Jacopo Cardillo, in arte Jago, è uno scultore e artista italiano nato a Frosinone il 18 aprile 1987. Oggi vive a New York, ma lavora tra Italia, Cina e America. Nel 2009 ha scolpito un busto in marmo di Benedetto XVI, opera successivamente modificata in seguito alle dimissioni del Pontefice e diventata Habemus Hominem. Grazie a questa, nel 2012, Jago ha ricevuto l’Onorificenza della Santa Sede Medaglia Pontificia. Inoltre, ha ottenuto diversi riconoscimenti, nazionali e internazionali, tra i quali il Premio Gala de l’Art di Montecarlo nel 2013, il Premio Pio Catel nel 2015, il Premio del pubblico Arte Fiera Bologna nel 2017 e l’investitura come Mastro della Pietra al MarmoMacc 2017.
I maestri del Rinascimento e le loro tecniche sono stati di grande ispirazione per questo incredibile artista che porta avanti l’idea di una scultura sempre più social. E proprio sui social, Jago pubblica i video in time-lapse della realizzazione delle sue opere: Dremel, aspirapolvere e l’arte viene creata.
«In Italia è tutto difficile – racconta Jago – l’atteggiamento verso l’arte è conservativo, ma questo limita l’innovazione e frena i giovani. Eppure, tutti i grandi artisti del passato, nella loro epoca, sono stati degli innovatori». Nel 2018 lo scultore si è trasferito a New York – per la realizzazione dell’opera Figlio velato – perché, dice, nel Bel Paese non gli è stato dato il sostegno e la fiducia che in realtà meritava davvero. «Il momento più bello è quello in cui ti trovi davanti al blocco di marmo: è lì che capisci che tutto dipende da te. In Italia si è abituati ad attribuire a qualcuno il successo di un artista, si è sempre pronti a dire che quell’artista l’ha scoperto lui: io rifiuto tutto questo e nessuno potrà applicare a me questo luogo comune. Io mi reinvento e mi scopro da solo tutti i giorni».
Il Figlio velato, intanto, è stato destinato a Napoli «come gesto di restituzione alla città che con il suo Cristo velato ha ispirato me e centinaia di altri artisti». A ospitarlo, la Chiesa di San Severo Fuori le Mura, anche conosciuta come San Severo alla Sanità. L’opera, realizzata da Jago e curata da Luca Iavarone, è un unico blocco di marmo che raffigura un bambino coperto da un velo, ma si tratta di una storia diversa dal Cristo Velato del Sanmartino. La scultura, infatti, vuole raccontare la storia di milioni di innocenti che il nostro tempo consapevolmente sacrifica, un bambino simbolo di un’enorme sofferenza e, allo stesso modo, una speranza che tutto quello che è accaduto fino a questo momento possa non ripetersi più.
Il frutto del lavoro tra New York e Long Island, dal 21 dicembre, ha quindi trovato la sua dimensione ideale a Napoli. In particolare, il Figlio Velato è custodito nella Cappella dei Bianchi, un vero e proprio gioiello del Settecento napoletano, ricca di stucchi e dipinti realizzati da grandi artisti quali Luca Giordano, Fracanzano e Andrea Vaccaro. Un evento importante per il quartiere Sanità e per la città di Napoli che ha permesso, in accordo con Padre Antonio Loffredo, di riaprire finalmente la cappella, restituendola alla comunità. Come ha dichiarato lo stesso Jago, «l’arte non potrà cambiare gli eventi, non potrà fermare le atrocità, ma può schierarsi dalla parte della bellezza e può evocare una fratellanza». Nonostante le difficoltà, quest’opera, iniziata nel novembre del 2017, resterà dunque nel quartiere che, dallo stesso 21 dicembre e primo in Italia, ha il suo Vicolo della Cultura, una sorta di biblioteca pubblica all’aperto con opere di street art, installazioni artistiche ed edicole culturali.
È possibile scoprire il Figlio velato tutti i giorni, dal lunedì al sabato dalle 10 alle 16 e la domenica dalle 10 alle 13 a un costo di 6 euro e ridotto di 4 per coloro che posseggono il ticket Catacombe di Napoli, per gli under 18 e gli over 65. Gratuito, invece, per disabili e residenti.
L’opera di Jago richiama il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino, una scultura che ha fatto la storia ed è diventata un riferimento assoluto per molti artisti. Ma se il primo è un uomo che si è sacrificato per il bene di tutti, il Figlio velato invece non rappresenta un’immagine religiosa, non è un santo, è semplicemente un bambino, una vittima innocente dei giorni nostri, una vittima di chi è consapevole, di chi si volta e guarda da un’altra parte. Un monito per ricordare le troppe morti avvenute nel Mediterraneo e nel mondo, un’opera che non va spiegata perché racconta da sé, nel suo eterno silenzio, un significato semplice ma profondo che vuole allo stesso tempo lasciare una speranza. Quella che questa sofferenza possa non manifestarsi mai più perché disumana.