Qualora qualcuno si accorgesse del crollo imminente, li troverà tra i venti della loro terra a disperder canti, forse più stanchi per l’età, ma sempre meno fragili. Voce, chitarra, basso e batteria, sguardo rivolto a Sud, Giovanni (Giò Sada), Alberto, Roberto e David saranno ancora lì, in Puglia, dove l’orizzonte al tramonto chiama e non smette mai, mentre note nuove attendono di essere toccate.
Intanto, il loro ultimo tour in giro per l’Italia si è concluso lo scorso venerdì nella cornice accogliente e rustica del MAT, il laboratorio urbano di Terlizzi, in provincia di Bari, con una serata che ha visto insieme amici, musicisti, esordienti e curiosi in una festa di libertà e nostalgia, ossimorica come l’ultimo giorno di scuola.
Dopo aver viaggiato per due lunghi mesi suonando da Fermo a Napoli, da Caserta a Latina e Roma, passando per Treviso, Milano, Trento e Parma, infatti, Giò Sada e la Barismoothsquad hanno deciso di prendersi una piccola pausa dai live, fedeli alla forte necessità di lasciarsi raccontare da parole che chiedono di essere scritte, cantate, urlate a squarciagola. Ha bisogno di fermarsi la band pugliese, di ascoltarsi e riprendere fiato, un po’ come nel 2015 in attesa del primo album in studio, Volando al contrario, tanto ben fatto quanto italianamente sottovalutato. La musica, quella pregiata, non punta sulla velocità, ne conosce solo i segni e le scomodità. Lo sanno bene i ragazzi pugliesi, per questo, per qualche tempo, resteranno lontani dal palco, la loro casa più naturale.
Prima di abbandonarsi alla quiete di un trullo solitario o al caos mai troppo calmo di una tipica città del Sud, però, hanno voluto darsi completamente a quei testi che li hanno raccontati, a chi ha avuto la pazienza di aspettare e capire, a chi oggi sa di non essere un semplice fan, ma un membro di una famiglia che realmente si vuole bene, dove tutto è condivisione, è passione, è musica cantata insieme. A chi li ha seguiti e lo rifarebbe ancora per salutare quelli che diventano presto degli amici, ragazzi straordinariamente normali con cui finire a smezzarsi una sigaretta dopo il concerto. A chi, anche questa volta, attenderà, con trepidazione e affetto, il ritorno della voce più rock del Paese. Un ruggito potente e graffiato, mai banale, capace di scavare dentro come le radici con il sottosuolo, diventando tutt’uno con le emozioni di chi lo ascolta.
La tournée appena conclusa è stata un susseguirsi di incontri, di abbracci, di sentimenti gridati, di saliscendi da un furgoncino tratteggiato su una mappa a forma di stivale, un quattroruote pieno di strumenti e sogni, incastrati tra loro come stessero giocando a Tetris. Un rincorrersi di treni dell’ultimo secondo, dell’offerta più vantaggiosa, di un autobus scomodo con cui affrontare chilometri e chilometri soltanto per riviversi. Un tour che è stato uno sfidarsi di macchine fotografiche pronte a immortalare l’espressione più vera, il ricordo di una notte fredda riscaldata da una birra, la prima o l’ennesima, che non poteva essere negata, il brindare di anime che si sono ritrovate per condividere ancora, come se i momenti di versi stonati e gambe stanche di dondolarsi non fossero stati sufficienti. Un minivan zeppo di amici che di quel rapporto sincero che li unisce hanno fatto il motivo della loro musica e della loro coraggiosa indipendenza, chiudendo le porte a una casa discografica la quale, sacrificandone l’identità originale, avrebbe tracciato per Giò Sada, vincitore atipico di un talent, un percorso sicuro e in discesa.
Luci soffuse, versioni acustiche, volumi alti e sudore, Sada e la Barismoothsquad non si sono risparmiati nemmeno un secondo, nemmeno quando hanno aperto le porte di casa, travolti da una buonissima focaccia locale e una mozzarella affaticata da una traversata che l’ha vista partire all’alba da Napoli in direzione Bari. Non si sono tirati indietro, si sono lasciati vivere, raggiungere ma mai rincorrere, anche l’ultima sera quando, stanchi, hanno fatto rientro nella loro terra, quella che si portano dietro in ogni viaggio, in ogni canzone, in ogni nuova persona conosciuta, o quando hanno capito di avere un’esigenza diversa, di dover afferrare un pentagramma e una penna in piena solitudine, mossi dall’arte che monta dentro e vuole farsi sentire, tramutandosi in note e parole, in un messaggio da diffondere. Come una pianta che rompe l’asfalto.
Resteranno in silenzio gli artisti baresi, giù da un palcoscenico che prende vita quando lo riempiono di talento e grinta, quando la potenza del canto ne fa tremare le tavole in legno. Voce, chitarra, basso e batteria, sguardo rivolto a Sud, Giovanni, Alberto, Roberto e David saranno ancora lì, in silenzio ma insieme. Pronti a scrivere un altro racconto, una storia che sappia di Puglia e di rock, di mare, di un orizzonte che al tramonto non stanca mai, di un’isola da raggiungere, nudi e pallidi, forse più stanchi per l’età ma sempre meno fragili.