Giacomo Balla. Dal Futurismo astratto al Futurismo iconico è il titolo della nuova mostra a cura di Fabio Benzi ospitata, dallo scorso 21 marzo al prossimo 17 giugno, nel Palazzo Merulana di Roma.
Balla fu tra i protagonisti del Divisionismo italiano dell’Ottocento ma nel 1910 aderì al Futurismo, movimento artistico fondato l’anno precedente da Filippo Tommaso Marinetti che basava la propria filosofia sul dinamismo, sul culto della modernità e della tecnica, in forte contrasto polemico con ogni forma di tradizionalismo nelle arti. Al centro della rivoluzionaria corrente, nel 1915, Balla ne riformò il Manifesto ma, per divergenze con il fondatore, nel 1933 se ne distaccò tanto che quattro anni dopo scrisse persino una lettera al giornale Perseo in cui si dichiarò ormai estraneo ad attività futuriste.
La mostra allestita nella Capitale parte dall’opera Ritratto di Primo Carnera, facente parte della collezione permanente del Palazzo Merulana, al fine di indagare sul passaggio di stile della produzione di Balla. La tela è infatti dipinta su due lati: da una parte vi fu rappresentato nel 1926 il Vaprofumo, soggetto tipicamente futurista, mentre nel 1933, sette anni dopo, l’artista decise di dipingere sull’altro verso Primo Carnera, un quadro del tutto differente. Il ritratto del noto pugile si ispirò a una foto di Elio Luxardo pubblicata sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport quando questi divenne campione del mondo.
L’opera fu prodotta con un processo particolare e del tutto avveniristico: Balla applicò al fondo del dipinto una rete di metallo su cui poi dipinse, provocando un effetto di retinatura esattamente come quello prodotto dalle immagini a stampa dei giornali. Involontariamente, dunque, l’artista precedette quello che fu poi il processo fondante della Pop Art, da Warhol fino a Lichtenstein. Il torinese, infatti, puntò nelle sue opere ad adattare l’immaginario suscitato dal cinema, dalla fotografia ma anche dalle riviste che quotidianamente si sfogliano. Così, nei suoi lavori, vediamo anticipato già pure il concetto di massa, evidenziato anche in un proclama futurista del 1930.
A Roma sono esposte al pubblico circa sessanta opere: alcune più esplicitamente futuriste della fine degli anni Venti, altre dalla tecnica a retinatura che puntano a evidenziare il passaggio di stile attuato da Balla e la volontà di sperimentare un’associazione tra le immagini e le fotografie impresse sui rotocalchi, a uso comune e popolare. A sostegno di ciò, vi sono anche le riviste da cui l’artista torinese fu attratto e prese ispirazione, al fine di offrire al visitatore una visione più completa dell’opera in oggetto e del suo artefice.