Se vogliamo parlare di equità, reputo la pugile algerina Imane Khelif il soggetto più discriminato delle ultime settimane. Vittima di svariate fake news ed erroneamente definita “transgender”, mi chiedo: che cosa si prova quando il mondo intero parla, ripetutamente, di come possano essere conformate le tue parti intime o di quale sia il tuo sesso biologico? Si tratta a tutti gli effetti di un caso politico e, per l’ennesima volta, il corpo di una donna, rappresentante una popolazione minoritaria, è divenuto terreno di scontro.
Come sappiamo, la campagna d’odio è stata creata ad hoc dai gruppi conservatori di estrema destra. In Italia, il Ministro Matteo Salvini scrive su X: Pugile trans dell’Algeria, bandito dai mondiali di boxe può partecipare alle Olimpiadi e affronterà la nostra Angela Carini. Il Ministro si rivolge a Khelif al maschile, ma Khelif è una donna a tutti gli effetti. Una donna intersessuale, donna fin da bambina. La fake news viene diffusa anche dalla seconda carica dello Stato Ignazio La Russa, dalla Ministra Eugenia Roccella e da molti esponenti di spicco del mondo dello spettacolo e del giornalismo. Sappiamo tutti com’è andato l’incontro per Carini, ma non è mio compito giudicare il comportamento di quest’ultima.
Prima di scrivere su una bacheca social le proprie opinioni su argomenti così delicati, il consiglio è di provare ad applicare un metodo di ricerca, utilizzabile, in realtà, per qualsiasi quesito. Un punto di partenza potrebbe essere cercare di capire chi sono le persone intersessuali.
L’Istituto Superiore di Sanità descrive intersex come un termine ombrello che include tutte le variazioni innate (ovvero presenti fin dalla nascita) nelle caratteristiche del sesso, caratteristiche che non rientrano nelle tipiche nozioni dei corpi considerati femminili o maschili. Queste variazioni possono riguardare i cromosomi sessuali, gli ormoni sessuali, i genitali esterni o le componenti interne dell’apparato riproduttivo. Una definizione che già sfata la notizia falsa che definisce Imane Khelif transgender, trattandosi di variazioni presenti sin dalla nascita. Recentemente si utilizza l’espressione DSD, differenze dello sviluppo del sesso, e più recentemente VSC, variazioni delle caratteristiche del sesso.
Dopo il primo step, perché non cercare in banca dati biomedica se ci sono correlazioni tra testosterone nelle atlete e prestazione sportiva? Come si posiziona il tema degli atleti intersessuali negli sport d’élite? è una revisione sistematica, un documento con alto grado di attendibilità secondo cui il motivo principale per il quale le variazioni intersessuali causano difficoltà nello sport, specialmente nelle discipline femminili, è il ruolo degli androgeni, una classe di ormoni responsabili dello sviluppo e del mantenimento delle caratteristiche maschili. Il principale androgeno che circola nel sangue umano è il testosterone. Fino a che punto questo migliori le prestazioni sportive all’interno della categoria femminile è argomento a lungo dibattuto.
Poiché alcune variazioni intersessuali comportano l’iperandrogenismo, un tratto in cui l’individuo produce alti livelli di androgeni, gli organi di governo dello sport sono preoccupati per i potenziali vantaggi delle atlete che competono nelle categorie femminili. L’atletica mondiale fatica ancora a inserire il sesso apparentemente complesso, fornito dalla natura, nella categorizzazione binaria creata dalla società.
L’argomento emerge quando la mezzofondista sudafricana Caster Semenya diviene “pubblicamente sospettata” durante i Campionati del Mondo di Berlino nel 2009. In risposta, il CIO e la World Athletics scrivono un regolamento che entra in vigore il 1 maggio 2011 e stabilisce che gli atleti con alti livelli di androgeni che vogliono competere nella categoria femminile devono portare questi livelli al di sotto di 10 nmol/L. Il regolamento viene sospeso dal Tribunale Arbitrale dello Sport (CAS) nel 2015 a causa di dati scientifici insufficienti.
Tornando alla revisione sistematica emerge che gli autori di undici articoli sostengono che la pratica della verifica del sesso è eticamente indifendibile: I problemi includono test di screening non validi, incapacità di comprendere i problemi dell’intersessualità, l’individuazione discriminatoria delle donne basata solo sui risultati di laboratorio e la stigmatizzazione e il trauma emotivo vissuti dagli individui sottoposti a screening positivo.
Gli autori di nove articoli sono dell’opinione che la privacy debba essere garantita: Il sesso di una persona è qualcosa che solo un medico deve conoscere per fornire un’adeguata assistenza sanitaria. Tutto ciò che dobbiamo sapere come amici, colleghi, familiari, fan, ecc. è l’identità di genere della persona.
