Lo scambio è alla base dei rapporti umani, è sinonimo di arricchimento. Chiunque entri in contatto con una nuova cultura, non potrà dirsi più la stessa persona che era prima. Il concetto è facilmente riproponibile nel complesso contesto dell’associazionismo: quando due o più realtà diverse tra loro, ma che perseguono uno scopo comune, sviluppano una qualche sinergia, il risultato non può che essere positivo per entrambe. È il caso del nostro progetto editoriale, Mar dei Sargassi, e dell’associazione A’ssud, responsabile del programma radiofonico Da nord… A’ssud che ci ha visti, ieri, protagonisti.
Ai microfoni dello speaker Lino Manella, è intervenuto il direttore della testata, Alessandro Campaiola, che ha risposto alle domande del conduttore lucano.
Innanzitutto, grazie di essere qui con noi e della disponibilità. Saremmo curiosi di farti qualche domanda su questo “esperimento” editoriale. Possiamo chiamarlo così oppure è già qualcosa di più radicato e concreto?
«Grazie a voi dell’invito. Il nostro è sicuramente un esperimento ma, anche, già qualcosa di concreto. Siamo nati lo scorso anno, quindi abbiamo avuto tanto tempo per metterci alla prova, per analizzare noi stessi e per capire in che direzione stavamo andando. Adesso, da qualche mese, siamo una realtà a tutti gli effetti. Sono già stati pubblicati diversi articoli, siamo ogni giorno attivi, insomma riusciamo ad avere una programmazione giornaliera. È già qualcosa di importante.»
Parliamo di una testata giornalistica online, reperibile in rete al sito www.mardeisargassi.it, dove, per chi volesse sbirciare, è possibile trovare e leggere tutti i vostri contributi. Da quel che mi è parso di capire, si tratta di una rivista ad ampio respiro. Dimmi, siete tutti giornalisti professionisti?
«No, in redazione, al momento i giornalisti professionisti sono due: il sottoscritto, direttore responsabile, e, soprattutto, Antonio Salzano, il direttore editoriale della testata, che è un po’ il nostro papà. Antonio ha in tasca la tessera dei giornalisti da circa trentacinque anni ed è colui che davvero ci ha coordinato e ci ha spinto, una presenza sicuramente fondamentale. Gli altri, invece, sono ragazzi che si sono avvicinati per la prima volta a questo tipo di professione. Tra di loro vi sono sia degli esperti di vari settori, quali ad esempio la fotografia o l’editoria – come Flavia Fedele che si occupa, oltre che della scrittura, anche dell’editing del sito e dei nostri articoli – ma anche studenti, curiosi insomma. Ecco, forse, curiosi è la parola che più ci contraddistingue.»
Il nome, Mar dei Sargassi, da dove viene?
«È una provocazione, innanzitutto. C’è una cosa che a noi preme sempre molto sottolineare: il nostro non è assolutamente un giornale partitico, ma è sicuramente un giornale politico. Credo che la politica sia in ogni aspetto della vita e quando si fa cultura, si fa anche politica. C’è poi la nostra propensione che non nascondiamo mai ma, anzi, penso possa evincersi forte nei nostri articoli. L’anguilla, l’animale al quale ci siamo riferiti – anche in vista dell’associazione che andremo a formare – nasce e prolifera nel Mar dei Sargassi. È, inoltre, il titolo di una famosa canzone dei 99 Posse nel cui celebre ritornello ci riconosciamo molto: Non mi avrete mai come volete voi. Diciamo che il nome viene fuori proprio da qui. Sono numerosi, infine, i riferimenti culturali e letterari che portano questo stesso titolo.»
