Il Natale a Napoli richiama a sé il profumo delle tradizioni culinarie. Un’usanza che si ripete, ogni anno, alla vigilia, con un menu “quasi” obbligatorio: spaghetti con le vongole, insalata di rinforzo e l’immancabile capitone.
Il capitone, femmina della nota anguilla, è solitamente acquistato il 23 dicembre, giorno dell’antivigilia, e può essere sia fritto che servito in umido.
Per rispettare la tradizione natalizia napoletana ogni cuoco e cuoca compie un vero e proprio sacrificio: quello appunto del capitone. Per domare i suoi movimenti imprevedibili, i suoi guizzi improvvisi, si pone fine alla sua vita con un gesto semplice, brutale: il taglio della testa.
Questo gesto va ben oltre le pareti della cucina, perché mozzare la testa all’animale significa esorcizzare il male e di conseguenza allontanare la sfortuna. Così, da secoli, il popolo napoletano, da sempre superstizioso, continua a tenere a distanza la malasorte e la sua negatività.
Il capitone, infatti, a Napoli è considerato un portafortuna per via della sua somiglianza con il serpente che nella tradizione cristiana incarna il male a causa delle sembianze assunte da Satana per tentare Eva con il frutto proibito. Mangiarlo la sera della vigilia significa, quindi, mangiare proprio quel serpente, enfatizzando un atto simbolico e portatore di buona sorte.
Che questa credenza sia considerata soltanto una scusa per incoraggiare la gente a mangiare questo pesce non lo sapremo mai. Non c’è dubbio, però, che il capitone sia un alimento grasso ed economico. Sicuramente un motivo più pratico e convincente per utilizzarlo nella preparazione di buonissimi piatti.
Una tradizione che affonda le sue radici in tempi lontani e che rivive ancora oggi con la stessa intensità.
Chi se mpresta denare, e chi le ccagna,
S’asciuttano le ssacche e li vorsille,
E po nfaccia a lo pesce è la coccagna.
E ssiente strilla grosse e ppeccerille:
— Senza li capitune non c’è ffesta —
Mo te scioncano nfaccia chest’anguille.
Giulio Genoino, Per lo bello juorno de la vigilia de Natale
Non conoscevo la tradizione napoletana del capitone.
Interessante l’articolo e ben scritto, complimenti Francesca.