Se vado indietro nel tempo, negli anni in cui frequentavo le medie, 1956-57, mi rivedo in un pomeriggio piovoso di ottobre, felice e timoroso, nella vecchia scuola elementare in Largo Caduti, da me frequentata, al piano terra, dove in due grandi aule era stata sistemata la biblioteca comunale con un’ampia sezione di libri per ragazzi di ogni età.
Rimasi incantato a guardare quegli armadi a vetro chiusi con dentro libri nuovissimi, dalle copertine sapientemente illustrate, destinati a noi giovanissimi. Mi accolse un’insegnante, Angela Vicidomini, che avevo conosciuto in quinta elementare, quando era venuta a supplire il mio maestro assente per malattia. Mi riconobbe e si affrettò premurosa a indicarmi qualche testo da leggere adatto alla mia età. Ricordo che scelsi I tre moschettieri. Tornai altre volte, e sempre trovai grande accoglienza e piena disponibilità. Passato alle superiori, persi quell’abitudine e della biblioteca comunale non seppi più nulla.
Qualche anno dopo, ero già all’università, venni a conoscenza di un grave incidente avvenuto, di notte, nella grande sala teatro della scuola elementare, già antico refettorio per gli alunni meno abbienti, dove si svolgevano anche le sedute del Consiglio Comunale: il tetto era crollato con uno spaventoso boato. Se fosse accaduto di giorno, quando la sala era aperta agli scolari o durante un evento pubblico, sarebbe stato un disastro.
Cominciarono i lavori e una volta ultimati, incuriosito, volli affacciarmi in quello spazio pieno di ricordi scolastici e di molti spettacoli a cui avevo assistito e partecipato. Con mio sommo dispiacere mi accorsi che il palcoscenico era scomparso per sempre. Era stato costruito dal mio maestro Vincenzo Bianco quando frequentavo la terza elementare e io lo avevo calcato la prima volta proprio quell’anno per una scena ispirata al romanzo I promessi sposi.
Ma quello che si presentò ai miei occhi fu uno spettacolo agghiacciante e per me sconvolgente. Al centro della grande sala un mucchio enorme di libri buttati alla rinfusa, uno sull’altro, fino ad arrivare ad altezza uomo, insieme a calcinacci e a materiali edili. D’istinto, mi avvicinai col desiderio di salvarne qualcuno; inconsciamente cercavo forse i testi da me letti, perché era evidente che quella montagna di libri era ciò che restava dell’antica biblioteca. Abbandonai l’idea di trafugare qualche volume da quell’enorme mucchio e andai via nella speranza di una nuova e sollecita destinazione per la biblioteca.
I libri sparirono dalla sala teatro e della biblioteca comunale persi completamente le tracce né seppi mai dove erano stati collocati i testi. E non credo che fui l’unico, perché sull’isola mai si menzionava la biblioteca pubblica.
Nel 1996, insegnavo alla scuola media Capraro di Procida e, avendo la responsabilità della biblioteca scolastica, mi venne consegnata da un dipendente comunale una grossa quantità di testi provenienti dalla biblioteca comunale. Fu in quell’occasione che venni a conoscenza del fatto che quei libri erano stati sistemati per molti anni in un appartamento di un vecchio palazzo storico posto di fronte alla scuola elementare. Ma ora, gli Amministratori, costretti a sloggiare dall’appartamento e non disponendo di un’altra possibile sistemazione, avevano deciso di distribuire la maggior parte dei volumi fra le varie scuole dell’isola. Possiamo quindi ben dire che una biblioteca comunale c’era stata a Procida, ma che varie e alterne vicissitudini ne avevano decretato involontariamente la fine.
Seppi ancora, qualche tempo dopo, che i volumi più antichi e malandati, quelli che risalivano all’Ottocento e al primo Novecento, insieme alle raccolte di leggi e di atti amministrativi, erano stati depositati in uno stanzone del vecchio carcere a Terra Murata, ormai non più attivo, essendo stato definitivamente alienato nel 1988.
Solo nel 2013 gli Amministratori pensarono di istituire nuovamente la biblioteca comunale, sistemandola al primo piano del palazzo feudale a Terra Murata, ex conservatorio delle orfane. Venne destinato un dipendente del Comune a tale servizio, ma il rapporto tra la popolazione e la biblioteca era ormai sfilacciato e quasi inesistente.
Pertanto, nel 2017, l’attuale Amministrazione, pensando di dare un impulso nuovo, essendo il Comune in una situazione precaria di pre-dissesto e non potendo disporre di personale adeguato, dopo aver recuperato anche i vecchi libri che ancora giacevano nello stanzone del carcere, istituì una manifestazione d’interesse per le associazioni culturali procidane intenzionate a gestire volontariamente e gratuitamente la biblioteca.
Quella designata alla gestione risultò l’Associazione Culturale Isola di Graziella, di cui ero il legale rappresentante. Venne stilato un ufficiale protocollo di intesa e iniziammo nel giugno dello stesso anno a lavorare. La stanza destinata alla biblioteca risultò subito insufficiente per cui ulteriori scaffali vennero posti anche in altri locali del primo piano del palazzo. Il Consiglio Comunale, intanto, varò il nuovo Regolamento, aggiornandolo secondo il manifesto dell’Unesco per le biblioteche e intitolando la biblioteca comunale di Procida al sacerdote Don Michele Ambrosino, pioniere della cultura sull’isola fin dagli anni Cinquanta.
Con i volontari e gli amici dell’associazione cominciammo subito a catalogare e schedare parte dei seimila volumi presenti, provvedendo subito a contattare la Regione per iscrivere la biblioteca al Polo regionale e inserirla sulla piattaforma nazionale. Logicamente essendo una realtà piccola, secondo l’Unesco, essa non poteva accogliere tutti i libri pubblicati, ma doveva caratterizzarsi con alcuni fondi e il Consiglio Comunale ne deliberò tre: il Fondo Procida, il Fondo mare e il Fondo diritti umani e pace, disponibili per la sola consultazione. A questi poi, attraverso donazioni, si è aggiunta una sezione donne e una sezione dedicata alla disabilità.
Inoltre, cosa importante e nuova per l’isola, la biblioteca ha cominciato a promuovere secondo le indicazioni del nuovo regolamento eventi culturali e artistici, con presentazione di libri, mostre, convegni e dibattiti, avendo a cuore la promozione di tutte le espressioni artistiche, non trascurando mai la realizzazione dell’obiettivo primario di ogni biblioteca: favorire nel territorio la crescita del bene relazionale e il soddisfacimento dei diritti umani nella prospettiva di una politica di serenità e di pace.
Quando Procida preparava la documentazione per concorrere alla nomina di Capitale italiana della Cultura, abbiamo potuto offrire il nostro specifico contributo e siamo oggi orgogliosi di presentare, a quanti verranno a visitarci, la nostra piccola storia, inserita nella più grande e complessa storia dell’isola.
Contributo a cura di Pasquale Lubrano Lavadera, responsabile della biblioteca comunale Don Michele Ambrosino