Se avete aperto questa pagina ansiosi di leggere l’ennesimo articolo anti-migranti sotto al quale riversare un bel po’ della vostra frustrazione, ve lo diciamo subito, potete anche rapidamente richiuderla. Non ne troverete traccia alcuna. Tantomeno, potrete affidarvi a un’esaltazione della fiera razza italica nostalgica dei tempi che furono. Ahivoi, a nessuno qui, manca quando c’era lui. Suvvia, non fate così: non volevamo tendervi una trappola per qualche click in più. L’aberrante frase che dà il titolo a questo scritto, infatti, ci sembrava piuttosto calzante per affrontare un tema che non riusciamo proprio a ignorare ma che, anzi, ci causa anche un certo prurito. Parliamo di quelli che di nero hanno la camicia, non il colore della pelle. Parliamo dei veri nuovi invasori.
Negli ultimi anni, con sempre maggior insistenza, i flussi migratori di origine fascista che, con la speranza di tornare a dettare legge, si muovono dai meandri nascosti della nostra società – dove prima, per buona pace della Costituzione, tendevano a celarsi i camerati – sono piuttosto consistenti. Dal megafono social al bar sotto casa, a tutti noi capita quotidianamente di leggere o ascoltare un commento che istighi alla violenza – soprattutto contro gli immigrati, i buonisti e il Presidente della Camera, Laura Boldrini – o che rievochi il Ventennio, adulato perché passato, quindi facile da mistificare. Persino nei consigli comunali, così come nelle liste presentatesi alle più recenti elezioni, nei negozi, addirittura in talune trattorie e nei supermercati, sono tornati simboli, slogan e gesti di chiara natura mussoliniana, inasprendo i toni di un’insofferenza generale ascrivibile sicuramente a motivi diversi da quelli a cui ci si aggrappa rovinosamente per giustificare la caduta di un sistema marcio in ogni suo capillare.
D’altra parte, si sa, la storia ci insegna che ideologie così estremiste e disumanizzanti trovano terreno fertile nei periodi più oscuri e difficili. E quello che stiamo vivendo sicuramente lo è. Quando la povertà incontra l’ignoranza nella quale il capitalismo vuole tenere i suoi sudditi – essendo questo l’unico modo che ha per restare in vita –, tornano in auge i vecchi discorsi di destra, le forme più vili di razzismo preparatorie di un nuovo scontro, di un nuovo conflitto, di una nuova porcata per cui stabilire, domani, un nuovo giorno della memoria. Dalla politica al popolo, i problemi reali spariscono, il nemico diventa il più debole, la vittima si fa carnefice e l’odio prende il sopravvento. Quanto sta accadendo in Italia ne è un esempio lampante.
Conosciamo tutti l’ultimo manifesto pubblicato sui social da Forza Nuova, il movimento di estrema destra che non perde occasione per farci vergognare dell’ingombrante quanto imbarazzante passato fascista del nostro Paese. L’immagine a cui fa riferimento è quella di una nota locandina utilizzata dalla Repubblica di Salò nel 1944 contro le truppe alleate, con al centro un uomo di colore, piuttosto caricaturale, che tenta di molestare una donna bianca. Il rimando ai recenti – quanto strumentalizzati – episodi di violenza avvenuti a Rimini è piuttosto palese e a sottolinearlo pensa la didascalia che la accompagna: Difendila dai nuovi invasori. Potrebbe essere tua madre, tua moglie, tua sorella, tua figlia.
Ecco che torna, quindi, la frase a cui facevamo cenno in precedenza, ma in un contesto differente, ben attenti a sottolineare che non è di violenza sessuale che accuseremo queste persone. I nuovi invasori che, lo ribadiamo con convinzione, per noi non sono gli immigrati ma una categoria precisa di individui che la Carta Costituzionale rifiuta perentoriamente, stanno ormai monopolizzando ogni luogo prima di libera espressione, relegando noi, quelli consentiti dalla legge, sempre più ai margini, in uno spazio ristretto di mobilità. Intanto, ci rubano la parola, la libertà e l’umanità. Ed è da queste violenze, psicologiche soprattutto, ma talvolta anche fisiche, attuate da nuovi invasori a cui paghiamo vitto, alloggio, bollette, schede telefoniche, cellulari e sigarette, che dobbiamo difendere noi stessi, le nostre madri, le nostre mogli, le nostre sorelle, le nostre figlie, impedendo al fascismo di contagiarle, di espandersi e di imporsi. Salvaguardare loro significa salvaguardare il futuro del mondo che vogliamo costruire affinché non imploda, affinché quello che di buono si è fatto nei secoli non venga distrutto nuovamente per poi rimpiangerlo quando sarà troppo tardi. Quando l’intolleranza ci avrà vinto e annientato, è difficile che possa sopravvivere qualcosa di noi. Eppure, settant’anni sono pochi per permettere al tempo di cicatrizzare le ferite, pochi per non sentire addosso il peso degli sguardi di chi abbiamo ammazzato, niente per dimenticare il male di cui siamo capaci e cancellare le storie che abbiamo interrotto.
Nel 2017 i lumi della ragione dovrebbero essere più che accesi, lasciare che qualcuno li spenga resta un omicidio imperdonabile. Difendiamoci.