La coppia monogamica ha senso soltanto se si pone come un laboratorio permanente di vicendevole scoperta di sé, e non come un enorme parcheggio dove assicurarsi che il proprio futuro e il proprio eros non diventino né troppo miseri né troppo ingombranti. La monogamia è positiva, cioè, se ha come base il desiderio della totale emersione di sé e dell’altro, la fuoriuscita integrale dei mostri e delle meraviglie presenti in entrambi. Se anche solo uno dei due partner non ha la voglia o la forza di assistere a quel big bang, questa microforma di società chiamata “coppia monogamica” non è la soluzione ideale. Vivere la fedeltà, la sincerità e l’armonia di coppia è una sfida enorme e molto spesso impari rispetto a quel che la stragrande maggioranza delle persone desidera dalla vita, e cioè piccole soddisfazioni ordinarie.
È proprio a partire da queste preziose parole dello scrittore, filosofo, editore e attore teatrale Andrea Colamedici nel suo articolo Perché la monogamia fa (quasi) sempre male che vorremmo presentare la serie televisiva You, me, her. Prodotto dalla piattaforma Netflix e arrivato alla sua seconda stagione, questo telefilm si è imposto all’attenzione del pubblico per la delicata tematica trattata: il poliamore.
La giovane coppia di protagonisti vive a Portland e, oramai sulla soglia dei quarant’anni, si interfaccia con un matrimonio in crisi, a causa dell’ormai scemata passione e della noia quotidiana. Jack ed Emma sono, difatti, due professionisti affermati e inseriti nella vita sociale alto-borghese della città, ma la loro attività sessuale non li appaga più. Non hanno figli, a dispetto dei loro vicini, e sono intensamente concentrati sul proprio lavoro.
L’ordinaria routine verrà spezzata dalla scelta di Jack di contattare una escort, Izzy, studentessa universitaria squattrinata e dalla vita confusionaria. I due si incontreranno, ma il loro appuntamento verrà interrotto dal rimorso di lui, che confesserà subito tutto alla moglie. Emma, a sua volta, deciderà di conoscere la giovane ragazza, fingendo di voler usufruire del suo servizio. A questo punto – sono già trascorsi i primi dieci minuti della puntata – anche lei verrà sedotta dalla spontanea e goffa sensualità di Izzy.
A partire da questo evento, come è ben immaginabile, nascerà una relazione a tre o, per meglio dire, un rapporto a due tra una coppia e un singolo. La sfida proposta da questa prima commedia romantica poliamorosa è proprio quella di offrire, con una leggerezza spiazzante, una possibilità inusuale. Appare sempre più scontato, come esposto nella citazione iniziale, che la relazione monogamica di matrice borghese stia vivendo un momento di forte crisi concettuale e fattuale. Si affacciano all’orizzonte nuove forme, nuove aspettative, nuove pretese, e l’antica concezione della coppia coniugata come unica possibile è stata oramai soppiantata.
La monogamia, difatti, ci è da sempre apparsa come lo scenario necessario dell’amore, quello più giusto, più legittimo. Si è pensato, con grande ingenuità, che fosse il più semplice e tutto ciò ha prodotto una lunga serie di interrogativi rispetto ai numerosi fallimenti matrimoniali e alle molteplici infedeltà. Perché – e in cuor nostro ne siamo tutti consapevoli – la monogamia è uno sforzo titanico, basato sulla dedizione, sulla continua ricerca dell’altro. E non è indenne al tempo, alle tentazioni e – soprattutto – alla noia. Appare, dunque, una scelta per impavidi, non per inetti; una sfida continua, più che un “parcheggio” per persone svogliate.
Di conseguenza, ci ritroviamo dinanzi al crepuscolo degli idoli. Tutti coloro che hanno fatto affidamento sulla naturalità delle convenzioni sociali, compresi i protagonisti della nostra storia, si sono ritrovati dinanzi al fallimento delle proprie concezioni. Ciò non implica, ovviamente, che la coppia monogamica non possa avere un lieto fine, ma semplicemente che quest’ultimo non sia una naturale conseguenza della forma relazionale. Al contrario, è possibile immaginare nuovi modi per cercare un proprio ordine, una propria soddisfazione amorosa. Il poliamore, a quanto pare, potrebbe essere uno di questi.
You, me, her, senza avere troppe pretese, ha il grande merito il proporre un tema così delicato e di mostrare con noncuranza la decadenza della coppia occidentale contemporanea. Jack ed Emma si imbattono in uno sviluppo imprevisto del proprio matrimonio e decidono di mettere quest’ultimo in discussione, aprendosi a un nuovo elemento. Le vicissitudini rocambolesche del trio, a tratti surreali, mostrano essenzialmente le difficoltà legate al contesto sociale e all’etica vigente nell’accettare questa nuova formazione, e offrono allo spettatore le goffe contrattazioni, i continui dubbi e anche la ricerca di un rispetto reciproco tra le parti.
In un certo qual modo, più che essere un inno al poliamore – del quale non si nascondono le evidenti difficoltà – questo telefilm è un inno all’onestà sentimentale. Persino la monogamia trova una propria luce nell’esser vista per ciò che realmente è: un atto straordinario.