Concordano, inoltre, nell’affermare che la politica debba proteggere i diritti e la privacy degli atleti: la regola della verifica di genere dovrebbe implementare salvaguardie che proteggano l’anonimato e l’autonomia degli atleti professionisti. Salvaguardie che assomigliano alle regole di riservatezza delle dichiarazioni internazionali sui diritti umani. Nulla di tutto questo coincide con il trattamento riservato alla pugile algerina Imane Khelif a Parigi 2024.
Gli autori di quindici articoli sostengono che le norme sull’iperandrogenismo sono eticamente discutibili. Dabholkar ritiene che chiedere agli atleti intersessuali di sottoporsi a un trattamento ormonale prima di partecipare a competizioni internazionali sia estremamente discriminatorio. Ingthorsson afferma che richiedere a qualcuno di cambiare il proprio essere naturale è moralmente discutibile.
Gli autori affermano che alti livelli di androgeni sono uno dei tanti vantaggi atletici: Assumere un eccesso di testosterone è un imbroglio. Produrre un eccesso di testosterone è un vantaggio genetico e non c’è nulla di intrinsecamente sbagliato in questo. I vantaggi genetici sono la norma e non l’eccezione negli sport agonistici.
Gli atleti d’élite possiedono tutti una sorta di vantaggio rispetto alla popolazione generale e non farebbe, dunque, differenza se un vantaggio fosse circostanziale, culturale, psicologico o biologico. Le federazioni sportive, in tale logica, dovrebbero concentrarsi anche su altri fattori non biologici che potrebbero portare a vantaggi atletici e competitivi.
A prima vista, l’attenzione sul testosterone potrebbe essere considerata come un miglioramento rispetto ai precedenti esami e test basati sul sesso poiché l’obiettivo non è determinare se qualcuno è “veramente” donna, ma garantire che gli atleti non abbiano un vantaggio ingiusto a causa dei loro livelli di testosterone. Tuttavia, c’è in gioco molto di più. Non sarebbe altrettanto importante determinare se gli uomini con alti livelli di testosterone endogeno siano avvantaggiati rispetto agli uomini con livelli più bassi? Questa è una dimensione completamente assente nelle politiche della IAAF e del CIO e segna una profonda contraddizione con la tesi della slealtà.
Ma alti livelli di androgeni forniscono sempre vantaggio? Gli autori di quattordici articoli affermano di no. In particolare, la maggior parte di questi articoli è stata pubblicata prima delle normative sull’iperandrogenismo nel 2011, che allora si applicavano esclusivamente agli atleti con sensibilità agli androgeni. Reeser indica che la presenza del cromosoma Y e del testosterone circolante non si traduce necessariamente in un vantaggio competitivo. Con questa affermazione, si riferisce a individui con insensibilità agli androgeni. Hercher sostiene che né la variazione intersessuale né l’iperplasia surrenalica congenita (CAH) o la sindrome da insensibilità agli androgeni (AIS) hanno alcuna influenza sulla capacità di un individuo di competere.
Gli autori di tre articoli affermano che il testosterone migliora le prestazioni. Auchus supporta questa tesi citando lo studio di riferimento di Bhasin et al. che ha dimostrato che l’uso dell’androgeno T-enantato ha aumentato la forza e le dimensioni dei muscoli in giovani atleti maschi sani. Hirschberg et al. presentano i propri risultati sugli effetti di una concentrazione moderatamente aumentata di testosterone sulle prestazioni fisiche nelle giovani donne. I risultati indicano che il testosterone influisce sulle prestazioni aerobiche promuovendo una composizione corporea più snella con una maggiore massa muscolare.
Gli autori di ventidue articoli evidenziano la mancanza di informazioni sugli androgeni e sulle variazioni intersessuali. Glazer sostiene che non è chiaro se alti livelli di androgeni si traducano in un vantaggio competitivo. Nerva descrive una mancanza di dati sulla relazione tra i livelli di testosterone a riposo e le prestazioni neuromuscolari. Tucker e Collins indicano che la componente mancante più importante è la prova di un possibile vantaggio nelle prestazioni per gli atleti d’élite con DSD e l’entità di questo vantaggio.
La componente mancante più importante di questo dibattito è la solida evidenza scientifica per determinare [a] se esiste un vantaggio in termini di prestazioni e [b] quanto grande possa essere. […] Inoltre, non ci sono prove che i trattamenti a cui gli atleti ritenuti non idonei dovranno sottoporsi per competere non saranno dannosi per la loro salute.
Un modo possibile di affrontare queste variazioni è quello di produrre collettivamente un’epistemologia alternativa per comprendere i corpi. Non è questa la strada scelta. I corpi che non rientrano nel modello dei due sessi sono definiti atipici, anormali e bisognosi di cure. La medicina e la scienza continuano a patologizzare le variazioni intersessuali e a rafforzare le idee culturali su ciò che conta come normale. (Fausto-Sterling, Holmes).