A settembre ho lanciato un sondaggio: quali sono i libri, gli autori o le autrici più sopravvalutati? Ne è venuta fuori una lista interessante, correnti di pensiero che, bene o male, si sono aggregate creando delle opinioni condivise. Con la domanda opposta – quali sono gli autori o i libri più sottovalutati – le cose sono state meno semplici perché se è vero che è tutto soggettivo ed esprimere ciò che riteniamo troppo di moda pare facile, è vero anche che ciò che riteniamo trascurato dall’editoria mainstream è più difficile da individuare. Sui titoli sottovalutati le correnti si sono frastagliate, ognuno ha il suo autore o la sua autrice, ognuno pensa che quel testo sia poco considerato. Alcuni punti fermi però ci sono, anche in questo caso.
Cominciamo con una riflessione interessante di una ragazza che ha risposto al sondaggio: mi domanda se io abbia mai fatto caso alla tendenza di nominare uomini quando si parla di testi sopravvalutati mentre le autrici spuntano quasi sempre quando si tratta di testi sottovalutati. Effettivamente, tirando le fila dei due sondaggi, noto che potrebbe essere vero.
I primissimi nomi che vengono fuori sono Maria Costa e Maria Corti: la prima, scrittrice siciliana dichiarata patrimonio Unesco perché scriveva in vernacolo messinese ottocentesco ai giorni nostri; la seconda che la persona che me l’ha suggerita considera come snobbata ingiustamente. Consiglia un testo per conoscerla e recuperarla: L’ora di tutti, che a suo avviso è uno dei testi più belli del secondo Novecento italiano. In aggiunta, ricorda anche un’altra autrice poco conosciuta, Anna Banti, il cui testo più rappresentativo è Artemisia.
Restando sul versante femminile, sono state citate: Yoko Ogawa, autrice giapponese il cui romanzo breve La casa della luce si presenta in una nuova edizione il 15 novembre 2024, edito da Il Saggiatore; Mariella Mehr approfondita in questo modo dalla mia interlocutrice: I suoi testi migliori sono Ognuno incatenato alla sua ora (edito Einaudi), oppure Labambina (edito Fandango). Era un’autrice yenisch (nomadi di origine tedesca, etnia diversa dai rom che sono originari invece dell’India ma spesso associati per la vita itinerante). Racconta la sua esperienza come vittima di un programma eugenetico svizzero nel dopoguerra, parla del tema della famiglia che non ha mai ritrovato e della rinascita attraverso la scrittura. In Italia è quasi sconosciuta per via dell’antiziganismo e non si trovano tutte le opere tradotte, in Svizzera invece era molto più seguita ma anche li sempre ostacolata dal pregiudizio.
Proseguiamo con alcune giovani autrici contemporanee. Viola Di Grado, scrittrice di diversi testi quasi tutti editi da La Nave di Teseo: Non la si vede mai piazzata nei premi italiani, escluso l’esordio, l’ultimo suo romanzo secondo me non ha girato come doveva, eppure scrive da Dio, e Giulia Scomazzon, il cui La paura ferisce come un coltello arrugginito (edito Nottetempo) viene ritenuto super sottovalutato. In aggiunta, Jesmyn Ward: la persona che l’ha nominata consiglia il suo libro Salvare le ossa (NN Editore): Riesce a prendere l’epica greca e latina e a portarla ai giorni nostri, illuminando gli emarginati per farne nuovi eroi; Yasmina Reza: Sicuramente negli ultimi tempi mi sembra che si veda di più anche qui sui social, ma sempre letta solo da una nicchia di lettrici. Forse è un’impressione mia, ma nella mia piccola bolla di lettori medi non mi sembra granché considerata né spesso conosciuta. Un’altra scrittrice di cui ora sto leggendo Le cugine è Aurora Venturini, della quale avevo sentito parlare solo a un corso di scrittura. E invece è una delle voci più originali della letteratura sudamericana.
Una cosa curiosa: mi sono state fatte presenti anche autrici che, secondo il mio modestissimo parere, non sono affatto sottovalutate. Viola Ardone e Natalia Ginzburg, la prima perché la persona che l’ha nominata sostiene di far fatica a parlarne fuori da Napoli; la seconda perché sempre e solo considerata per Lessico famigliare: Ecco, ti direi che per me e sottolineo per me Natalia Ginzburg ad esempio è un’autrice sottovalutata. Poi però ho pensato: ha vinto il Premio Strega, posso mai dire che è sottovalutata? Meriterebbe di essere ricordata maggiormente e di non essere sempre e solo limitata a Lessico famigliare. Trovo che sia stata tra le autrici più complete del Novecento, romanzi, racconti, spettacoli teatrali, articoli di giornale e soprattutto traduttrice ed editori e varrebbe la pena ricordarla di più.