Dunque, dai 99 Posse e dal tuo accento si evince che siete altoatesini…
«Bolzano centro, ma un po’ più a sud. Io, personalmente, vengo dall’area napoletana, come altri del gruppo. Ci sono, però, anche ragazzi provenienti da Potenza, quindi dalla Basilicata, e ragazzi siciliani. Insomma, mancano solo pugliesi e calabresi – ai quali lanciamo un appello, se hanno voglia di scrivere con noi – per riunire il Sud Italia. Ovviamente, sempre in un’ottica unitaria della Penisola. Teniamo alle nostre origini, certo, ma non siamo sudisti. Come diceva un mio professore di università, from roots to road, dunque dalle radici alla strada.»
A proposito di testata giornalistica indipendente e apartitica ma politica, è un aspetto che mi interessa davvero molto. Richiama, infatti, la proposta culturale della nostra associazione A ‘Ssud, un’organizzazione che promuove questa trasmissione grazie al sostegno di Border Radio – il canale web da cui trasmettiamo – la quale, appunto, ha un’impostazione simile: essere liberi, quindi indipendenti nella proposta culturale, apartitici ma comunque politici nel senso lato del termine. Come dicevi tu, quando si fa cultura è chiaro che si investe qualunque aspetto della vita.
«Sì, da sempre. In effetti, qualsiasi letterato – ma non solo – ha fatto politica. Anzi, in passato, gli artisti facevano del loro impegno politico qualcosa di importante, di nobile, qualcosa che era parte del loro quotidiano. Oggi quest’attitudine è andata perdendosi. Per quel che ci riguarda, di certo noi non vogliamo farci fautori di una nuova corrente artistico-letteraria, piuttosto mettere il nostro impegno a favore di una promozione culturale assolutamente sana e indipendente. È questo il motivo per il quale abbiamo deciso di fondare un’associazione, per non legarci a editori – il più delle volte legati a partiti politici – ed essere liberi al cento per cento.»
Indipendenti e sguscianti come le anguille. Parliamo di questa iniziativa alla quale facevi riferimento: L’Anguilla, di cosa si tratta nello specifico?
«È l’associazione che stiamo andando a costituire attraverso cui promuoveremo sul territorio napoletano e, speriamo, non solo, le diverse iniziative, tra cui vari corsi, dalla fotografia alla scrittura creativa, cineforum, ma anche percorsi per ragazzi di avvicinamento al nostro giornale. Tenteremo, con corsi e laboratori, di andare incontro alle esigenze di tutti. Il fulcro fondamentale del nostro lavoro, però, sono sicuramente i libri, che, poi, sono anche la nostra estrazione. Io, ad esempio, scrivo, e Flavia si occupa di editoria a tutti gli effetti, collaborando anche con case editrici. Ci auguriamo – e lavoriamo in questa direzione – di poter offrire a nuovi scrittori o fumettisti, già incontrati in molti lungo la strada, di pubblicare a nome L’Anguilla. È un bel sogno, ma proveremo a realizzarlo nei prossimi tempi, nei prossimi anni.»
Una piattaforma, quindi, che possa dar sostegno alla creatività di illustratori, futuri poeti, scrittori.
«A noi piace definirlo “un luogo in cui essere”, quel posto che abbiamo sempre cercato ma mai trovato, almeno sul territorio. Spesso, molti si nascondono dietro la “favoletta” dell’associazione culturale per, poi, agli effetti, farne un espediente per coprire dell’altro. Cercheremo, allora, di dare qualcosa di concreto a noi stessi e soprattutto agli altri nel migliore dei modi, coinvolgendo ragazzi sin dalle medie. A breve, sarà possibile effettuare l’iscrizione all’associazione e chiunque potrà usufruire di tutto ciò che metteremo in campo, a partire dalle competenze dei membri che in questo momento formano la redazione ma, anche, di esperti esterni nei confronti dei quali siamo più che aperti. Abbiamo già avuto modo, infatti, di collaborare con altre associazioni molto importanti, alle quali abbiamo dato voce sul nostro giornale e che, essendo noi più piccoli, ci hanno dato voce. Parlo del Nuovo Teatro Sanità, del PAN, dell’associazione Nesis che porta l’artigianato nel carcere minorile di Nisida, di Meridonare, di Respiriamo Arte. Insomma, le associazioni sono il nostro pane quotidiano. Ciò che sul territorio fornisce qualcosa di importante alla comunità, un servizio utile socialmente, perché no, un riscatto – venendo tutti da zone non semplici – è per noi più che benvenuto nel nostro mondo e nel nostro universo.»
