Quando le porte del carcere si chiudono alle spalle di un individuo, d’un tratto, la luce si spezza, l’aria si fa rarefatta, circoscritta alle mura, la vita va in pausa e, spesso, il pulsante di ripartenza non verrà più schiacciato. Gli istituti di detenzione, in Italia, sono biblioteche di storie di sofferenza, di dolore, di scelte sbagliate senza possibilità di una seconda opportunità. L’ora d’aria è una preghiera che, con il tempo, non si recita neanche più.
Quando le porte del carcere si chiudono alle spalle di un individuo, un tatuaggio indelebile gli si imprime sulla pelle e nell’anima, gli sguardi del mondo esterno si uniformano allo stesso giudizio.
Esistono, però, persone che hanno imparato a guardare oltre le mura, oltre le sbarre, oltre i pregiudizi, oltre la pelle dura della cattiveria e sporca di quell’inchiostro incancellabile. Nel carcere di Secondigliano, presso una delle zone più difficili del territorio napoletano, l’area nord, conosciuta ai più per i fatti di criminalità organizzata, alcune associazioni si spendono affinché la luce trafigga le barriere della prigione e la natura rompa il cemento che separa gli uomini dalla libertà.
La cooperativa sociale L’Uomo e il Legno, del Presidente Enzo Vanacore, da ormai oltre vent’anni, si pone il delicato obiettivo di offrire un’azione volta all’inserimento lavorativo attraverso dei laboratori artigiani e non solo che vanno dalla falegnameria alla lavorazione della ceramica. Solo due anni fa, però, a questi progetti si è aggiunto CampoAperto, ossia una fattoria sociale che gestisce circa due ettari di terreno all’interno del penitenziario.
CampoAperto è un progetto di Impresa Sociale per la produzione agricola di eccellenza, completamente naturale. – dichiarava Vanacore, nel 2016, in un’intervista a cura di Umberto Laperuta – Un’iniziativa che, oltre a sostenere la ristrutturazione del progetto di vita delle persone private della libertà personale, prima che siano chiamate a rimettersi in gioco una volta scontata la pena, offre una risposta concreta al bisogno di lavoro salariato espresso dai detenuti, in considerazione del fatto che il sistema penitenziario, caratterizzato da sovraffollamento, incremento dei suicidi e degli atti di autolesionismo, non sempre riesce a garantire un autentico percorso di riabilitazione.
Un nome, CampoAperto, che, come suggerito dai detenuti, si contrappone alle mura chiuse del carcere, un progetto di agricoltura di altissima qualità, lontana dall’utilizzo di qualsiasi agente chimico, destinata a un piccolo mercato – dalla vendita online, ai privati, fino a piccoli ristoranti – che permette, però, ad alcuni dei lavoratori impegnati nella gestione del terreno e della sua coltivazione di affrontare il lavoro salariato, finalmente fuori dalle logiche della malavita.
È iniziativa di quest’anno Un Pacco dal Carcere, un rovesciamento del modello 176 bis, quella lista di tutti gli oggetti che possono essere contenuti nei pacchi destinati a persone recluse in quell’istituto da parte di amici o parenti. Con questo progetto, le scatole affrontano il percorso inverso, partendo dal penitenziario fino alle tavole degli acquirenti, testimoniando l’impegno dei detenuti nella lavorazione delle terre. Tre le versioni, rossa, arancione e viola, tutte con certificazione Bio.
Un Pacco dal Carcere sarà donato, previa estrazione, ai partecipanti alla prima festa dell’Associazione Culturale L’Anguilla, presso lo Slash art/msic, venerdì 5 gennaio alle ore 18:30, perché, come ben espresso dai responsabili della cooperativa L’Uomo e il Legno nel commentare questa bella e spontanea collaborazione, la cultura va di pari passo con il mondo del lavoro e i due temi sono così fortemente collegati che l’uno non potrà e non dovrà mai escludere l’altro.
La natura, come spesso accade, offre soluzioni che l’uomo, nel suo compulsivo ricorrere all’artifizio, non è in grado di raggiungere. La solidarietà e l’impegno delle cooperative coinvolte arricchisce un terreno florido di tutte quelle opportunità che si traducono in lavoro e speranza per chi, a causa di scelte sbagliate, non pensava più di averne diritto.
Quando le porte del carcere si chiudono alle spalle di un individuo, qualcun altro è pronto ad attenderlo, con gli occhi liberi da quelle barriere che sono tutt’attorno a spezzare la luce, ad appesantire l’aria. Una seconda chance è possibile.