Il procedimento di stampa alla gomma bicromatata è una tecnica che si basa sugli stessi principi di solubilità dei colloidi bicromati, i quali, all’azione del sole, si induriscono. Tale processo utilizza la gomma arabica in cui vengono disciolti dei pigmenti colorati, in particolar modo acquerelli. Con questi materiali, il fotografo inglese John Pouncy, nel 1858, compì i primi esperimenti, dimostrando che si possono ottenere immagini a colori utilizzando lo stesso foglio di carta sensibilizzato ed esposto con tre negativi diversi corrispondenti ai tre colori fondamentali dello spettro luminoso.
La tecnica alla gomma bicromatata veniva associata anche ad altri metodi, in particolare a quello ai sali di platino, con i quali era possibile ottenere particolari effetti di luce. Questi procedimenti ai pigmenti riscontrarono un grande successo presso i pittorialisti – il pittorialismo indica la tendenza di molti fotografi dell’Ottocento a imitare canoni estetici propri della pittura al fine di conferire dignità artistica alle proprie opere – fra il 1890 e il 1900, ma intorno agli anni Venti furono nuovamente ripresi e tuttora vengono utilizzati nel campo della fotografia artistica.
Il fotografo inglese William Willis, nel 1873, inventò e brevettò la platinotipia grazie all’osservazione delle diverse reazioni dell’ossalato di ferro, precedentemente utilizzato nella cianotipia, e all’azione della luce in presenza di altri sali metallici non argentici. Willis combinò l’ossalato di ferro con sali di platino, ottenendo così un’immagine in bianco e nero dai toni neutri, stabile e ricca di dettagli.
Successivamente riuscì a migliorare questo procedimento mettendo a punto una serie di viraggi che rendevano l’immagine più calda, con toni accattivanti. Grazie all’ottima qualità delle fotografie, la platinotipia ebbe un grande successo. Nel 1879, infatti, Willis fondò la Platinotype Company, che divenne la più importante industria di fabbricazione di carta al platinotipo.
La produzione di queste carte si arrestò soltanto con lo scoppio della Prima guerra mondiale, quando il platino raggiunse prezzi tali da rendere antieconomico il suo impiego in fotografia. La caratteristica che colpì particolarmente gli artisti appartenenti al gruppo di pittorialisti e alla Photo-Secession fu l’opacità e la rugosità della superficie della carta, nonché la delicatezza dei toni che conferivano all’immagine un aspetto molto particolare.