosciamo soltanto tu e io. Tempo fa, dopo una riunione, ti chiesi in privato di non esprimere i tuoi giudizi sempre gentili ogni mattina, dopo ogni articolo. Pensavo fosse controproducente, che rischiassimo di accontentarci. «Ok, direttò!» fu la tua risposta.
Il mattino seguente, ore 9:00, chat di redazione. Vincenzo Villarosa: «Magica Cabeza!».
Avevi ragione, non ce n’è mai troppa di bellezza. Ti prometto ogni sforzo, per Mar dei Sargassi e per gli altri.
Flavia
È buffo, sai? Le parole, tra noi, non sono mai mancate. Eppure, da ieri, io non riesco a pronunciarne alcuna. Leggo quelle che gli altri stanno tentando, a fatica, di mettere insieme, qualcosa che possa offrire il giusto ricordo di te. Ma a cosa servono, mi chiedo, se non sarai qui ad arrossire per tanto affetto? A cosa servono, mi chiedo, se poi il dolore non si placa? A cosa servono, mi chiedo, se non a realizzare, a mettere nero su bianco che no, non ti rivedrò?
Leggo le tue, di parole. Mi riscaldo con loro. Con quelle che non mi hai mai negato, in pubblico come in privato. Non hai mai smesso, nemmeno per un attimo, di dedicarmi il tuo amore, la tua attenzione, l’incredibile cura di cui eri capace. E ancora lo sei. Tenero. Dolce. Raro. Mi manchi, Vinc. Mi mancavi già nei giorni scorsi, mi mancava il risveglio che davi a tutti, mi mancavano i messaggi con cui tentavi di rassicurami sebbene sapessi che avevo percepito.
C’era sempre un cuore per me. Ci sono stati i biscotti, le carezze, la presenza. C’è stato un pensiero costante. La gioia per ogni mio momento. Ci pensavo stanotte… Pensavo a quante cose ho ancora da fare, a quanti piccoli e grandi passi mi attendono. Pensavo che non te ne saresti perso nemmeno uno. Come hai fatto in tutti questi anni, felice, spesso, persino più di me. Ho sempre saputo chi chiamare, a chi raccontare, con chi condividere. Con te che mi hai insegnato il termine insieme. Con te che hai sempre letto tra le righe, che hai sempre capito, che ci sei sempre stato.
Quante ne abbiamo passate, Vinc, quante avremmo dovuto passarne. Le custodirò tutte, gelosamente, felice di averti incontrato, distrutta dal non poterlo fare ancora. So che mi chiederesti scusa, so che lo faresti con ognuno di noi. Tu che non ci avresti mai fatto del male. E, ora, ce ne stai facendo sin troppo. E, allora, spero di non trovarle le parole, è il mio modo per tenerti qui. Per non lasciarti andare. Non adesso. Non ancora. Tre puntini sospensivi, quelli che tu avresti messo e io avrei corretto. Ti voglio bene.
Francesca
Con Vincenzo non si smetteva mai di parlare. Abbiamo discusso di tutto, dall’arte alla sociologia fino ad arrivare alla tanto temuta tecnologia per consigli e altro. Le fermate in metro volavano in sua compagnia, dovevi già scendere e quasi potevi perdere il momento. Il Vicio della Vicia, come gli piaceva tanto definirsi. Racchiudeva in sé tutto il meglio che l’umanità può dare, gentilezza, forza, saggezza, simpatia, rispetto, cultura. Sapeva donare un sorriso anche nei momenti più tristi e difficili, non ce la faceva proprio a vederci giù, diceva spesso: «Piccerè, tutto passa».
Mi ha sempre chiamato magica, ma in realtà il magico è sempre stato lui. La redazione ha perso un grande pilastro, un grande amico, non sarà più la stessa cosa senza di lui. Ricorderò per sempre la serata in cui abbiamo presentato il suo libro, era felice e spensierato, abbiamo riso come non mai e, nonostante la mia inesperienza, mi ha ringraziata con tutto il cuore.
Vincenzo sei stato un grande esempio, come persona ed essere umano, e sapere di non poter più parlare con te mi spezza il cuore. Mi mancherai tantissimo.
Chiara
Una volta mi hai detto che non ci hai mai visti come dei colleghi. Ti piaceva pensare a Mar dei Sargassi come a una famiglia, una di quelle dove si incontrano generazioni diverse, con punti di vista diversi, ma ci si vuole sempre bene. Non c’era bisogno che lo dicessi, in realtà. Il tuo affetto risultava evidentemente dal tuo sguardo gentile, dal fatto che fossi sempre disposto ad aiutare, che avessi sempre qualcosa di bello da dire, come se fossimo tutti un po’ figli e tu non potessi vedere niente di male in noi. Era l’affetto a muoverti, sempre. Un affetto silenzioso ma fondamentale, di cui tutti sentiremo la mancanza.