Un’associazione aperta ma radicata sul territorio che, al tempo stesso, attraverso strade diverse, cerca anche canali di remunerazione. Tra i vostri intenti, quindi, vi è pure quello di fare di quest’attività un lavoro?
«In realtà, agli effetti lo è già, quantomeno in termini di impegno. Pubblichiamo quotidianamente, anzi sono piuttosto petulante, mi piace che ci sia un continuo aggiornamento sia della pagina sia dei contenuti proposti. Essendo il direttore, il ruolo me lo impone. Al momento, comunque, ci autofinanziamo ma presto apriremo alla possibilità di sponsor tra le realtà locali facendo attenzione che queste rispecchino i nostri valori. Abbiamo, inoltre, già delle probabili convenzioni, però non posso svelare ancora nulla.»
La vostra, dunque, è un’attività di tipo editoriale dove ognuno si muove liberamente in una struttura data da Mar dei Sargassi in una prospettiva letteraria legata all’associazione L’Anguilla. State tentando, quindi, di muovervi su questi due piani: l’informazione indipendente e l’esercizio culturale di promozione legato al territorio.
«Se posso allargare un po’ il nostro orizzonte, ci piace anche lanciare dei segnali importanti come quello che abbiamo intrapreso già da qualche tempo, la battaglia sociale dei fratelli Carrasco, che fanno parte dell’Club Arcieri di Napoli e sono anche campioni del mondo – Anna è campionessa mondiale under 17 – ma sono senza palestra. Abbiamo, anche con il Comune, portato avanti la nostra battaglia affinché questi ragazzi abbiano uno spazio in cui allenarsi. Speriamo che realtà come la loro possano essere ben rappresentate da noi in uno scambio, innanzitutto, di valori.»
Uno scambio di valori che dia valore a chi vuole dare un senso alla propria vita nel modo che più ritiene opportuno. Cambiando argomento, approfitto dell’occasione, per chiederti un’impressione su di un momento che, come appare dalla stampa e dai social, sembra particolarmente felice per la città di Napoli grazie all’amministrazione de Magistris. Puoi confermare?
«Penso che de Magistris sia il miglior sindaco che Napoli abbia avuto negli ultimi anni e non lo dico io, non è una mia semplice impressione, lo dicono i numeri. Il turismo qui è aumentato in modo spropositato, chiunque ha una stanza libera, sceglie di farne un b&b, perché sa che gli porterà del lavoro e, effettivamente, ne ha portato a molti giovani, a ristoranti, a realtà turistiche che hanno ripreso a vivere. Per di più, la città ha avuto un’importante vetrina grazie a eventi sportivi quali il Giro d’Italia o l’America’s Cup che si sono svolti negli anni scorsi. Questo, però, non vuol dire che sia “rose e fiori”, i problemi che c’erano persistono, ma non sono tutti imputabili alla gestione de Magistris. Credo, piuttosto, che ci sia un grosso coinvolgimento della Regione Campania quando andiamo ad analizzare temi come la viabilità, i servizi pubblici o la sanità che, purtroppo, sono ancora delle grosse piaghe non solo di Napoli, ma del Sud intero. In ogni caso, sicuramente Napoli è in grande fervore, tante sono le associazioni nate in questo periodo. Ritengo che il merito più grande di de Magistris sia stato quello di risvegliare la coscienza napoletana, la sua più grande vittoria a prescindere dai numeri e dal bilancio del Comune che, ai tempi, ha trovato disastrato. Non voglio entrare nei meriti della questione, però reputo che aver risvegliato una sana dose di napoletanità sia molto importante, lo è per chiunque nel proprio territorio.»
