Con la stagione calda, Napoli è sempre, ancora e fortunatamente, meta prediletta di uno sfrenato turismo. Tanti, però, sono anche i partenopei che restano in loco, trascorrendo l’estate “a casa” e avendo la possibilità di godersi una città nuova, tinta di sfumature insolite. Agli uni e agli altri ricordiamo che non esistono soltanto pizza, sole, mare e mandolino (per quanto meraviglioso sia tale stereotipo), ma un’ampia scelta di attività perfette per coloro che in vacanza adorano concedersi l’appagante sapore di cultura fresca.
Nel complesso monumentale di Santa Chiara, ad esempio, sarà possibile ammirare un capolavoro della caravaggesca Artemisia Gentileschi, la Maddalena: evento unico poiché si tratta di un dipinto di ritorno a Napoli dopo quattrocento anni di assenza. O che dire della mostra di scultura Memomirabilia, dell’artista contemporanea Carmela De Falco, ospitata fino al 13 settembre 2024 presso il Museo Civico Gaetano Filangieri.
Non si risparmia la poetica Sorrento che, dal 5 agosto al 16 novembre 2024, accoglierà, nelle sale di villa Fiorentino, un’esposizione unica nel suo genere: quella di Antonio Ligabue (Zurigo, 1899 – Gualtieri, 1965). Tra gli enti promotori, città e fondazione Sorrento, in collaborazione con Ligabue Art Project.
Pittore e scultore italiano tra i più influenti del XX secolo, Ligabue è stato altresì recentemente omaggiato dall’ottimo lungometraggio diretto da Giorgio Diritti, Volevo nascondermi (2020), con un grandioso Elio Germano nei panni del protagonista. Un ruolo che gli è valso nientemeno che l’Orso d’argento al Festival di Berlino e il David di Donatello come miglior attore.
Nome di origine Laccabue, sappiamo che non ebbe un’infanzia ed esistenza facili, cresciuto tra disagi economici, ricoveri presso ospedali psichiatrici e una vita piuttosto errabonda. Cominciò a dipingere a seguito dell’esilio dalla Svizzera in Italia e, solo grazie all’incontro con l’artista Renato Marino Mazzacurati, rappresentante della cosiddetta Scuola Romana, comprese infine di voler dedicare la sua carriera all’arte pittorica e scultorea.
Erano gli anni Cinquanta e Ligabue non solo esponeva in mostre collettive ma anche personali, destando finalmente l’interesse della critica. Nei suoi quadri vi era la sua psiche così disgregata e le sue emozioni tanto difficili da esternare a parole. Dipingeva i ricordi di infanzia, episodi di vita quotidiana o animali, sia domestici che esotici, stilisticamente ed esteticamente influenzato dai fauves francesi e dall’espressionismo tedesco. Non passano inosservati i suoi autoritratti, dalle gamme cromatiche più accese, dal colore corposo, violento e occhi in grado di parlare. Scultore oltre che pittore, Ligabue prediligeva ancora una volta animali ma la scelta della creta del Po come materiale preferito ci ha purtroppo fatto perdere molte delle sue opere.
La mostra di Sorrento, curata da Marzio Dall’Acqua, propone dunque un’antologica della sua geniale e variegata carriera artistica, presentando quasi settanta opere. Sarà possibile ammirare oli come Testa di tigre (1956), Leopardo sulla roccia (1960), Gatto selvatico con nibbio (1960), Vedova nera (1955), Aquila con volpe (1944). Ma anche Autoritratto (1959) o i suggestivi Ritratto di Elba (1936) e di Marino (ante Seconda guerra mondiale). Sono quindici, invece, le iconiche sculture in bronzo che completano l’esposizione, realizzate dall’originale creta del Po e contornate da filmati originali dell’epoca e documentazioni scritte.
Nella magia di una villa anni Trenta, ispirata all’estetica neocoloniale dell’America meridionale del XIX secolo, il pubblico potrà riscoprire l’uomo prima dell’artista, il solitario, il reietto, in bilico tra ragione e follia. Potrà confrontarsi con un operato che rispecchia una vita amara, ribelle, inquieta, costellata di dolori e turbamenti emotivi. Opere che raccontano dei suoi stati maniaco-depressivi, a volte sfociati in attacchi autolesionistici e verso gli altri, che furono causa di numerosi ricoveri fino al novembre del 1962, quando l’artista fu colpito da una emiparesi per la quale morì tre anni dopo, presso il ricovero Carri di Gualtieri. L’epitaffio sulla sua tomba recita: Il rimpianto del suo spirito, che tanto seppe creare attraverso la solitudine e il dolore, è rimasto in quelli che compresero come sino all’ultimo giorno della sua vita egli desiderasse soltanto libertà e amore.
Insomma, sarebbe da folli perdersi l’opportunità di godere capolavori di un artista mito del Novecento, immersi in una delle perle della Campania. Fate un favore a voi stessi e lasciatevi trascinare dal visionario Antonio Ligabue, anticonformista rispetto alle regole e i condizionamenti dell’epoca, espressionista per eccellenza. Il suo linguaggio violento e incisivo saprà scavarvi dentro l’anima, nel riscatto di un autore che ha segnato la storia dell’arte contemporanea ma che è stato a lungo e ingiustamente incompreso.
Per maggiori informazioni: https://fondazionesorrento.com/event/mostra-antonio-ligabue-a-sorrento/