A Scampia le Vele sono pile di libri, le pistole penne cariche di storie. Si sparano ricordi, si sparano sogni, arcobaleni di speranze. Racconti di ieri e di oggi, di un futuro che è una finestra spalancata sul mondo, senza sbarre, un vento fresco che accarezza il viso. A Scampia le parole invadono le strade, si spacciano romanzi, si costruiscono alleanze di solidarietà, un fiume in piena scorre e prova a cancellare le tracce di chi quel luogo lo calpesta ogni giorno senza rispetto, tentando di storcerne il volto, come un fuoco indomabile. A Scampia ci sono i sentimenti, quelli veri, e ci sono le persone, quelle coraggiose. Davide Cerullo è una di queste.
Nato nella periferia napoletana, cresciuto all’ombra di Gomorra, dapprima pastore con il padre, poi giovanissimo pusher, la sua è una di quelle storie che se te le raccontano, nemmeno ci credi, però, che siano vere, ci speri più di ogni altra cosa. Stavo avvolto dalle bende che altri mi avevano cucito addosso. Più che bende, erano pesanti catene di acciaio che erano state saldate con la fiamma sulla mia pelle. Cominciavo a puzzare. Era un puzzo di morte, un fetore ammorbante emanato dalle azioni abominevoli che ero costretto a compiere.
Segnato dalla violenta povertà tra le mura domestiche, privato di una formazione scolastica, ingannato dalla promessa di una quotidianità facile e affascinato dalle tasche piene di soldi sporchi di un vizio che distrugge le vite altrui, Davide è un tizzone scampato a un incendio. Succede a legni che si battono contro il fuoco. La sua è un’infanzia negata dalla droga, un’adolescenza tra agguati, fughe dalla polizia e lunghi giorni in carcere. Un luogo, quello in cui diventa adulto, come un tatuaggio indelebile, ma solo apparentemente, un percorso di crescita già segnato ma mai realmente deciso. Fino al fischio del treno.
Come per il Belluca di pirandelliana memoria, infatti, anche per Davide, un giorno, di ritorno da un’ora d’aria come un’altra, un evento, casuale, un segno, forse del destino, cambia per sempre il corso della sua esistenza. Il Vangelo, il suo nome ripetuto a più riprese, la scoperta di un personaggio che sente appartenergli, la segreta lettura di pagine sacre lo destano da un sonno che gli ha condizionato la vita, dandole una direzione errata. Inizia, così, una metamorfosi che da bruco lo muta in farfalla e gli restituisce la libertà.
Lasciato l’istituto penitenziario, infatti, il giovane non subito, non facilmente, sceglie di dare un senso diverso a un trascorso che non può più essere solo suo, e allora imbraccia una macchina fotografica e una tastiera, lo immortala, lo racconta.
Come nel suo ultimo libro, Poesia cruda, edito da Marotta&Cafiero, racconta quei luoghi, quei giorni, le storie di chi come lui ce l’ha fatta e di chi, invece, non è stato altrettanto forte. Parla a noi tutti, ai bambini, quello che non ha potuto essere, a chi sente citare il nome del quartiere periferico e si volta dall’altra parte, condannandolo. Parla a chi ci vive e ha paura, a chi vuole cambiarlo, a chi in questa lotta si sente solo.
Quello che io voglio dire alla mia gente, alla gente delle Vele, è che anche se si sbaglia non è vero che nessuno è irrecuperabile. Gli irrecuperabili sono solo un’invenzione della nostra malafede che ci fa credere che tutto è perso, che non si può fare nulla, che tutto è irrimediabilmente compromesso.
E, invece, non lo è. Non lo è mai finché non smettiamo di fidarci di chi ci illude del contrario e non ci tende la mano. Di chi vive di pregiudizi, di malavita e di uno Stato che non c’è.
La camorra, al contrario dello Stato, riesce ad assicurare un buon supporto economico alle famiglie povere. La corruzione, senza generalizzare, dilaga. Carabinieri, poliziotti, istituzioni, che non si mostrano indifferenti, ma, peggio, conniventi. Spesso tra forze dell’ordine e clan c’è uno stretto rapporto. I clan hanno possibilità di gestire denaro liquido da capogiro, denaro di fronte al quale spesso si vende l’anima. La mentalità del favore, poi, è radicata. E lo dimostrano decine di arresti nei confronti delle forze dell’ordine. A Scampia ci sono tante persone oneste, umiliate, però, dalla mancanza di un impiego. Se non si creano alternative, non si può pretendere da queste persone che pratichino la legalità. Il riscatto lo deve realizzare la parte sana del posto, ma lo Stato deve fare fino in fondo la sua parte. Scampia è parte dell’Italia: non lo dimentichiamo. […] Tanti fanno un ottimo lavoro, con passione e determinazione, spesso rischiando la vita. Ma potrebbero fare di più, se ci fosse più collaborazione e meno omertà. Bisogna aiutare le persone ad avere di nuovo fiducia nella giustizia. E poi si sa: c’è chi alla criminalità organizzata fa guerra e chi decide di andare d’accordo.
Oggi Cerullo – già autore di Ali bruciate (2009), Parole evase (2013), La ciurma dei bambini e la sfida al pirata Ozi (2013), Diario di un buono a nulla. Scampia, dove la parodia diventa riscatto (2016), ha una famiglia, due figli e una vita “normale”. È una persona nuova che si commuove pensando a quanto sia bello sudarsi e guadagnarsi la propria paga, che sogna e crede in una realtà diversa per tutta la gente perbene che abita le zone di camorra, una persona che restituisce dignità e speranza, perché nulla è deciso e nulla è perduto. Davide è il treno che fischia.
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