È un popolo a sé stante quello di Luigi de Magistris, un piccolo esercito che ha sviluppato, negli anni, un vero e proprio sentimento di lotta e rivoluzione ispirata dal comandante, il Sindaco della città di Napoli.
Il riscetamento delle coscienze tanto sponsorizzato e auspicato dal Primo Cittadino partenopeo ha prodotto, nelle già sei primavere della sua sindacatura, un incremento sensibile di associazioni, comitati, gruppi che seguono con passione la sua azione, partecipano al dibattito pubblico e intervengono fisicamente nella riqualificazione culturale e spesso strutturale delle aree a margine della città.
L’onestà, le mani pulite, la libertà di agire contro il Sistema generato dagli ultimi trent’anni di mala politica – successiva alla fine della Prima Repubblica – sono stati, fino a ora, armi che de Magistris ha sfoderato in ogni dove, bandiere che ha sventolato per farsi distinguere e riconoscere dalla sua gente, una missione che l’elettorato affezionato gli ha affidato e, contemporaneamente, difende nei luoghi di discussione.
Sono, tuttavia, alle porte le delicatissime elezioni politiche, quelle del prossimo 4 marzo 2018, e gli scenari che si prospettano per alcuni fedelissimi di casa DemA non sono dei più incoraggianti per il popolo arancione.
Siamo stati ben abituati a promesse di ogni genere poi smentite dai fatti di un’azione di governo sempre e solo garantista dei pochi e dei poteri forti, abbiamo fatto il callo di fronte ad apparenti litigi insanabili davanti alle telecamere dei salotti tv per poi veder mani stringersi nel nome della poltrona da difendere non appena la stessa fosse stata conquistata alle urne. Non ci ha fatto impressione nemmeno il Patto del Nazareno con le forze di centrosinistra sedute al tavolo di Berlusconi e, successivamente, pronte ad adoperarne le strategie per dare il colpo di grazia al mondo del lavoro – già precario –, alla scuola e ai servizi in generale. Da de Magistris, però, ci si attende ben altro, ci si aspetta, sempre e comunque, un distacco dalla politica solita, come da lui stesso professato. Se c’è una cosa che il Movimento 5 Stelle può insegnare è che il prendere le distanze dai soliti nomi di cui il cittadino medio è stufo produce più consensi di quanto i disastri messi in luce nelle città amministrate – vedi Roma con la giunta Raggi – non siano in grado di allontanare.
E allora, a tal proposito, perché si parla sempre con maggior insistenza di un avvicinamento del Sindaco di Napoli alle liste di Pietro Grasso, Liberi e Uguali, con il giovane Josi della Ragione a portare lo stemma di DemA in una coalizione che vede D’Alema, Bersani, insomma, i tanti ai quali de Magistris ha mosso spesso accuse, soprattutto quando vestivano i panni del Partito Democratico?
La presente non vuol essere un’analisi della bontà del progetto nel quale ha poi confluito anche la Presidente Bordini o a cui ha dato appoggio persino Legambiente, non si presta nemmeno a una valutazione dell’effettiva vena rivoluzionaria delle politiche di sinistra ora professate da Grasso.
Il discorso, nel caso di de Magistris, corre a prescindere, esula da giudizi sui chi e come. Immaginate se, come paventato dai principali quotidiani italiani e locali, Liberi e Uguali acconsentisse a una candidatura nelle proprie liste di Antonio Bassolino? Come potrebbero convivere i DemA e colui che, dalla maggioranza della popolazione napoletana e dalla quasi totalità dell’elettorato partenopeo, impersonifica il crollo della città e della sua reputazione, la crisi dei rifiuti, la rovina dei servizi, dai trasporti alla sanità?
Dal quartier generale, in particolar modo dalla voce del consigliere comunale Pietro Rinaldi, è giunta voce di un veto posto dagli arancioni: Grasso scelga: noi o Bassolino, in controtendenza rispetto a quanto auspicato da Arturo Scotto sulla “necessità” di superare limitazioni e includere la candidatura dell’ex Sindaco e Presidente della Regione Campania. Tuttavia, sulla questione, lo stesso de Magistris non si è ancora espresso in maniera ufficiale, il che lascia presupporre che l’avvocato potrebbe comunque colorarsi del rosso dalemiano senza un formale lasciapassare del numero uno del movimento.
Se basterà o no a salvare l’identità originale e rivoluzionaria dell’inquilino di Palazzo San Giacomo lo si riscontrerà alla prossima tornata elettorale che vedrà protagonisti gli arancioni. Il contraccolpo ci sarà, forse è l’unica cosa certa in questi giorni che tanto assomigliano a un’attenta partita di scacchi. Il Sindaco studia gli avversari ai tavoli, poi toccherà fare la propria mossa, per vincere o per non rischiare un matto che si porterebbe, però, dietro tanti rimpianti.