Sul piano della società civile, quindi, percepisci un risveglio positivo, qualcosa che fa ben sperare, l’humus in cui voi con la vostra attività andate a inserirvi. Pensi che dopo de Magistris un cambiamento di questo genere possa continuare?
«Ovviamente, è quello che mi auguro. I cittadini napoletani sono fantastici per alcuni aspetti e, se vogliamo dirla così, terribili per altri. Fa parte del popolo latino, essere un po’ disordinati ed eccentrici, eccentrici sempre, nel bene e nel male. Viviamo tutto a cento all’ora, la passione calcistica come la spaghettata, il lavoro, tutto. Talvolta, questo può portare degli svantaggi, ma anche dei vantaggi. A tal proposito, voglio fare un esempio a me a cuore: l’accoglienza. Napoli ha dimostrato, rispetto ad altre realtà italiane, di essere una città aperta e accogliente anche nei confronti dei migranti che occupano le pagine dei nostri giornali non sempre con degli esempi di solidarietà da parte di altre città del Paese e non solo, anche d’Europa. In questo, il cuore napoletano si è sempre ben distinto e ne sono felice.
Del dopo, purtroppo, non posso sapere perché non so, innanzitutto, chi si candiderà, se continuerà sulla scia del Sindaco, se avrà più soldi e quindi più possibilità, se torneranno le vecchie politiche… Purtroppo, quelle sono sempre in agguato, bisogna difendersi.»
A tal proposito, mi veniva in mente l’esempio fantastico del Teatro San Carlo aperto ai migranti in quella notte magica in maniera assolutamente gratuita, una formula di accoglienza all’avanguardia, come a dire vi apriamo le porte della nostra città e vi apriamo le porte dei nostri teatri che sono anche i vostri. Insomma, un approccio umano – non umanitario – sicuramente singolare di cui i napoletani credo debbano andare fortemente orgogliosi.
E, invece, la polemica con Saviano?
«Hai toccato un bel tasto. Saviano vive una condizione non facile che nessuno vorrebbe vivere. Sicuramente, conosce abbastanza bene i problemi di Napoli, ma credo che la sua vita oggi a New York, lontana, lo porti un po’ distante dai disagi della nostra quotidianità. A essere onesto, da cittadino napoletano, mi dispiace quando lo scrittore si erge a giudice supremo, e io sono tra quelli che lo seguono. Quando alle volte sento dire, anche nella mia città – sono di Portici, che ha aperto le porte alle riprese di Gomorra, a differenza di altri paesi della provincia in cui non è stato possibile – che la serie porti fuori una cattiva immagine di Napoli, non sono d’accordo, in questo sono pro-Saviano perché il problema semmai non è Gomorra ma la camorra che affligge il nostro territorio. Tuttavia, non mi piace quando si generalizza, non mi piace quando si vuole cercare per forza il colpevole, e il giornalista spesso lo trova in de Magistris. Con ciò non voglio difendere il Sindaco, voglio dire che i problemi sono a monte, non è l’attuale amministrazione che ha scoperto la camorra, purtroppo vi è da sempre. Insomma, nella polemica mi schiero nel mezzo. Talvolta bacchetto, talvolta mi schiero con lui.»
Per essere il più obiettivi possibile, da giornalisti, senza sposare una causa e portarla avanti solo perché è quello in cui si crede. Bisogna pensare e valutare di volta in volta le situazioni che si hanno dinanzi.
Alessandro, il nostro tempo a disposizione va a concludersi, ti ringraziamo tanto per la tua disponibilità e cercheremo di mantenerci in contatto per future occasioni, magari risentendoci più avanti. Alla prossima!
«Davvero molto volentieri. Aspettiamo di darvi spazio sul nostro giornale per parlare delle vostre iniziative e farle conoscere a tutti i nostri lettori. Intanto, grazie!»