L’arte di essere fragili è un dialogo intimo ed estremamente profondo che Alessandro D’Avenia costruisce con ordine preciso, portando avanti quella che è la normale “crescita” interiore e non di ciascuno di noi.
La felicità, spesso, arriva da persone e momenti inaspettati. Per lo scrittore, ad esempio, l’incontro che si rivelò decisivo fu a diciassette anni, quando Giacomo Leopardi entrò nella sua vita. Quel poeta conosciuto per il suo pessimismo, soggettivo, storico, cosmico, per la sua gobba, era invece affamato di quell’infinito che vedeva in ogni cosa, coltivando la sua poesia e lottando per essa, sempre, nonostante le avversità. Leopardi probabilmente trovò nella lirica la ragione stessa della sua esistenza, una passione in grado di farlo sentire vivo, una bellezza da custodire, che mostrava quanto il mondo fosse speciale.
Il libro di D’Avenia viene vissuto attraverso fasi importanti, partendo proprio dall’adolescenza, età in cui il cuore è spesso pieno di inquietudini, quando le speranze sono sempre sconfinate, quando ogni momento sembra intenso, amplificato, raggiungendo una gioia mai provata prima oppure una tristezza profonda, un abisso dal quale non si riesce più a uscire. Si passa, poi, alla fase della maturità, quando i sogni e le aspettative si scontrano con la realtà, spesso dura e crudele. Quando si raggiunge maggior sicurezza del proprio essere, si diventa fedeli a se stessi e si svelano debolezze e fragilità, un tempo rifiutate, che vengono, in questo stadio, accettate. Infine, si apprende quella che lo scrittore chiama l’arte della riparazione della vita ed è proprio in questo momento che, forse, si cela il segreto per essere felici.
Alessandro D’Avenia crea, nel suo libro, un epistolario intrattenuto con Leopardi – predatore di felicità – in uno spazio-tempo che solo l’atto della lettura può creare, una bellezza che sconfigge il tempo. Scrivere e raccontare delle rispettive vite, ma anche di quelle degli studenti dello scrittore, che in lui, cercano spesso “la risposta”.
L’adolescenza è l’arte di sperare: La speranza è come l’amor proprio, dal quale immediatamente deriva. L’uno e l’altra non possono, per essenza e natura dell’animale, abbandonarlo mai finch’egli vive, cioè sente la sua esistenza. – Zibaldone, 31 dicembre 1821
La maturità è l’arte di morire: Il sentimento e l’entusiasmo, ch’era il compagno e l’alimento della mia vita, è dileguato per me in un modo che mi raccapriccia. È tempo di morire. È tempo di cedere alla fortuna. – Lettera a Pietro Brighenti, 21 aprile 1820
La riparazione è l’arte di essere fragili: La mia filosofia, non solo non è conducente alla misantropia, come può parere a chi la guarda superficialmente, e come molti l’accusano; ma di sua natura esclude la misantropia, di sua natura tende a sanare. – Zibaldone, 2 gennaio 1829.
Il morire è l’arte di rinascere: Datemi le vostre nuove e de’ vostri, e vogliatemi bene. Addio, addio. Il vostro Leopardi. – Lettera ad Antonietta Tommasini, 15 maggio 1837
L’arte, dunque, è intesa come un vero e proprio talento per la vita, dalla quale si impara e si migliora. E la poesia è proprio parte di essa, costringe a guardare il mondo con occhi nuovi, reali. Tornare alla pura semplicità come ammirare il cielo. Un buio luminoso che permette di cogliere quella bellezza e quell’infinito che salvano il cuore dallo smarrimento.