Laggiù, nel punto più a ovest d’Europa, dove i confini non sono visibili, c’è Cabo da Roca.
Si parte da Lisbona, direzione Sintra, città situata sul Monte della Luna e Patrimonio dell’Umanità. Quaranta minuti di treno, quaranta minuti di pullman e si arriva qui, dove il tempo sembra essersi fermato. Una distesa sconfinata sorvegliata da un faro, rocce e terreno dove riposa una colonna di pietra sormontata da una croce, un guardiano silenzioso che si affaccia sull’Oceano Atlantico. Alla base di questo pilastro una lapide in marmo rende omaggio all’unicità del luogo. Vi sono incisi i versi del poeta Luís Vaz de Camões che descrive Cabo da Roca come “il luogo dove finisce la terra e comincia il mare”.
Un luogo magico dove lo sguardo si perde, finendo per incrociare un altro guardiano: un pittore che completa il magnifico paesaggio, diventando un tutt’uno con esso. L’uomo sembra essere lì proprio come Plasson, il pittore descritto da Alessandro Baricco nel suo Oceano Mare, colui che “dipinge il mare con il mare” ed è ossessionato dal desiderio di trovare gli occhi di quell’immensa distesa.
Impossibile disturbare il suo lavoro, così come interrompere l’ispirazione del momento, ma i colori con i quali la sua fantasia sta prendendo forma, con i quali sta creando il “suo” oceano, regalano un sorriso. Un turbinio di bianco, blu, azzurro, rosso, un contrasto incredibile con il tempo grigio di quel giorno.
Un infinito sconfinato che forse l’occhio non vorrebbe mai smettere di guardare. Un significato profondo che richiama alla mente e al cuore le emozioni, nude e semplici, dell’essere umano. Cabo da Roca è forse tutto questo?
Un interrogativo al quale probabilmente si può rispondere riprendendo le parole del prof. Bartleboom, lo stravagante studioso di onde, grande amico di Plasson:
“Be’, è un punto importante… a volte non ci si fa caso, ma se ci pensate bene lì succede qualcosa di straordinario, di… straordinario.
Lì finisce il mare.
Il mare immenso, l’oceano mare, che infinito corre oltre ogni sguardo, l’immane mare onnipotente — c’è un luogo dove finisce, e un istante — l’immenso mare, un luogo piccolissimo e un istante da nulla”.