Se per qualche bizzarro motivo decidessi di chiamare il mio gatto “Anguilla”, questa parola diverrebbe per me così familiare e dal significato così apparentemente univoco che, qualora la ascoltassi in pescheria, per strada o in un museo di storia naturale, non potrei far a meno di pensare prima al mio animale domestico e solo in un secondo momento al pesce catadromo (che discende le correnti per riprodursi e deporre le proprie uova in mare, ndr.).
Per Corto Maltese, uno dei personaggi più celebri della fumettistica italiana, nato dalla penna di Hugo Pratt, la parola “anguilla” rimanderebbe sicuramente alla sensazione del ritorno verso casa, nonostante egli passi la maggior parte del suo tempo in giro per il mondo.
Anguilla è, infatti, una delle Isole Sopravento Settentrionali, parte dell’arcipelago delle Piccole Antille, del quale fa parte anche la più nota Antigua, domicilio ufficiale dell’avventuriero.
L’isola di Anguilla si chiama così per via della sua forma allungata e serpentiforme. A differenza della succitata Antigua, che si trova nella porzione sud-est del Mar dei Caraibi, Anguilla è in una posizione più settentrionale ed esterna, nettamente più vicina al Mar dei Sargassi.
Questa particolare porzione dell’Oceano Atlantico – resa nota per la prima volta al mondo occidentale dalle spedizioni di Cristoforo Colombo – oltre ad aver solleticato la fantasia di Hugo Pratt, sembra aver esercitato un fascino particolare anche su altri autori letterari. Occorre, infatti, menzionare il gruppo di storie brevi scritte dall’autore inglese William Hope Hodgson, note per l’appunto come Sargasso Sea Stories e i vari riferimenti al Mare dei Sargassi presenti in due opere di Jules Verne: I grandi navigatori del Settecento, in cui l’autore sembra addirittura ipotizzarvi la collocazione della leggendaria città di Atlantide e uno dei suoi capolavori più conosciuti, Ventimila Leghe sotto i Mari, nel quale lo rende tappa del viaggio a bordo del sottomarino Nautilus del Capitano Nemo in cui scrive:
“Quando le navi dell’ardito navigatore raggiunsero il Mar dei Sargassi dovettero, a fatica e con spavento degli equipaggi, affrontare tutte quelle erbe che bloccavano il loro cammino; persero tre settimane nell’attraversarle. Era questa la zona che il Nautilus percorreva adesso, un’autentica prateria col tappeto folto d’alghe, di fucus natans, di uva del Tropico, a volte così compatto da poter essere tagliato dalla prua di una nave solo a stento”.
Il caso più celebre, però, è sicuramente quello del romanzo Il grande mare dei Sargassi di Jean Rhys, approfondibile nella nostra sezione Libri, in un articolo che lo lega a una riflessione sul concetto di polisemia, la possibilità di collegare più significati ad una medesima realtà linguistica.
A tal proposito, è opportuno richiamare per un momento, anche qui, il medesimo concetto, poiché cosa può esserci di più adatto – seppur in senso lato – del paragone con la polisemia per un mare nel quale, a tratti, le alghe si accumulano in modo così copioso da ricordare una prateria, rendendolo in questo modo polisemico anche alla vista?
Un topos letterario che meriterebbe un’esplorazione non solo cartacea 😉
Intanto, buona navigazione!
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