Angelina Jolie, Gwyneth Paltrow, Cara Delavigne, Asia Argento. Cos’hanno in comune? L’essere state vittime di un abuso da parte del proprio superiore e averlo denunciato. Scoppiava appena qualche mese fa, infatti, lo scandalo su Harvey Weinstein, il regista accusato di aver molestato e ricattato le attrici e la loro carriera promettendo parti e minacciando di toglierle al primo rifiuto.
La storia del se vuoi il lavoro devi prendere anche me non è, purtroppo, prerogativa di Hollywood. E se le innumerevoli denunce contro Weinstein sono arrivate dopo anni di silenzio, sappiamo tutti, senza fare gli ingenui, che tanti altri casi sono e resteranno nell’ombra per chissà quanto tempo ancora. Eppure, il coraggio mostrato dalle attrici sembra aver creato un’irrefrenabile reazione a catena. Così, agli ultimi Golden Globes, la vincitrice del premio Cecil B. De Mille, Oprah Winfrey, ne ha approfittato per pronunciare un accorato e coinvolgente discorso a difesa delle donne che, come sua madre, sono state costrette a subire anni di abusi di potere da parte degli uomini perché dovevano sfamare i figli, pagare le bollette e rincorrere i propri sogni.
Sembra, infatti, che il successo non si raggiunga senza il compromesso e il prezzo da pagare, soprattutto se si è donne e donne belle, è troppo spesso il proprio corpo, insieme alla propria dignità. Così, un nuovo movimento sta prendendo piede e risponde al grido – o, meglio, in questo caso all’hashtag – di #MeToo, anch’io, per spingere altre donne a denunciare e tantissime altre a non cadere nella trappola del prossimo datore di lavoro molesto. E tuttavia, in questo sentito coro, è emersa con forza una voce che ha detto Io no!. Stiamo parlando di quella di Catherine Deneuve, l’attrice che, come si legge erroneamente su alcuni giornali, vuole essere molestata.
Con una lettera firmata da altre novantanove donne controcorrente e pubblicata sul giornale Le Monde, infatti, la francese ha difeso il diritto del maschio Alpha di “braccare” la sua preda con ogni mezzo a sua disposizione. Negarlo significherebbe castrare l’uomo nella sua virilità e, soprattutto, privare la società di una libertà sessuale raggiunta dopo anni di insensato pudore. Per la Deneuve, insomma, sarebbe tutta colpa del testosterone e le donne, se non apprezzano l’invito, possono tranquillamente declinarlo senza fare tante storie.
Sembra, dunque, che l’attrice subisca particolarmente il fascino rude dell’uomo cavernicolo. Ma Catherine non è sola e, se Asia Argento la accusa di misoginia, il nostro caro ex presidente Silvio corre in difesa della damigella sotto accusa: È naturale che le donne siano contente che un uomo faccia loro la corte, ha dichiarato Berlusconi. Io non sono molto pratico perché sono sempre le donne a farmi la corte. L’importante è che la corte rimanga nell’eleganza. Peccato che il tipo di corteggiamento sostenuto dalla francese comprenda pratiche poco eleganti come lo struscio in metropolitana. Ma tanto, lei lo dice, il vero abuso è lo stupro: finisce lì. E, allora, via a mani viscide che scivolano sotto la gonna e alle “cene di lavoro” con il capo che si trasformano in proposte indecenti sotto le lenzuola: tutto è lecito, tutto è “maschio”.
Ma in fin dei conti la Deneuve ha anche ragione: questo è maschio, appunto, come si direbbe di qualunque esponente animale di sesso maschile. Sappiamo che gli uomini sono altra cosa e che, nello specifico, l’amore non c’entra affatto. Qui si parla di brutalità, siamo ai confini dell’animalesco: ai tempi di Catherine, la bandiera del sesso libero si erge più fiera che mai.
Per carità, noi non siamo puritani. Ed è vero che la corte, come dice il Berlusca, non dispiace. Però ci sentiamo anche di aggiungere che un essere umano vorrebbe essere trattato da tale e se la Deneuve si sente più vicina alle manifestazioni animali, ci fa piacere per lei, ma ci permettiamo di dissociarci, almeno per quanto riguarda il mondo del lavoro. Lì, infatti, un po’ di decoro sarebbe gradito e quantomeno atteso, non fosse altro perché quel tipo di terreno di caccia, soprattutto per il capo – uomo o donna che sia – è troppo facilitato dalle circostanze e troppo compromesso per il dipendente – uomo o donna che sia –, che comunque il pane a casa deve portarlo.
Quindi, va bene parlare di sesso, va bene parlare di libertà, ma siamo sicuri che un sottoposto abbia pieno arbitrio di rifiutare le avances del proprio capo? Anche quando intorno c’è crisi da far paura e a casa, come giustamente faceva notare Oprah, i bambini aspettano di mangiare? E, allora, continuiamo a difenderla, questa libertà, ma ovunque. Perché se si parla tanto di parità dei sessi e, come ha detto Deneuve, non è giusto demonizzare l’uomo a prescindere, è vero anche che non si può parlare di parità di potere sul posto di lavoro, dove, purtroppo, dal rifiuto al licenziamento è un attimo.
Ci sentiamo di condividere le dichiarazioni di Verdone, che pur difendendo l’attrice francese, fa notare: È stata certamente una giusta lezione data ai maschi che hanno prevaricato e molestato tantissime donne, ma finisca questa caccia alle streghe e questa massa di denunce in tv piuttosto che da polizia e carabinieri, e anche decenni dopo i fatti. Finisca, sì: perché anche se le denunce non hanno data di scadenza, è bene consumarle fresche, è bene che si continui a denunciare senza demonizzare o attaccare indistintamente tutto il genere maschile additandolo come “nemico” ed è bene che l’uomo possa corteggiare ma nel pieno del rispetto, in situazioni che lo consentano e solo quando la libertà di entrambe le parti sia più che garantita. E per la donna vale esattamente la stessa cosa.
Niente femminismi, dunque, e nemmeno maschilismi. Solo un invito a comportarsi come si conviene, non seguendo l’istinto brutale della specie, ma l’umanità di cui tanto amiamo gloriarci. Anche perché un sorriso, uno sguardo e qualche parola gentile sanno, da sempre, sedurre molto di più che una mano – nel migliore dei casi – poggiata sulle natiche.