Nei secoli scorsi era usanza, a Napoli, allestire dei veri e propri spettacoli teatrali nei palazzi, in particolar modo nelle magioni aristocratiche dove venivano realizzati degli spazi, piccole ma perfette sale teatrali, che abbellivano le dimore dei nobili partenopei, come scrive Antonio Emanuele Piedimonte nel suo Napoli. Proprio di questo scrisse il Cossovich: Oltre de’ teatri pubblici moltissimi avvene in Napoli privati, o per compagnie dilettanti, fra i quali merita di essere nominato quello di Mezzo Cannone.
Fino a qualche anno fa era ancora possibile ammirare il teatrino della barocca Villa Patrizi, situato in via Manzoni, poi, purtroppo, andato distrutto da un incendio. Si trattava di un teatro ricco di decorazioni e statue, i cui spazi erano stati progettati da un grande architetto: Ferdinando Sanfelice. Il palcoscenico, seppur piccolo, aveva un sipario molto ampio e accoglieva un dipinto con l’allegoria delle Muse. Su di esso, importanti cantanti e attori si sono esibiti in tempi non troppo lontani dai nostri,come scrive Piedimonte: ricordiamo Sergio Bruni, Leopoldo Mastelloni, ma anche Peppe Barra, Rosalia Maggio e Ida di Benedetto.
Il teatro, durante l’ultima guerra, era ancora in ottimo stato, tuttavia, quando fu utilizzato dagli alleati per allestire degli show riservati alle truppe, subì grossi danni: gli affreschi e gli archivi delle attività drammatiche e musicali furono rovinati e perduti per sempre. Poco tempo dopo, allora, la struttura fu restaurata e restituita alla città, tornando alla sua originaria bellezza, ma un rogo tra il 26 e il 27 luglio del 1998 la distrusse nuovamente.
Matilde Serao scrisse: In fondo al grande salone era montato un teatrino per lo spettacolo. Tutta quelle eletta schiera d’invitati doveva assistere prima alla rappresentazione di una commedia, poi ad una danza moresca ed infine avrebbero avuto inizio le danze che si sarebbero protratte fino all’alba.
Il teatro a cui si dedicò la penna della grande scrittrice è quello di uno dei palazzi più famosi di Napoli, come scrive ancora il Piedimonte. Si tratta di quel Palazzo Donn’Anna che Raffaele La Capria definì fatto di sughero: lo stesso con cui si fanno i presepi. L’edifio, voluto dal viceré Filippo Ramiro Guzman e destinato alla moglie Donna Anna Carafa, era una vera e propria reggia scavata nel tufo e nell’acqua che prese vita e forma grazie al lavoro del grande architetto Cosimo Fanzago.
Questo capolavoro, fortunatamente, non fu intaccato dall’occupazione alleata né tantomeno dagli stravolgimenti architettonici che ci furono in seguito. La sala del teatro, restaurata dalla Fondazione culturale Ezio De Felice, è oggi meravigliosa con il suo ampio spazio a strapiombo sul mare da un lato e dall’altro su quello che un tempo era il giardino acquatico della dimora, da dove il Tirreno faceva irruzione.
Un altro edificio importante che ospitò uno spazio-teatro è il Palazzo Spinelli di Laurino che fu costruito nella seconda metà del Cinquecento e che nel Settecento, per volere del duca Trojano Spinelli e per opera dell’architetto Ferdinando Fuga, fu rifatto. Il palazzo, che ha ispirato Eduardo De Filippo per i suoi fantasmi, conserva oggi la sua facciata originale. La sua sala, un antico e suggestivo spazio circolare situato nel seminterrato, è ancora utilizzata per gli spettacoli, fungendo da sede per il TIN, il Teatro Instabile di Napoli.
Questi piccoli palcoscenici “casalinghi”, ospitati da palazzi incredibilmente suggestivi, sono, per la maggior parte, andati perduti a causa delle trasformazioni che gli edifici aristocratici hanno subito nel corso degli anni. Ma, come scrisse Victor Hugo, il teatro non è il paese della realtà: ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo di cartapesta, diamanti di vetro, oro di carta stagnola, il rosso sulla guancia, un sole che esce da sotto terra. Ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco. Nel teatro non conta il palcoscenico, ma il cuore umano.