Qualche mese fa ci siamo visti per un caffè e tu ci hai tenuto a offrirmelo, dicendo «quando diventerai giornalista, pagherai tu». Caro Vincenzo, ti devo un caffè e non puoi capire quanto mi addolora sapere che il tempo per offrirtelo è finito.
Giusy
Caro Vincenzo, le anime gentili come le tue sono davvero rare. Mi ricordo di te al mio primo incontro con la redazione, delle tue parole che colmavano ogni vuoto d’imbarazzo, dell’accoglienza gioiosa che mi hai fatto al tuo tavolo, dell’amore e della passione nei tuoi occhi quando mi raccontavi di Nisida. Ogni tua parola esprimeva non solo la tua intelligenza, ma anche la bontà che ti caratterizzava. Quando qualcuno di noi si faceva prendere dallo sconforto o dalla rabbia, eri sempre pronto a mediare, a cercare una soluzione che accontentasse tutti, che fosse in grado di alimentare quell’armonia di gruppo che tanto amavi.
Quanto ti piaceva ricordarci che noi eravamo i ragazzi e tu il giurassico. Eppure eri più avanti di tutti noi, in grado di sorprenderci con le tue idee e le tue riflessioni sagaci.
Te ne sei andato pacatamente, senza rumore, allo stesso modo in cui eri in grado di entrare nelle nostre vite e nei nostri discorsi. Con la stessa gentilezza con cui ci regalavi i biscotti, con la stessa pace nel cuore di quando ci dicevi che non avresti mai rinunciato a Mar Dei Sargassi, a quel giornale che sentivi tuo più di ogni altra cosa. Il nostro buongiorno senza di te non sarà più lo stesso, ma ti promettiamo che nulla cambierà e che cercheremo di portare avanti tutto ciò che avresti voluto per noi.
Farouk
Anche se si definiva giurassico, mi sembrava davvero instancabile e sempre carico. Pronto a condividere gli articoli degli altri in ogni momento, ad andare agli eventi, a scrivere messaggi motivazionali. Non l’ho conosciuto personalmente, la distanza e la pandemia non me lo hanno consentito. Ma, se questa redazione fosse stata una squadra di calcio, posso dire che lui sarebbe stato il nostro terzino, pronto a correre sempre, ovunque.
Marina
Vincenzo, ancora non ci credo. Hai lasciato, al posto tuo, un vuoto pulsante di dolore. Oggi siamo orfani della tua gentile ironia, della tua generosità impareggiabile, della tua grande e paziente saggezza. Ho avuto poche occasioni di conoscerti da vicino e i miei ricordi di te mescolano la dimensione fisica a quella virtuale. Ti definivi giurassico, ma trovavi sempre il modo di essere presente anche in uno spazio infido come quello della rete. Mi mancheranno i tuoi saluti, le tue battute, i tuoi commenti sulle partite, i tuoi articoli sulla filosofia e sul mondo che abitiamo oggi. Sei stato, sei, sarai sempre un pilastro, un pezzo del cuore di Mar dei Sargassi e anche del mio. Oggi piangiamo la tua assenza, ma il ricordo della tua amicizia muta la mia smorfia di dolore nel sorriso malinconico e riconoscente di aver almeno incrociato il tuo cammino.
Alessandra
Di tutte le Anguille sono una delle ultime arrivate, eppure mi sono subito sentita a casa. Tra i vari motivi ci sei tu, Vincenzo, tu e il tuo essere fraterno, fin dall’inizio. Alla serata sul mio terrazzo arrivasti con dei biscotti e questa cosa mi colpì. Ecco perché mi risulta molto difficile scrivere queste righe, noi che, fino a pochi giorni fa, scherzavamo in chat come nulla fosse, ignari. Voglio pensare a te come ti ho sempre visto: buono, gentile, premuroso, attento alle esigenze e difficoltà di tutti e mai, mai una volta sfiduciato per qualche motivo. Presente nelle nostre giornate fin dal mattino, con i tuoi buongiorno, le battute e i mi piace ai post. Portavi il buonumore e la voglia di fare sempre meglio.
La sera mi piaceva ascoltare, talvolta, le canzoni che postavi per i Lonely Hearts, come amavi scrivere. E ho imparato tanto dai tuoi articoli, dai quali si evinceva la passione non di un semplice giornalista ma di un uomo che amava la vita e la conoscenza. Mentre prosegue la mia disperata ricerca sul senso dell’essere umano e di tutto ciò che ha attorno, ti prometto almeno una cosa: che farò tesoro della tua persona.