Su Viola Ardone due proteste, la prima: Non sono per niente d’accordo e per lei valgono le vendite. Se un libro vende non possiamo dire che l’autore sia sottovalutato perché, insomma, è sinonimo di successo. Valgono le vendite, le traduzioni all’estero (Grande meraviglia è arrivato quarto al premio assegnato dai librai in Francia) a dicembre esce la serie su Netflix tratta dal suo libro: che altro dobbiamo dire di più?. La seconda: Oddio, vende tantissimo ed è spessissimo ospite in tv. Ogni suo libro è in top ten quando esce e ci resta mesi, quindi sottovalutata nel senso di sconosciuta non direi proprio. In altri sensi: parliamone.
Parliamone: un autore o un’autrice sottovalutati si considerano tali in base alle vendite? In base a quanti mostrano i loro libri sui sociali? Alle classifiche? Alle nomine a premi letterari blasonati? O al fatto che, nonostante abbiano talento, non vengano considerati in favore di nomi più “vendibili”? Per me, l’ultima ipotesi.
Passiamo ora al versante maschile: Davide Grittani, autore de Il gregge (edito Alter Ego); Giosuè Calaciura col suo meraviglioso Borgo Vecchio (edito Sellerio); Sandro Campani, su cui mi dicono due parole in più: Mai vinto premi, mai stato candidato a niente di importante. Molta gente non lo conosce e i suoi libri in effetti si vedono poco in giro. Sempre stato un po’ nell’ombra. Per me è uno dei più grandi autori italiani contemporanei. Non so perché succede questo; Giorgio Messori con questo commento: Nella città del pane e dei postini, meraviglioso racconto autobiografico, ambientato in Uzbekistan. Viaggio in un paesaggio terrestre, con le foto di Vittore Fossati. C’è un po’ di Celati e un po’ di Ghirri nel suo stile, sempre misurato e profondo; Gianni Solla, che viene ritenuto sottovalutato perché non si autopubblicizza né autocelebra; Andrej Longo, nominato da più di una persona: Forse perché non ha ancora scritto il capolavoro? Però per me i suoi libri sono delle chicche e ogni volta che ne ho iniziato uno poi non vedevo l’ora di finirlo; Ryu Murakami, sfavorito per celebrare il più conosciuto Haruki Murakami; Andrea Gentile, sul quale mi raccontano: I vivi e i morti e Tramontare (questo proprio passato inosservato). Che abisso la sua scrittura. Fra i migliori in Italia.
Faida invece su Tondelli. Qui abbiamo due fazioni ben distinte, la prima che lo ritiene osteggiato, la seconda incensato. I due commenti: Tanto amato dal pubblico oggi, quanto osteggiato dalla critica (ai tempi, soprattutto) e dalla sua stessa città di appartenenza, che gli ha dedicato solamente una piazza/parcheggio. Meritava molto, molto di più. Rimini è l’esempio di come si possa scrivere un romanzo commerciale e tra venti o trent’anni non ci ricorderemo più di questo libro. Pao Pao è una delle cose più vicine alla Beat Generation che siano mai esistite. Un weekend postmoderno è la cronaca precisa di tutto il bello e il brutto degli anni ’80 e chissà dove andrà a finire. Ci rimarrà solamente Altri libertini, posto che i più riconoscano davvero il suo indubbio valore. Di contro: Bugia, ma che bugia. Bologna e l’Emilia impazziscono per lui. Inflazionato e da molti pure non compreso; e diciamolo Camere separate è orrendo.
In ultimo, a chiusura del pezzo, Ennio Flaiano. Quando chiedo perché pensano sia sottovalutato, mi rispondono: Perché anche se ha vinto uno Strega nel ’47 ed era lo sceneggiatore di Fellini, sembra che poi sia caduto nell’oblio ingiustamente. Penso sia uno dei pochi, se non l’unico, ad aver parlato della guerra in Etiopia in Tempo di uccidere, che è il suo unico romanzo. Inoltre è anche molto originale e divertente da leggere, infatti i racconti sono godibilissimi oltre che scritti bene.
Come sempre, la ciliegina sulla torta, i miei testi, autori, autrici troppo sottovalutati:
– Yukio Mishima. Confessioni di una maschera e La foresta in fiore (quest’ultima è una raccolta di cinque racconti giovanili mai nominata nelle liste di autori che della forma breve hanno fatto un’arte. Si leggono sempre e solo i soliti nomi, Carver, Cortázar, Borges, Buzzati e via dicendo);
– Clarice Lispector e Angela Carter. Due autrici dalla prosa perfetta, fantasiosa, elegantissima. I miei consigli: per la prima, provate a leggere Un soffio di vita; per la seconda, Notti al circo;
– Thomas Hardy. Non sconosciuto, anzi, ma chi è che l’ha letto davvero? Pochi. Si usano i suoi aforismi come fossero confetti, ma fu uno dei primi a usare una tecnica di scrittura che rinunciava ai dialoghi e ai monologhi per preferire una visione “cinematografica”: panoramiche, dissolvenze, zoom, come se il testo fosse la scena di un film. Consiglio: Via dalla pazza folla.