Quando mi chiedo come sia possibile che gli italiani continuino a votare Berlusconi, mi do una risposta pesantissima. Lo votano perché incarna gli istinti peggiori del nostro popolo. Quelli a cui non si resiste.
Lo scorso 20 luglio, la Commissione Parlamentare Jo Cox – dal nome dell’europarlamentare laburista uccisa a Leeds nel 2016 – ha presentato, nella voce di Laura Boldrini, Presidente della Camera e della Commissione stessa, il proprio rapporto riguardante i fenomeni di intolleranza, xenofobia, razzismo e odio in Italia, con risultati per nulla rassicuranti. Ancora una volta, infatti, il nostro Paese ha dato prova dell’arretratezza culturale e sociale, nonché della deriva morale a cui sembra sempre più destinato, senza alcuna intenzione di porre argini limitatori.
Dai dati emersi è stato possibile ricostruire una piramide dell’odio ben definita che vede ai vertici tre categorie costantemente sotto attacco: donne, omosessuali e immigrati. Vittime incolpevoli di un sentimento che, tuttavia, non ci sorprende molto, ormai atrofizzati come siamo dalle invettive a cui le cronache quotidiane e i social ci hanno abituato con costanza e zero remore. A tal proposito, i numeri ufficializzati dalla Commissione lasciano ben poco spazio all’interpretazione: solo il 43.7% degli italiani riconosce che le donne sono oggetto di discriminazione, mentre il 59.4% lo attesta per gli immigrati, il 61.3% per gli omosessuali e l’80.3% per i transessuali.
Nello specifico, per uno su cinque dei nostri connazionali è agli uomini che spettano dirigenza e leadership politica secondo una convinzione molto diffusa per la quale alle donne, giustificando o favorendo differenze di trattamento nei loro confronti che possono diventare vere discriminazioni, sono più affini competenze diverse da quelle riservate al loro opposto. Esse, inoltre, sono anche le principali destinatarie dell’astio online, come si evince, ad esempio, nell’arco di tempo che va dall’agosto del 2015 al febbraio del 2016 con una percentuale del 63% di tweet negativi.
Una spiegazione al fenomeno, si legge nella relazione, va trovata nella credenza che del sesso debole si possa fare ciò che si vuole, spesso perché questo non corrisponde alle proprie aspettative. Le manifestazioni di odio nei confronti delle donne si esprimono nella forma del disprezzo, della degradazione e spersonalizzazione, per lo più con connotati sessuali.
Inevitabile, quindi, il discorso relativo alla violenza fisica e psicologica: il 16.1% delle donne è stato coinvolto in atti di stalking, mentre il 31.5%, in una fascia di età che va dai 16 ai 70 anni, ha subito degli abusi soprattutto da parte di partner attuali o ex. Non a caso, anche la maggior parte degli omicidi – per i quali è stato necessario coniare un termine nuovo che ne indicasse la crudeltà, femminicidio – sono a opera di soggetti molto vicini alle vittime, in non poche occasioni persino familiari. Risulta evidente, quindi, come in Italia il fenomeno legato alle differenze di genere e, quindi, alle pari opportunità sia di dimensioni molto più vaste e preoccupanti di quelle che di solito si tende ad attribuire loro in discorsi fintamente interessati e volti alla risoluzione del problema. Come affermato dalla Presidente Boldrini il sessismo è sottovalutato, se non addirittura accettato. Per questo nelle raccomandazioni finali ce n’è una, rivolta alle istituzioni italiane ed europee, perché venga considerato come movente discriminatorio e sia oggetto di analisi specifica dei discorsi d’odio. Se non altro, eviteremmo ulteriore materiale da offrire a Barbara D’Urso.
