I seminatori di odio, sparsi un po’ ovunque in questo mondo che sembra abbia deciso di porre fine alla sua esistenza, possono dichiararsi soddisfatti per i risultati che di certo non mancano.
La politica ha riscoperto la strategia dell’odio che, nel tempo che viviamo, dà risultati a breve termine, e non mi riferisco soltanto ai mediocri esponenti di casa nostra. Basta, infatti, volgere lo sguardo a chi guida una grande potenza come gli Stati Uniti d’America che ha utilizzato l’espediente dell’astio finalizzato a porre gli uni contro gli altri, con immaginari e pretestuosi scontri di religione che proprio nulla hanno a che fare con la follia terroristica in atto.
Eppure, sarebbe sufficiente una discreta dose di memoria o di una minima capacità di informarsi per verificare che le maggiori vittime di questa follia sono proprio le comunità di religione islamica, ma la gente ama ripetere senza cognizione di causa alcuna ciò che viene irresponsabilmente e falsamente pontificato da taluni organi di (dis)informazione retti da personaggi che con il terrorismo della parola hanno costruito le loro carriere.
Le stragi a opera di una manovalanza spontanea, passata dalle cinture esplosive al coltello, dagli attacchi mirati contro punti sensibili ai furgoni lanciati a tutta velocità contro folle ignare, sono il volto di un terrorismo difficile da interpretare ma che ha radici profonde anche in un odio accumulato da una generazione vissuta in contesti ostili dove l’emarginazione ha preso il sopravvento sui tentativi di integrazione, rimasta sempre più soltanto un vocabolo senza senso.
Nel nostro Paese, la cultura dell’odio e del terrorismo della parola non è soltanto patrimonio esclusivo della classe politica becera e mediocre o di una parte dell’informazione, bensì appartiene anche a una consistente fetta della società che nel fenomeno migratorio vede in pericolo le proprie certezze, i propri privilegi e i valori e l’identità del proprio Paese… Ma quali valori? Quale identità? Una nazione ad altissimo tasso di corruzione e di evasione fiscale, dove anche il nuovo ha necessità di rincorrere qualche mediocre della politica sull’immigrazione per pochi voti in più.
Altre stragi, purtroppo, saranno possibili o forse termineranno, o cambieranno soltanto i metodi, ma certamente nulla cambierà se ogni forma di discriminazione prevarrà su civiltà, giustizia ed eguaglianza.
C’è un tempo per seminare e un tempo per raccogliere, ma per dare speranza alle giovani generazioni occorre ribaltare un sistema radicato sull’egoismo e sulla cultura dell’esclusione. Tuttavia, quanto accade in quel grande cimitero che è il Mediterraneo non fa credere in nulla di buono, lì dove anche salvare vite umane è divenuto reato e dove la cultura dello scarto è entrata di diritto nei valori sacrosanti tanto cari ai razzisti non solo di casa nostra.