Proseguendo l’analisi del rapporto emesso dalla Commissione Jo Cox, anche nei confronti della comunità LGBTI è emerso uno scenario a dir poco inquietante: il 25% degli italiani, infatti, dunque un cittadino su quattro, considera l’omosessualità una malattia. Nello specifico, il 43% degli abitanti del Bel Paese ritiene che i gay siano tutti uomini effeminati mentre il 38% che le lesbiche siano donne prive di femminilità. Ma non basta: il 24.8% ha perplessità sul fatto che persone con orientamento omosessuale possano rivestire una carica politica, il 28.1% sulla possibilità di una carriera medica e, aguzzate la vista, il 41% sull’insegnamento in una scuola elementare. Il 20%, infine, ritiene poco ammissibile o del tutto inaccettabile avere un collega, un superiore o un amico omosessuale. D’altronde, meglio essere cauti, c’è rischio che il virus continui a infettare!
Il 40.3% delle persone LGBTI è stato discriminato almeno una volta nel corso della vita: dall’ambito scolastico o universitario (24%) a quello familiare, lavorativo (22.1%) e persino sanitario (10.2%), in tantissime raccontano di esperienze che le hanno viste vittime di una qualche forma di emarginazione. Senza andare troppo indietro nel tempo, basti pensare al caso che ha creato – finto – scalpore in questa torrida estate con protagonista la coppia rifiutata dal proprietario di un B&B calabrese che non accetta gay e animali. L’omofobia, altro termine aberrante, è purtroppo, ancora nel 2017, in quella parte di mondo che si reputa emancipata, estremamente diffusa con il 23.3% della popolazione omosessuale e bisessuale che ha subito minacce e aggressioni fisiche, mentre il 35.5% è stato oggetto di insulti e umiliazioni. Non è un caso che secondo l’Agenzia per i Diritti Fondamentali (FRA) l’Italia sia percepita dalle persone LGBTI il Paese più omofobo dell’UE. L’ennesimo primato di cui andare fieri, insomma.
Per concludere, per la gioia di Salvini e seguaci, bersagli preferiti dagli italiani brava gente sono anche gli immigrati con percentuali del 60.1% di coloro che si definiscono diffidenti, del 6.9% degli apertamente ostili e del 15.8% degli indifferenti. Quando ci si vanta di essere un popolo caloroso e accogliente, quindi, ci si dimentica un dato importante: l’80.8% degli intervistati ha dichiarato, infatti, di ritenere difficile l’integrazione di un immigrato nella nostra società, con un 2.4% che lo reputa impossibile. Ma, forse, visti i risultati dell’indagine della Commissione Jo Cox per i non italiani non è così un male.
Numeri, quelli presentati alla Camera, che più che discutere dovrebbero far rabbrividire e, invece, restano tali, neri su bianco, nell’apatia totale dell’italiano medio che si interroga su dove i vip trascorreranno le vacanze o nella reazione offesa del tipico analfabeta funzionale che mai si mette in discussione.
La relazione – ha sostenuto Laura Boldrini – dimostra l’esistenza di una piramide dell’odio alla cui base si pongono stereotipi, rappresentazioni false o fuorvianti, insulti, linguaggio ostile che è diventato paradossalmente normalizzato o banalizzato […]. Non possiamo più derubricare offese sanguinose, razziste, sessiste e omofobe a semplici battute, a episodi di goliardia o di esuberanza. Così come non si può più ritenere che il linguaggio violento sia una forma di efficace linguaggio politico. Invitiamo anche i media a fare una riflessione su questo, su una percezione così diversa dalla realtà, perché le informazioni passano a volte, non sempre, attraverso i media. Bisogna contrastare gli stereotipi, non assecondarli.
E così, ancora adesso, ci ritroviamo a parlare di odio, di razzismo, di omofobia e di misoginia. Temi che già nell’antica Roma erano all’ordine del giorno. Peccato che di tempo ne sia passato e non poco. Al fronte di questi dati, quindi, nel Paese degli aiutiamoli in casa loro, stavolta sentiamo di poterci accodare anche noi. Aiutiamoli. Aiutiamo e facciamo aiutare gli italiani in casa loro. Ma da uno bravo, però.